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Dal palco del Festival dell’Economia di Trento, la segretaria del Pd Elly Schlein rilancia il vecchio cavallo di battaglia delle patrimoniali. Secondo la dem per arrivare a un sistema di tassazione più equo bisognerebbe “riorganizzare le patrimoniali” e puntare a “un sistema ad aliquota continua”. Un modello diametralmente opposto a quello che sta portando avanti il governo guidato da Giorgia Meloni, che prevede la flat tax. Quello della patrimoniale è un tema che, all’inizio della campagna elettorale per le politiche dello scorso anno, aveva rispolverato anche il predecessore Enrico Letta ma che non ha portato fortuna. D’altra parte, riflette Sebastiano Maffettone a margine di un intervento sullo stesso palco di Trento, “quello della patrimoniale non è un tema fortunato in termini elettorali”.

Professore, puntare sulla patrimoniale a pochi giorni dal ballottaggio in diverse città italiane, probabilmente non è una strategia che paga particolarmente. No?

No, non paga per nulla puntare su questi temi. Dai ballottaggi non so cosa aspettarmi francamente, ma spendersi per una riorganizzazione delle patrimoniali non mi pare una strategia vincente.

È  un elemento che caratterizza il dna del Pd: una forma di continuità fra Letta e Schlein…

Per la verità non si capisce ancora in maniera nitida quale sia la linea del Pd guidato da Elly Schelin. Sicuramente lei è stata brava ad affermarsi nei “gazebo”, ma assumere la guida di un partito è un’altra cosa.

Pensa che ci sarà un’alleanza tra Pd e Movimento 5 Stelle?

Le politiche scorse hanno impartito una lezione importante a questi due partiti: se si va divisi si perde. L’alleanza, a questo punto, sarebbe l’unica prospettiva per loro per tentare di sopravvivere benché ci sia un’alto tasso di litigiosità e rivalità fra Schlein e il leader pentastellato Giuseppe Conte.

L’alleanza deve partire dall’alto o si può ragionare in termini territoriali?

Penso che sia un’operazione che debba essere condotta, prima di tutto, dai due leader. Poi, se le cose funzionano, si può pensare di proporla anche a livello territoriale, valutando caso per caso.

A proposito di alleanze: quella del terzo polo (al di là dell’intesa raggiunta per le europee del 2024), sembra definitivamente tramontata. Chi ne beneficerà?

L’elettorato “mediano” è difficile da intercettare. Detto questo ritengo che la frattura del Terzo Polo non sia un bel segnale dal punto di vista politico. Nella polarizzazione del dibattito, il loro programma dal punto di vista contenutistico era valido. Mi auguro che, almeno per le europee 2024 possano marciare assieme e presentarsi uniti nella competizione politica.

Lo scenario europeo sta mutando profondamente, anche nella geografia economica. L’economia tedesca è in recessione tecnica, mentre l’Italia vanta un Pil fra i più floridi dell’Eurozona anche in prospettiva. Cura Meloni?

Giorgia Meloni, che è una politica molto intelligente, si è inserita – sul versante europeo – nel solco tracciato da Mario Draghi. Questi risultati sono l’onda lunga di una politica oculata iniziata durante il precedente governo e proseguita da quello attuale. E l’aspetto più evidente è la normalizzazione di Giorgia Meloni una volta approdata a Palazzo Chigi.

Sanità

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Un sistema di tassazione più equo, attraverso la riorganizzazione delle patrimoniali. Un tema caro al Pd, anche di Enrico Letta, ma che non ha portato fortuna. Con il Movimento 5 Stelle c’è conflittualità, “ma se vogliono sperare di governare, un domani, si devono alleare”, dice il docente della Luiss

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