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Una partita a scacchi quella che si sta giocando tra Washington e Ankara, con il primo colloquio telefonico tra Joe Biden e Recep Tayyp Erdogan dal giorno dell’attacco di Hamas a Israele. Due mesi senza contatti, a dimostrare una certa tensione non solo sul caso Gaza ma anche sul portato complessivo che ha in pancia l’allargamento della Nato alla Svezia, i caccia militari chiesti agli Usa ma anche alla Germania e più in generale la postura che la Turchia si appresta ad attuare in questo anno delicato che precede le presidenziali americane.

Troppi silenzi

Qualcuno lo chiama braccio di ferro, specialmente sulla stampa turca, come a voler sottolineare la questione della mancata vendita degli F-16. Ma resta il fatto che la cronaca racconta di due mesi di silenzio tra i due leader, rotto da una telefonata che, pur mantenendo le posizioni note, rappresenta comunque un elemento di novità.

Erdogan al telefono con Biden ha confermato che Israele “è sempre più solista” e che la Casa Bianca deve “intervenire per garantire un cessate il fuoco permanente il prima possibile”. Ma dietro Gaza c’è dell’altro, in primis la partita in casa Nato per l’ingresso di Stoccolma, congelata dal parlamento turco e i no che Erdogan continua ad incassare. L’ultimo è un nein, pronunciato dal governo federale di Berlino, che non ha approvato la richiesta di Ankara di acquisire 40 Eurofighter Typhoon, per non restare indietro rispetto alla Grecia, appena ammodernata con i Rafale francesi e in attesa di due F-35.

Nato e alleati

“Siamo membri della Nato, ma un altro membro si oppone all’acquisto di questi aerei – ha spiegato piccato il ministro della Difesa Yaşar Güler – non può esserci una spiegazione per un alleato che dice: Non ti darò l’aereo”. L’Eurofighter è una buona alternativa per la Turchia, ha sottolineato, auspicando che altri alleati potrebbero convincere la Germania a fare marcia indietro sulle sue obiezioni. “Se qualcuno pensa di attaccarci, vedrà molto bene cosa possono fare l’S-400 o altri sistemi di difesa”, ha aggiunto Güler.

Meno diplomatico Erdogan, secondo cui “se ci danno questi aerei, ce li danno, altrimenti, ci mancano le porte a cui bussare? No, ne abbiamo molte”. Il riferimento è anche ad una produzione autoctona, come il caccia di quinta generazione Kaan, che effettuerà il suo primo volo il 27 dicembre dopo una progettazione lunga 8 anni.

Scenari

Due i fatti, apparentemente secondari, che andranno valutati con attenzione nelle prossime settimane. I finanziatori turchi e tedeschi hanno siglato un accordo di prestito da 1,9 miliardi di dollari: si tratta dell’istituto di credito statale turco Ziraat Bank e Deutsche Bank che fornirebbe tali finanziamenti esterni sul Bosforo con una scadenza fino a cinque anni. Secondo la banca turca, con quei denari riuscirà a contribuire a tutti i settori che sono prioritari per lo sviluppo economico del paese, in particolare gli esportatori.

In secondo luogo spicca l’invito rivolto ad Ankara da parte del ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, a unirsi alla Coalizione marittima per rafforzare la sicurezza nel Mar Nero. L’occasione è l’arrivo del nuovo ambasciatore turco Levent Bilgen che ha confermato il sostegno globale della Turchia all’Ucraina. Secondo il governo di Kyiv gli sforzi della Coalizione per le forze e le capacità marittime, avviata da Regno Unito e Norvegia, mirano a fermare l’interferenza della Russia nella libertà di navigazione in particolare nel funzionamento del corridoio dei cereali. Flussi di denaro esterno verso Ankara da un lato e interlocuzione sul grano dall’altro sono due dossier dove il governo Erdogan si aspetta molto, non solo in termini materiali ma soprattutto politici. E la bontà di questi due passi potrà essere verificata solo se rapportata alla situazione complessiva a cavallo delle due guerre e anche di come Bruxelles sceglierà di procedere, ma solo dopo le elezioni.

F-16, Eurofighters, Nato, e sicurezza nel Mar Nero. Braccio di ferro Usa-Turchia

Due mesi senza contatti tra Usa e Turchia, a dimostrare una certa tensione non solo sul caso Gaza ma anche sul portato complessivo che ha in pancia l’allargamento della Nato alla Svezia, i caccia militari chiesti agli Usa ma anche alla Germania e più in generale la postura che la Turchia si appresta ad attuare in questo anno delicato che precede le presidenziali americane

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