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Le biotecnologie — ovvero l’insieme delle tecnologie che impiegano organismi viventi, cellule o loro componenti per sviluppare soluzioni, prodotti e processi innovativi — rappresentano oggi una leva strategica per affrontare le grandi sfide globali. Dalla lotta al cambiamento climatico alla sicurezza alimentare, fino alla prevenzione delle pandemie, il biotech offre risposte concrete e sostenibili. Si tratta di un settore trasversale, che va dalle tecnologie tradizionali come la fermentazione o la selezione genetica, fino alle frontiere più avanzate della bioingegneria, della biologia sintetica e dell’editing genomico. Tecnologie che stanno già trasformando sanità, agricoltura, industria e ambiente, secondo un approccio perfettamente coerente con il paradigma one health, che lega in modo inscindibile la salute umana, animale e ambientale.

Negli ultimi anni, l’Europa ha preso coscienza del potenziale delle biotecnologie e delle biosoluzioni per la competitività, l’autonomia e la sicurezza del continente. Un percorso avviato nel 2023 con il programma Step, rafforzato nel 2024 dalla comunicazione della Commissione Building the future with nature: boosting biotechnology and biomanufacturing in the Eu, e che ora entra nel vivo con la definizione del Biotech act europeo.

Si tratta di una proposta legislativa che mira a rafforzare il ruolo dell’Europa nello scenario globale, rendendola più attrattiva per innovazione, investimenti e talenti in un settore ormai riconosciuto tra i più promettenti del XXI secolo.

Il lavoro sul Biotech act coinvolge attualmente una molteplicità di attori — istituzioni europee, Stati membri, mondo della ricerca, imprese — e ruota attorno a un obiettivo fondamentale: semplificare un quadro regolatorio oggi eccessivamente frammentato, che rischia di ostacolare lo sviluppo del settore.

Tra le proposte in discussione: un quadro normativo centralizzato per i trial clinici, percorsi accelerati per tecnologie ad alto impatto, regulatory sandboxes per la sperimentazione e strumenti finanziari dedicati a sostenere le imprese. Non meno rilevante è il piano per creare cluster di eccellenza, colmare il gap nelle competenze attraverso programmi di formazione, e definire standard condivisi per la sicurezza biologica. Si discute anche della creazione di una governance europea dedicata, per garantire coerenza e rapidità decisionale.

Il Biotech act rappresenta certamente una svolta storica, sia per l’Europa che per l’Italia. È un’occasione per consolidare la nostra posizione nella bioeconomia globale e per mettere a frutto il potenziale del biotech in tutti i suoi ambiti di applicazione: salute, industria, agroalimentare, ambiente.

Come Assobiotec – Federchimica, siamo da mesi impegnati nei lavori preparatori affinché l’intero spettro applicativo delle biotecnologie venga incluso nel provvedimento. Un approccio settoriale rischierebbe infatti di limitare la portata trasformativa di queste tecnologie in ambiti strategici per la transizione ecologica e digitale.

Per cogliere pienamente questa opportunità, è fondamentale affrontare alcune criticità.

Primo, il coordinamento con le normative esistenti: senza un’attenta armonizzazione, il rischio è creare sovrapposizioni e conflitti regolatori. Secondo, il tema delle risorse: senza strumenti finanziari adeguati, in grado di colmare il gap di capitali e sostenere le startup nella crescita industriale, il Biotech act rischia di restare un contenitore vuoto. Terzo, la tempistica: il rinvio della proposta legislativa dal 2025 al 2026 indebolisce il segnale politico atteso da imprese e centri di ricerca, rischiando di rallentare l’intero processo.

In questo contesto, l’Italia ha l’occasione — e la responsabilità — di giocare un ruolo da protagonista.

Serve una posizione nazionale unitaria, fondata su una visione chiara e condivisa. Occorre investire in infrastrutture strategiche, come centri di biomanifattura e impianti Gmp, e attivare strumenti fiscali e finanziari — come crediti d’imposta e co-investimenti pubblico-privati — per sostenere la competitività delle nostre imprese.

Anche sul piano politico, i rappresentanti italiani in Europa possono fare la differenza, promuovendo una visione ampia e integrata del biotech, che coniughi innovazione, sostenibilità, autonomia strategica e coesione territoriale.

Non meno importante sarà il dialogo con i cittadini: infatti, senza consenso sociale, le nuove tecnologie rischiano di incontrare resistenze culturali e blocchi normativi. Serve un impegno comune per costruire fiducia e trasparenza.

Come Associazione per lo sviluppo delle biotecnologie, stiamo già lavorando per garantire che le istanze del biotech italiano siano ascoltate nei tavoli decisionali europei, in sinergia con le principali reti internazionali del settore.

In conclusione, il Biotech act può segnare una svolta per l’Europa e un punto di rilancio per l’Italia. Perdere questa occasione significherebbe rinunciare a un pezzo importante del nostro futuro industriale e tecnologico. È tempo che il nostro Paese assuma un ruolo guida nella costruzione della nuova bioeconomia europea.

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