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Nel mezzo di un’intensa fase di colloqui indiretti che potrebbero portare a un accordo informale con Teheran, l’inviato speciale dell’amministrazione Biden per l’Iran, Robert Malley, viene messo “in congedo” (momentaneamente?) dal suo incarico per un processo interno non ancora chiaro.

“Rob Malley è in congedo e Abram Paley sta svolgendo il ruolo di inviato speciale per l’Iran e guida il lavoro del Dipartimento in questo settore”, ha dichiarato il portavoce del dipartimento di Stato americano in un commento chiarificatore inviato via e-mail ai giornalisti, senza approfondire le ragioni e dopo aver detto (poco prima in conferenza stampa) che Malley era ancora al suo posto.

Intreccio di comunicazione 

L’annuncio di State è stato ufficializzato dopo che Iran International — un media critico del regime iraniano basato a Washington — aveva fatto uscire la notizia: l’inviato Malley è “sotto indagine” interna, Paley avrebbe già assunto nei giorni scorsi il ruolo di “acting” (facente funzione, perché la posizione di inviato deve passare lo scrutinio del Congresso). Nelle stesse ore, Malley ha dichiarato sempre via mail: “Sono stato informato che la mia autorizzazione di sicurezza è in fase di revisione. Non mi sono state fornite ulteriori informazioni, ma mi aspetto che l’indagine si risolva favorevolmente e presto. Nel frattempo, sono in congedo”. C’è quanto meno un giro di comunicazione pubblico singolare per circostanze come questa, su cui di solito si cerca di evitare esposizioni e dichiarazioni dirette, attraverso comunicati ufficiali che anticipano la stampa (e se Malley parla è forse perché sa che la situazione non si risolverà “favorevolmente”, all’opposto delle parole di circostanza).

Le voci si susseguono. Una fonte ha riferito alla Cnn che Malley è stato messo in congedo non retribuito giovedì pomeriggio. Perché? Cosa è successo? Semafor dà un indizio in più: l’inviato speciale sarebbe sotto inchiesta per “manipolazione errata” di documenti riservati. E come sarà recepito dagli interlocutori americani questa situazione? Malley, ex consigliere per il Medio Oriente nell’amministrazione Obama, ha guidato il lavoro dell’amministrazione Biden per ricomporre il Jcpoa — intesa che conosce nei singoli cavilli, avendo contribuito al ragionamento durante la sua stesura. Il Jcpoa è l’accordo del 2015 per limitare il programma nucleare iraniano, che con la decisione di uscire dell’amministrazione Trump è effettivamente andato in stallo.

Malley, questioni complesse

Alcuni detrattori di Malley lo hanno da sempre accusato di essere troppo morbido nei confronti del regime iraniano. Non è nuovo al coinvolgimento in circostanze complesse. Nel 2008, fu costretto a dimettersi dal suo ruolo di consigliere informale per la campagna presidenziale di Barack Obama dopo che erano emerse notizie di un suo incontro con membri di Hamas durante il suo incarico all’International Crisis Group. Il dipartimento di Stato considera il gruppo militante palestinese un’organizzazione terroristica.

E dunque, c’è qualcosa del genere dietro a questo congedo di Malley? L’inviato non è un funzionario qualunque, sia perché tratta un argomento delicatissimo per gli equilibri internazionali e per la politica estera statunitense, ma anche per i suoi rapporti personali — come l’amicizia decennale con Antony Blinken, il segretario di Stato, con cui erano compagni di classe a Parigi.

Complicazioni per Washington?

Quanto accade potrebbe potenzialmente complicare la diplomazia dell’amministrazione con Teheran sul programma nucleare e sui detenuti americani? Certamente arriva nel momento in cui si parla della possibilità che si trovi un’intesa per un “mini-accordo” con cui congelare momentaneamente l’arricchimento iraniano senza ricorrere a corpose ricomposizione del Jcpoa. Si parla di riduzione delle percentuali di arricchimento iraniane in cambio dell’accesso ai fondi congelati all’estero dalle sanzioni statunitensi. Le due parti sono anche vicine a un accordo per il rilascio di cittadini americani considerati ingiustamente detenuti in Iran.

I colloqui per ripristinare l’accordo nucleare — guidati da Malley — sono collassati l’estate scorsa proprio quando i funzionari pensavano di aver fatto un passo avanti, dopo quelle che i funzionari occidentali hanno definito nuove richieste iraniane che sembravano destinate a sabotare il processo. Tra le richieste dell’Iran c’è la garanzia che un futuro presidente degli Stati Uniti non rinnegherà di nuovo un accordo nucleare come ha fatto Trump; i funzionari di Biden dicono che è impossibile prometterlo.

Narrazioni e interessi

Malley era stato assente da un briefing di metà maggio sull’Iran per i membri del Congresso, ma i funzionari dell’amministrazione avevano lasciato intendere che fosse in congedo per motivi personali. Secondo la CNN, tutti gli ultimi contatti statunitense con l’Iran sono stati gestiti — attraverso l’Oman, che ha fatto da canale di collegamento per i negoziati sull’accordo nucleare anche nel 2015 — dal coordinatore per il Medio Oriente della Casa Bianca, Brett McGurk. Questo significa che non si perderebbe grip rispetto alla fase in corso?

Val la pena ricordare che l’amministrazione Biden insiste che non c’è alcun accordo formale sul tavolo. Alla domanda se Washington stia perseguendo un accordo informale con Teheran, il segretario di ha dichiarato mercoledì in conferenza stampa che “non c’è alcun accordo in vista, anche se continuiamo a essere disposti a esplorare percorsi diplomatici”.

Incomprensioni con Israele 

La vicenda di Malley si inquadra anche in un’altra fase di tensione internazionale per gli Stati Uniti: quella con Israele. Il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, avrebbe avuto una dura telefonata con il suo omologo israeliano la scorsa settimana, in cui ha espresso la preoccupazione che gli israeliani facciano trapelare informazioni alla stampa sui colloqui indiretti tra Stati Uniti e Iran. Le recenti notizie sulle evoluzioni diplomatiche irano-americane sono state confermate dall’Iran, ma non ufficialmente dall’amministrazione Biden, e hanno suscitato le critiche dei repubblicani del Congresso, che chiedono all’amministrazione Biden di chiedere la revisione parlamentare per qualsiasi accordo con l’Iran.

È possibile che nell’intento degli israeliani — da sempre molto critici con ogni genere di accomodamento con Teheran — ci sia proprio il tentativo di creare caos a Capitol Hill e mettere in difficoltà l’amministrazione Biden e i suoi piani. Tutto avviene mentre alla Casa Bianca si è creata profonda preoccupazione per le decisioni del governo israeliano in merito all’espansione degli insediamenti israeliani nella Cisgiordania occupata e agli attacchi violenti dei coloni israeliani contro i civili palestinesi. Il quadro della questione Malley è ampio e sensibilizzato. Possibile che nei prossimi giorni escano chiarimenti (probabilmente anonimi).

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