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In queste settimane è in consultazione sul portale del Ministero dello sviluppo economico (Mse) la Strategia energetica nazionale . Al di là dell´osservazione – che ognuno può interpretare come vuole – che dopo anni e anni di vaghe promesse di simili documenti quadro o di conferenze nazionali sull´energia andate regolarmente deluse, un governo tecnico in un anno di attività riesca nell´impresa, il testo si presta a qualche commento.   Il punto di partenza è che la strategia – che può essere letta da chiunque – ha il merito di cercare di fare un quadro complessivo delle politiche energetiche ed è basata su una lunga serie di buoni e condivisibili obiettivi e propositi. Il governo parte da un generico obiettivo di competitività del sistema Paese e individua sette priorità per raggiungerlo, che spaziano dal superamento degli obiettivi del 20-20-20 (rinnovabili, CO2, efficienza), allo sviluppo delle reti energetiche di connessione con l´estero, alla ricerca di nuovi idrocarburi e alla ristrutturazione del settore della raffinazione e della distribuzione dei carburanti, chiudendo con la modernizzazione del sistema di governance.

La prima osservazione, su queste premesse, è che coniugare tali priorità è molto difficile nella pratica, visto che sono interdipendenti e talvolta non sovrapponibili. Di certo il progetto è inattuabile, con gli obiettivi quantitativi individuati, senza una rapidissima concretizzazione della revisione del modello di governo (non per niente questo tema è stato segnalato un po´ da tutte le parti alle audizioni in corso al Mse e al Senato). Una premessa ambiziosa per un documento dedicato all´energia, ma che evidentemente è vista dagli estensori del documento – a ragione, senza dubbio – come il fondamento della ripresa dell´economia italiana.

La seconda osservazione è che tutto cresce, si sviluppa e si ristruttura in modo sostenibile. Quindi, oltre all´evidenza che il documento non l´hanno scritto i fautori della decrescita, se ne deduce che dovremo essere molto bravi e sviluppare idee e programmi ad alto valore aggiunto. Anche qui l´ambizione è notevole perché il sistema energetico è complesso. Ad esempio andare oltre gli obiettivi del 20-20-20 significa aumentare i costi per gli utenti (prevalentemente gli oneri nelle tariffe di elettricità e gas per efficienza e rinnovabili e i costi aziendali da ribaltare sugli utenti per la CO2) e rendere ancora più sofferente il settore termoelettrico italiano cresciuto a dismisura nell´ultimo decennio senza tenere conto né dell´andamento della domanda, né degli obiettivi comunitari sulle fonti rinnovabili , ma anche ridurre i prezzi nel tempo in certe fasce orarie, diminuire la dipendenza dagli idrocarburi e ridurre i costi sociali.

La generazione termoelettrica e l´offerta di idrocarburi nel processo vengono a mano a mano ridimensionati e il processo non può che essere doloroso se le aziende che operano in questo contesto non sapranno costruirsi un futuro nella green economy.   D´altra parte rallentare questa trasformazione difficilmente si sposerebbe con l´incipit iniziale alla competitività, dato che il mondo si sta muovendo in quella direzione e per cogliere l´auspicata crescita sostenibile non si può che essere leader nei settori economici in crescita. La terza osservazione è relativa allo scollamento fra gli obiettivi del documento e la realtà, legato in parte a un’impasse istituzionale.

Come realizzare gli auspici con provvedimenti in ritardo di mesi a causa dei rapporti difficili fra ministeri concertanti o fra ministeri e autorità competenti e stop and go attuativi continui per il vizio di intervenire con commi improbabili inseriti nei disegni di legge più svariati (in assenza delle leggi finanziarie vecchio stile i parlamentari hanno ampliato il raggio di azione), che minano alla base qualunque tentativo di organicità e strategia? Anche quanto disposto nei diversi provvedimenti parlamentari e governativi degli ultimi mesi coglie aspetti importanti, ma lo fa disperso in fiumi di commi di difficile lettura e quindi di lenta applicazione. È così difficile lavorare con testi integrati aggiornati come fa ad esempio l´Autorità per l´energia elettrica e il gas?

La vita è fatta di scelte.   Mettere continuamente tutto in discussione e ripartire ogni volta da capo non sarà mai una strategia efficace. Anche in questo caso si conferma l´importanza della riforma del sistema di governo nazionale, che non significa necessariamente accentramento dei poteri (scelta che garantirebbe solo la perdita di quanto si è fatto di buono in termini di sussidiarietà), ma dialogo e collaborazione fra istituzioni con superamento degli interessi di bottega e sfruttamento delle loro competenze e capacità. Può sembrare un´utopia in un Paese che dell´organizzazione dell´impero romano ha perso ogni caratteristica, rimanendo legato ai comuni rinascimentali, ma si avvertono delle evidenze fra gli operatori e le industrie di una ricerca di strade in questa direzione (al di là delle esperienze a livello di distretto industriale descritte più volte sui media, vale la pena citare lo sforzo per far nascere un coordinamento delle associazioni e degli enti collegati all´efficienza energetica e alle fonti rinnovabili ormai a buon punto).

Una trasformazione che dovrebbe fare riflettere.   Il documento può rappresentare un buon punto di partenza, ma sarà inutile e ricordato solo per aver consumato ulteriori energie degli stakeholder se non potrà fondarsi su un sistema legislativo efficiente e su cittadini e operatori di mercato proattivi e coraggiosi. Visto che il mercato sa trovare nuove strade la priorità numero uno sarebbe non ostacolare l´innovazione e la trasformazione, con poche regole semplici e controlli, come si fa con i bambini se si vuole sperare di essere ascoltati.

Cercasi (vera) strategia energetica nazionale

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