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Qual è stato l´impatto della crisi in Italia, in Turchia e nel Mediterraneo e quali sono le prospettive per trasformare questa interdipendenza in un elemento di forza per la ripresa dell´intera Europa?

Nato dalla collaborazione tra Unicredit e il Sam – Centre for Strategic Research – il Forum italo-turco, che si è svolto lunedì 12 novembre e martedì 13, costituisce un momento di incontro e di dialogo tra rappresentanti, italiani e turchi, della politica, dell’economia e della società civile con l’obiettivo di discutere delle relazioni tra i due Paesi.

Le motivazioni della nascita del Forum “Il Forum è iniziato nove anni fa, fin dall´inizio del nostro piano d´investimenti in Turchia”, spiega in una conversazione con Formiche.net Giuseppe Scognamiglio, responsabile Public Affairs di Unicredit. “L´obiettivo del Forum – sottolinea – è quello di coinvolgere settori della società civile di Roma e Ankara sui temi di dibattito dell´agenda italiana ed internazionale, considerando che la Turchia è un Paese attorno a cui ruotano speranze e promesse, più o meno mantenute, di sviluppo economico e sociale nonché di stabilità dell´area mediterranea. Secondo noi, era necessario, oltre ai numeri, che sono sotto ai nostri occhi, interpretare i contenuti della società turca e i rapporti con le istituzioni, oggi consolidati. Si tratta quindi di un passaggio utile e importante per farci capire le dinamiche e l´evoluzione economica e normativa del Paese, al fine di accrescere la consapevolezza italiana ma specialmente europea, della strategicità dell´obiettivo dell´ingresso turco in Europa”.

L´economia turca in relazione alla crisi dell´Eurozona Il Ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu, intervenendo al Forum, ha sostenuto che la Turchia per l´Europa non sarebbe un peso ma una cura. Secondo Scognamiglio, l´ingresso del Paese nell´Unione europea “sarebbe sì una cura, per l´Europa e per l´Italia, ma anche per la stessa Turchia. Davutoglu ha posto l´accento sulle opportunità che ne deriverebbero per l´Europa, ma bisogna considerare anche quelle per la Turchia, un Paese che ha ottenuto risultati impressionanti negli ultimi dieci anni, ma che ha di fronte ancora un po´ di strada per giungere alla piena modernizzazione. Solo 15 anni fa l´85% dell´economia era in mano pubblica e quindi gestita in modo inefficiente. Oggi – evidenzia Scognamiglio – le privatizzazioni hanno cambiato il volto di uno Stato che, di fatto, era socialista quanto i Paesi del blocco sovietico, ma ci sono ancora margini di miglioramento, di cui il Governo è consapevole, come nella Pubblica Amministrazione e nella giustizia”.

Il piano di investimenti di Unicredit L´ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, ha spiegato durante il Forum che, in base al piano strategico di un anno fa, la Turchia è uno dei tre o quattro Paesi in cui il gruppo è disposto ad investire per crescere. Il responsabile dei Rapporti Istituzionali sottolinea che “dalle opportunità dipenderanno ulteriori investimenti, dopo la grande acquisizione di qualche anno fa con Yapi Kredi”, in cui Unicredit è presente in joint venture paritaria con il gruppo Koc. “Non nascondiamo l´importanza strategica della Turchia e, se ci fossero ulteriori opportunità, le valuteremmo”, osserva.   Ma lo sguardo di Unicredit non si limita alla sola Ankara. “La Turchia – spiega infatti Scognamiglio – è importante anche perché rappresenta un hub che permette di essere presenti nei Paesi limitrofi che hanno radici culturali simili. Il nostro è un approccio che tiene conto anche degli aspetti storico-culturali e che si concentra sul rispetto del management locale e dell´opinione pubblica. L´idea, maturata insieme alla direzione e alle autorità di Ankara, con cui siamo in piena sintonia, è quella di aprire filiali nel nord dell´Iraq e di portare i finanziamenti dei nostri clienti, non solo italiani, in quella zona dove stanno già affluendo capitali importanti. Vogliamo contribuire allo sviluppo di quest´area, che è quella più sicura del nuovo Iraq, e monitorare da vicino una crescita che si prospetta tumultuosa”, dichiara il manager.

Il percorso verso la piena modernizzazione turca e i rapporti con Israele “Il ministro Davutoglu ha spiegato ieri che la dichiarazione del primo ministro Erdogan sulla reintroduzione in Turchia della pena di morte non è un tema di dibattito, essendo da considerare più un commento a caldo del premier a seguito della strage di Breivik”, sottolinea Scognamiglio. “La risposta – prosegue – rassicura sul fatto che le istituzioni vogliano proseguire nella strada verso la crescita delle istituzioni democratiche. Penso che ci sia stata un´evoluzione interna significativa e che i passi avanti siano stati fatti anche grazie ai negoziati con l´Ue. Anche in fase di stallo nei rapporti tra questa e la Turchia, credo infatti che debbano proseguire i negoziati, in quanto favoriscono la modernizzazione della società rendendola aperta e tollerante”. Ma Scognamiglio si sofferma anche sui rapporti turchi con Israele. “Sebbene questa sia una stagione complessa, non mi sembra che sia talmente critica da giustificare le perplessità di un investitore orientato al medio-lungo termine”, conclude.

L´Europa snobba la strategicità della Turchia?

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