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“Non possiamo rimettere l’Italia nelle mani degli incapaci che l’hanno portata al novembre 2011.
La vecchia politica non deve tornare Il governo tecnico non sarebbe stato chiamato se la cosa pubblica fosse stata nelle mani di politici capaci e credibili”.

E’ il messaggio che il premier uscente Mario Monti porterà oggi a Bergamo alla kermesse della sua formazione politica, come dice lui stesso in una lunga intervista al direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, nella quale spiega le ragioni che lo hanno portato a “salire in politica”, ripercorre l’anno di governo e guarda all’aggiornamento della sua Agenda che potrebbe contenere anche una proposta di modifica della riforma Fornero del mercato del lavoro, ma “per ora – si limita a dire – su questa materia specifica nessun orientamento è deciso”.

Tra i motivi che lo hanno spinto, spiega, c’è stato sia il timore che venissero “dissipati” i sacrifici fatti fin qui dagli italiani, sia la necessità del Paese di essere ancora “unificato”. Per il Professore “sembriamo a volte un insieme di tribù, di corporazioni, di fortini intenti a difendere interessi di parte di incrostazioni clientelari” e non “un Paese con un senso del bene comune”.

E oggi non basta più fare la propria parte, fare con onestà il proprio mestiere perché “se non ci impegniamo direttamente, se non sacrifichiamo qualcosa di personale, questo Paese non avra’ futuro e su di noi cadrà una colpa grave, che non avrà prescrizione”.

Il suo governo (che “partiva sempre da zero, con partiti chiamati a decidere spesso qualcosa di contrario alla loro natura”) ha potuto dare poca attenzione al sociale per la situazione eccezionale in cui si è trovato: “Bisognava mettere gli italiani di fronte a realtà colpevolmente negate fino al giorno prima. I finti buoni li avrebbero portati al fondo del precipizio”.

Il presidente Giorgio Napolitano, con il quale il rapporto è “di reciproca stima ma anche di pudore sui nostri sentimenti personali”, “quando cominciai a dirgli che sentivo cambiare qualcosa in me non mi sconsigliò, mi diede ascolto”. E certo “credo di averlo sorpreso ma penso che oggi abbia compreso le ragioni della mia scelta”.

Monti ribadisce anche di avere “apprezzato l’offerta che mi fece Berlusconi, ma gli dissi subito che, se mai, all’Italia sarebbe occorso un federatore dei riformisti, finora domiciliati in tre poli”. Quanto al Pd “quando si è alleato esclusivamente con Sel ha riscoperto posizioni radicali e massimaliste in un rapporto più stretto con la Cgil’. Infine il movimento 5 Stelle: “Noi e Grillo siamo due espressioni differenti dell’insofferenza popolare. Iconografia della rabbia la sua, vivace ma temo inconcludente. Seria, composta, con tante persone capaci e ormai con esperienza di governo in Italia e in Europa la nostra”.

Le versione di Monti su Berlusconi, Bersani, Napolitano e Grillo

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