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Giornata cruciale per la questione lavoro: riprende tra le polemiche il confronto tra il governo e le parti sociali e alle 19 il premier incontra Bersani. Il segretario del Pd ha sottolineato la necessità di una intesa e che il “liberi tutti” può essere un problema per l´Italia, non per il Pd. Bersani assicura che comunque il Pd sosterrà Monti fino a fine legislatura. Bonanni ricorda che il sindacato vuole l´accordo, ma non lascerà che il governo decida da solo. Il premier, dal canto suo, dice che le riforme vanno fatte nell´interesse generale, ma alcune modifiche non sono ricevibili.
 
«Ci sono modifiche che possiamo accogliere se rappresentano un miglioramento, perché non sempre le modifiche sono un arretramento, ma ci sono anche altre modifiche che non possiamo accogliere e non accoglieremo – ha detto oggi il premier Mario Monti parlando di liberalizzazioni e mercato del lavoro – E´ nostra responsabilità far prevalere l´interesse generale con il bilanciamento della partecipazione dei sacrifici a un livello che renda veramente il paese più competitivo».
 
Bersani: patto di lealtà fino al 2013. «Oggi vedrò Monti e gli parlerò di lavoro perché qui si vede quali sono le preoccupazioni principali delle forze politiche – ha detto oggi il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani – Il Pd ha stretto un patto di lealtà che non verrà meno, questo governo deve durare fino a fine legislatura. Il Pd non è alternativo a Monti, ma alla ricetta di una destra liberista e populista. Non chiedo al governo di fare il cento per cento di quello che faremmo noi, ma oltre l´emergenza c´è il futuro e la politica deve prendersi le sue responsabilità. Ho grandissima stima per Monti credo che l´Italia debba però attrezzarsi a una democrazia che funzioni e che respiri con due polmoni e ribadisco che dopo Monti non ci sarà il Cencelli».
 
«Ieri il ministro Fornero ha detto cose sensate – dice Bersani – ma è da molti giorni che sento dire che si possono fare le riforme senza l´accordo. Attenzione non sto parlando di Cgil, come si continua a dire, ma di un accordo tra governo e parti sociali in un momento di recessione. Il “liberi tutti” può essere un problema per l´Italia non per il Pd, il governo o la Cgil».
 
«Il governo deve precisare cosa vuole perché nessuno l´ha ancora capito – dice Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl – Noi vogliamo l´accordo e non lasceremo che il governo decida da solo, come ha fatto per le pensioni, perché il disastro e sotto gli occhi di tutti: una riforma non gestita né dalle parti sociali né dal Parlamento, che ha lasciato piu di centomila persone senza alcuna prospettiva, che ha colpito i padri senza fare nulla per i loro figli. Il governo deve essere responsabile; non basta dire che andranno avanti comunque, perché ci sono le proposte in campo che hanno unificato la stragrande maggioranza delle opinioni che contano. Le vere riforme vanno fatte con il consenso piu ampio possibile, discutendo con coloro che hanno proprietà di linguaggio e conoscenza puntuale delle vicende».
«Un governo che io stimo, come questo, ha il dovere di comportarsi secondo i criteri per i quali è stato nominato in un momento di difficoltà – dice Bonanni in merito alle discussioni sull´articolo 18 – La coesione sociale è un fatto importante. Non si può istigare la gente alla ribellione, mi pare che stanno facendo questo. Il governo Monti ha deciso di dar man forte a una posizione che conviene alla Marcegaglia. La questione dell´articolo 18 è un falso problema. Qualsiasi sperimentazione abbiamo offerto, non ha prodotto risultati. È solo un pretesto per far passare l´idea che le aziende possano fare ciò che vogliono. Il governo sfida politica e sindacati e non capisco che gioco sia questo». 
 
«Il vero problema di questo Paese è che i giovani non entrano nel mercato del lavoro e se ci entrano e quando ci entrano lo fanno in modo precario – dice la leader nazionale della Cgil, Susanna Camusso – Il problema vero è ridurre le forme di ingresso, far costare di più le forme che sono flessibili, dare certezza di tutela al reddito con gli ammortizzatori se il lavoro è discontinuo. Questa è la vera priorità. Tutti coloro che voglio spostare la discussione su una norma e un principio fondamentale per il lavoratore rispetto al licenziamento in realtà vogliono mantenere un lavoro senza tutela. Riformare il mercato del lavoro è necessario per ridurre la precarietà e per estendere le tutele a tutti ma di per sé non genera neanche un posto di lavoro. Il vero tema riguarda la crescita e l´occupazione e va affrontato decidendo un piano di investimenti che guardi all´occupazione dei giovani e delle donne e di tutto questo per il momento non c´è traccia. È sbagliato continuare ad illudere il Paese che la riforma sia la risposta all´occupazione».
 
«Lo sforzo che bisogna fare è di cercare soluzioni ai problemi – dice il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti – Parlando, per esempio, dell´articolo 18, invece di parlare delle sfumature bisogna parlare di cose concrete. L´opinione degli abrogazionisti è molto chiara almeno quando riescono a dirlo le sentenze dei tribunali non solo sono lunghissime, e quindi con tutti i costi non solo per le imprese ma anche per i lavoratori, ma l´interpretazione di che cosa è giusto o meno, se c´è o no un giustificato motivo di licenziamento è variegata, al punto che si sta in un regno di incertezza e si dice: le imprese non sono disponibili a sopportare le incertezze. Ammesso che sia questa la vera motivazione, la soluzione non è quella di abolire le regole, ma stabilire regole più certe, magari prescrittive con scarse possibilità di interpretazione. Noi chiediamo una cosa molto semplice: se avete dei problemi voi proponete di scrivere in una legge quale è la giusta causa, il giustificato motivo. E l´articolo 18 non c´entra nulla, perché dice se non c´è un motivo giustificato non puoi essere licenziato. La soluzione sta nel risolvere il problema che tutti dicono essere il problema, cioè l´interpretazione e la definizione di che cosa è un giustificato motivo, una giusta causa. Però quando discuteremo nel merito saremo già in un altro Paese…».

Lavoro, ora x per la riforma

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