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C’è stato un tempo in cui fare intelligence significava andare a caccia di segreti ben nascosti dietro cortine di ferro o muri di Berlino, ben raccontato dalle avventure di George Smiley e del suo creatore Le Carré. Oggi, la dimensione informativa che permea a livello globale ogni aspetto della vita pubblica e privata sottolinea un cambio di paradigma, e per difendere la leadership strategica, Washington e le agenzie di informazione e sicurezza occidentali devono ripensare il mestiere delle spie. La direzione, secondo Foreign Policy, è quella che si dirige verso meno segreti, più dati e cooperazione con il privato. Una direzione che rispecchi la dimensione informativa che avvolge i tempi in cui viviamo, immersi in un oceano di dati, gran parte dei quali liberamente accessibili.

Nella competizione tra Stati Uniti e Cina per le tecnologie dirompenti, dall’AI al quantistico, fino alla biologia sintetica, anche l’arte dello spionaggio sta cambiando pelle. Non è più (solo) questione di carpire informazioni riservate, ma di saper leggere con efficacia e ad una velocità non umanamente abbordabile ciò che è già sotto i nostri occhi.

Spionaggio 2.0

La sfida è eminentemente geopolitica e securitaria. Chi, grazie a machine learning e IA, controllerà i flussi di dati e saprà processarli con più efficacia, avrà un vantaggio competitivo nelle rivalità tra grandi potenze. Non a caso la corsa non riguarda solo l’intelligence, ma anche tecnologie di frontiera come il quantum computing.

Centrali nelle strategie di sviluppo ed evoluzione delle dottrine securitarie occidentali sono oggi l’open source intelligence (Osint) e il settore privato dell’industria. Piccoli team aziendali hanno persino anticipato l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 elaborando dati commerciali e pubblici meglio di molti governi e sono stati Mandiant a smascherare per prima gli hacker cinesi di APT1 nel 2013 e CrowdStrike a individuare Fancy Bear, il gruppo russo, nel 2016, ricordano ancora Greg Levesque e Calder Walton, su Foreign Policy.

Il grande gioco punta a velocizzare i suoi processi, permettendo ai suoi agenti di avere a disposizione non cataste di dossier ma IA co-pilot, capaci di processare flussi continui di dati in tempo reale.

Il problema politico e il confronto tra Sistemi

Gli apparati statali democratici occidentali, rallentati dalla propria burocrazia e dalla lentezza delle proprie strutture decisionali, si rivelano molto più lente di aziende verticali come Meta, Apple, Microsoft, Strider Technologies, che assumono già figure dedicate a monitorare infiltrazioni, disinformazione e minacce ibride.

Per le autocrazie è differente. La macchina decisionale di Pechino, ad esempio, verticistica e snella, applica un approccio societario totale allo spionaggio e nessuna distinzione tra obiettivi civili e militari, nessun confine tra pubblico e privato. Xi Jinping lo ha codificato nella sua strategia di rinascita nazionale, autorizzando i servizi a rubare proprietà intellettuale ovunque sia possibile. E a trasformare questi bottini in vantaggi strategici grazie all’IA e a giganteschi data center che più vengono utilizzati e più saranno efficaci, veloci. Sono armi che più vengono utilizzate e più munizioni avranno ancora a disposizione.

Gli Stati Uniti e le agenzie di intelligence occidentali, al contrario, hanno continuato per molto tempo a ragionare in compartimenti stagni in nome del principio della segretezza. Un difetto strutturale che rallenta i processi operativi e che i rivali sfruttano senza pietà.

Londra e Langley: il modello dei fondi segreti

La Gran Bretagna si sta muovendo con il National Security Strategic Investment Fund (Nssif), fondo nato nel 2018 per sostenere MI5, MI6 e Gchq. Nei prossimi quattro anni riceverà altri 330 milioni di sterline, da destinare a tecnologie dual use, satelliti e chip quantistici. La selezione delle startup avviene tramite un sistema che affida ai venture capitalist accreditati, il compito di segnalare progetti di startup e Pmi ad alto valore strategico e di accompagnarli nelle prime fasi di sviluppo. Il modello funziona e non è nuovo. A fare scuola fu la Cia nel 1999, quando George Tenet lanciò In-Q-Tel. Da lì sono passate Palantir e Anduril, oggi giganti della difesa, e oggi continuano a emergere startup come Strider (contro le infiltrazioni cinesi nella ricerca), Cape (reti mobili invisibili) o Lumbra (agenti digitali autonomi). Vecchie e nuove sinergie tra settori pubblico e privato si intrecciano con un comune fine ultimo, quello di colmare il divario tra l’innovazione che nasce nelle industrie e i bisogni immediati delle agenzie di intelligence.

Il futuro?

La Repubblica Popolare integra ricerca accademica, apparato industriale e struttura statale in un unico continuum strategico, reclutando talenti scientifici e ingegneristici nelle aziende occidentali e trasformando supply chain e università in strumenti di competitività globale. Pechino, sfruttando l’asimmetria occidentale, impone di fatto alle democrazie l’adozione di un approccio whole-of-society, dove la resilienza si costruisce con la cooperazione sistemica di governi, imprese, università e cittadini e il baricentro dell’attività informativa affianca alla raccolta di dati nascosti, l’analisi, la correlazione e lo sfruttamento di volumi sterminati di dati aperti, disponibili nell’ambiente digitale attraverso la combinazione tra Osint e intelligenza artificiale.

IA e open source, così cambia il grande gioco dello spionaggio

Nella competizione tra Stati Uniti e Cina per le tecnologie dirompenti, dall’AI al quantistico, fino alla biologia sintetica, anche l’arte dello spionaggio sta cambiando pelle. Non è più (solo) questione di carpire informazioni riservate, ma di saper leggere con efficacia e ad una velocità non umanamente abbordabile ciò che è già sotto i nostri occhi

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