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L’orrendo massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre scorso e la crisi internazionale che ne è seguita hanno contribuito a esacerbare una disputa molto aspra sorta qualche giorno prima all’interno degli organi di governo dell’Università della Pennsylvania (UPenn).

A originarla era stato il sostegno fornito da UPenn all’organizzazione, poco prima della festività ebraica dello Yom Kippur nel 50° anniversario della guerra che ne porta il nome, del festival letterario Palestine Writes, che vedeva la presenza tra i relatori di alcune figure portartici in passato di istanze giudicate apertamente antisemite.

La polemica che ne era scaturita, tradottasi in un appello da parte di circa 4.000 firmatari alla leadership dell’ateneo di riconsiderare il supporto alla manifestazione, è letteralmente deflagrata in seguito agli attacchi del 7 ottobre fino a giungere alla rottura insanabile tra le due posizioni.

A guidare la ribellione, con conseguente richiesta di dimissioni rivolta alla Presidente di UPenn Elizabeth Magill e al presidente del Board of Trustees Scott Bok, è Marc Rowan, Presidente del board of advisors ma soprattutto co-fondatore e amministratore delegato di Apollo Global Management, uno dei principali gestori di asset alternativi globali con più di 500 miliardi di dollari in gestione e una penetrazione diffusa in tutti i mercati principali del pianeta. Apollo è peraltro molto presente anche in Italia avendo portato a termine operazioni molto significative nel campo delle assicurazioni, dell’immobiliare, dell’economia circolare e dei crediti in sofferenza.

Rowan imputa specialmente a Elizabeth Magill di essere priva di autorità morale, qualità che non deve mai venir meno nell’esercizio della leadership, anche per non aver espressamente preso posizione contro gli atti barbarici di quel giorno e, semmai, per aver pubblicato sui suoi social media delle istantanee che la ritraevano in momenti di svago. In altre parole, l’accusa che le viene rivolta è quella non di aver sostenuto in modo tacito o espresso le istanze antisemite quanto di non aver definito chiaramente i confini morali entro i quali può esercitarsi il diritto alla libera manifestazione del pensiero.

Il punto di non ritorno, in ogni caso, sembra essere stato raggiunto con la controrichiesta di dimissioni avanzata allo stesso Rowan e ad altri tre componenti del board di UPenn, ossia a quattro persone di origine ebraica.

Sullo sfondo della durissima polemica di Rowan, come puntualmente evidenziato da Andrew Ross Sorkin nel corso di un’intervista a CNBC, sta l’atteggiamento agnostico e silente di molti leaders in campo economico-finanziario rispetto a qualunque tema oggetto di dibattito pubblico soprattutto quando il contenuto dello stesso porta a una polarizzazione delle opinioni contrapposte. Il timore è di venire etichettati alternativamente come woke o anti-woke, con tutto ciò che ne consegue in termini di turbativa del corso ordinario del proprio business. Rowan e i suoi sostenitori si fanno quindi portatori di una visione secondo cui talvolta è necessario, senza sottrarsi alla contesa e pur rischiando mosse ritorsive, sostenere pubblicamente le proprie posizioni quando alti valori morali vengono coinvolti.

La disputa, nel frattempo allargatasi a molti altri atenei d’élite degli Stati Uniti come Harvard, sta lacerando le fucine della classe dirigente americana e non sembra trovare composizione nel breve termine, come dimostrato dal rifiuto di primari studi legali e società di investimento di Wall Street di assumere gli studenti firmatari di appelli pro Palestina ritenuti poco equilibrati e dallo stop alle donazioni multi-milionarie da cui le università dipendono per sostenere spese correnti e investimenti.

Il fatto che il massimo dell’acrimonia sia stato raggiunto proprio con riguardo all’antisemitismo, per giunta in corrispondenza di un evento tragico come quello del 7 ottobre, testimonia quindi di come il corto circuito tra etica e finanza in particolare negli Stati Uniti, già esacerbato dalla polemica attorno all’ESG, sia lungi dall’essere riparato e di come il corretto funzionamento dei mercati e del sistema economico-finanziario nel suo complesso sia destinato a risentirne ancora per qualche tempo.

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