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L’affaire Vannacci ha dimostrato, una volta di più, che nel partito di governo coesistono varie sensibilità. Da una parte quella, tra gli altri, di Giovanni Donzelli e dall’altra quella del ministro della Difesa, Guido Crosetto. “Io sono diverso da chi mi attacca”, ha scandito il ministro. E, in effetti, la diversità è emersa. “Crosetto, per quanto sia tra i fondatori di Fratelli d’Italia, ha forgiato la sua identità politica nella Democrazia cristiana e non nella destra post-missina. E questa identità non si cancella, ma riemerge come un riflesso pavloviano”. L’analisi è di Massimiliano Panarari, sociologo, saggista e docente dell’università Mercatorum.

Panarari, cosa sta succedendo in Fratelli d’Italia dopo il caso Vannacci?

Sta emergendo la profonda differenza di dna dei membri che compongono il partito. In questo contesto si misura lo “scarto” di Crosetto rispetto alla genetica di FdI. Lui ha sostenuto di essere diverso rispetto a chi lo attacca. Ed è in effetti così.

Che cosa lo rende tale, al di là della provenienza politica, rispetto ad altri esponenti di rango del partito?

Crosetto è indiscutibilmente un uomo “governativo”. Una persona che, nei diversi ruoli che ha ricoperto anche dal punto di vista della rappresentanza delle imprese, ha dimostrato di essere un liberal-conservatore. Un uomo, sostanzialmente, di sistema. E, anche nella fondazione del partito, ha avuto un ruolo importante. Proprio grazie alla sua provenienza diversa rispetto ai post-missini.

Che cosa intende dire?

Il ministro della Difesa è un uomo che in un certo senso ha “mitigato” alcune dinamiche tipiche della destra che si sente da sempre vittima della sindrome dell’accerchiamento. Non è, infatti, parte della logica “familistica” che per molti aspetti caratterizza la destra italiana. È sobrio, non eccede mai. Ha alle spalle una storia di militanza profondamente diversa da molti altri. Che deriva appunto dal suo passato nella destra della Dc. Nell’interpretare il suo ruolo di governo sta cercando di rendere compatibile la destra al “sistema”. È un europeista convinto, un filo-atlantista. Perché sa che il futuro dell’Italia si gioca su questi due fronti.

E allora qual è il nodo da sciogliere?

Gli alti gradi dell’Esercito giurano sulla Costituzione. La Carta che, per molti post missini, è il vero problema irrisolto. Crosetto è di un’altra pasta, come ho detto. Ed è invece uno che crede fortemente ed è fermamente legato ai valori della Costituzione.

Non le pare che FdI stia vivendo in qualche modo la sindrome del Pci a parti inverse: nessun nemico a destra?

Sì, è in qualche modo così. Ma storicamente non portò fortuna al Pci, così come probabilmente non ne porterà a FdI. Va detto, comunque, che i vertici del Pci differentemente da quelli dell’Msi, non furono ambigui. Denunciarono i brigatisti e posero un argine forte alle estremizzazioni extraparlamentari.

In tutto questo, Giorgia Meloni che posizione assumerà?

Ho l’impressione che non assumerà una posizione precisa, benché sarebbe auspicabile che l’identità della destra virasse più sulla linea di Crosetto rispetto a quella di Bignami e Donzelli. La loro, d’altra parte, è una mossa che politicamente parla alla parte – consistente – dell’elettorato che viene dalla destra-destra. Un’operazione per evitare la dispersione dei consensi. Un po’ come quella che sta conducendo Salvini, rivaleggiando con Meloni.

Vi spiego la differenza tra Crosetto e i post-missini sull'affaire Vannacci. Parla Panarari

Per quanto il ministro della Difesa sia tra i  fondatori di Fratelli d’Italia, la sua formazione nella Dc e i ruoli che ha avuto in passato lo rendono un uomo “di sistema” al contrario di tanti membri del partito che vengono dalla destra post-missina. Crosetto è un europeista, atlantista e uomo di “governo”. E lo ha dimostrato anche nell’affaire Vannacci. Conversazione con il docente dell’Università Mercatorum

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