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In Cina sta succedendo quello che era, agli occhi dei più, inevitabile: è scoppiata la guerra tra i costruttori di auto elettriche. Tutta colpa di Byd, il colosso cinese della mobilità elettrica che ha spazzato via in un sol colpo dieci anni di concorrenza interna tra le case. E, soprattutto, messo a soqquadro l’intera industria automobilistica europea, arrivando a impattare persino su Tesla.

Il problema, ora, è però tutto del governo di Xi Jinping. Al quale è scoppiata tra le mani una bomba. Byd, forte dei generosi sussidi ricevuti dal partito negli anni, ha prima inondato il mercato di veicoli, ingolfando i concessionari e facendo sì che l’offerta superasse la domanda, provocando il crollo dei prezzi. Poi, come se non bastasse, ha tagliato con l’accetta i listini, aprendo la strada a una concorrenza, verso i suoi stessi competitori cinesi, che più sleale non poteva essere.

Il canovaccio è lo stesso usato in Europa: più veicoli, in proporzione, prodotti contro le ancora deboli linee di assemblaggio europee e a prezzi minori. Solo che stavolta c’è mezza industria automobilistica cinese in rivolta. Qualcosa di molto simile a una faida. Il primo costruttore a tentare di incornare Byd e le sue pratiche è stato, nel 2023, Great Wall Motor, accusando la casa di Shenzen di aver addirittura omesso certi dettagli circa le emissioni dei veicoli da essa prodotta. Ma è stato nel corso dell’ultimo China Chongqing Auto Forum 2025, uno dei saloni più importanti dell’Asia, che le tensioni sono esplose.

I dirigenti di aziende quali Geely (proprietaria della Volvo dal 2010) e per l’appunto Great Wall, hanno accusato pubblicamente Byd di giocare sporco. I costruttori se le sono date di santa ragione, con il direttore generale del branding e delle pubbliche relazioni di Byd, Li Yunfei, che ha da parte sua attaccato le case concorrenti, accusandole di ricorrere a “sporchi trucchi” e “campagne diffamatorie” e “tattiche subdole” volte a manipolare l’opinione pubblica. Yunfei ha addirittura definito i colleghi delle altre case come “stupidi e maliziosi” e ha chiesto alle autorità governative di intervenire contro quelle che ha descritto come campagne di disinformazione coordinate. Per tutta risposta, il vicepresidente senior di Geely Holding, Victor Yang, ha tacciato i vertici di Byd di ipocrisia e pubblicità ingannevole. “Non è forse il ladro che grida al ladro?”, ha replicato Yang.

Non è finita. Poche settimane prima del Forum dell’automotive, il numero uno di Great Wall, Wei Jianjun aveva lanciato l’allarme per una crisi incombente nel settore, paragonandola a una bomba a orologeria. E così pare essere. Solo che la bomba è scoppiata. Adesso la palla torna nelle mani di Pechino. Per i prossimi giorni il ministero dell’Industria cinese ha convocato un tavolo con tutti i costruttori, chiedendo nelle more ai medesimi di porre fine alle guerre dei prezzi. Basterà a fermare la rissa?

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