Skip to main content

In attesa che un qualche scienziato della politica o della mente umana pubblichi un poderoso saggio per spiegarne le ragioni, non resta che apprezzare il realismo degli amministratori locali e regionali a fronte della demagogia che spesso caratterizza la politica nazionale romana. Al Pd nazionale che, per non essere da meno dei grillini, fa dall’abolizione del reato di abuso di ufficio una questione morale, rispondono i sindaci dem ammettendo che quella fattispecie paralizza le amministrazioni e non per questo ne tutela la legalità. Così accade nel campo avverso sulla riforma del Mes.

Se non fosse tragica, la situazione sarebbe comica. E più l’epilogo della vicenda viene rinviato, più si fa concreto il rischio che una risata finale seppellirà il governo. Perché su una cosa nessuno ha dubbi: l’eccezionalità italiana, ovvero la stravaganza che fa di noi l’unico Paese dell’Eurozona a non aver ancora ratificato la riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), non potrà durare ed è ovvio che prima o poi lo ratificheremo. Ma farlo poi non è la stessa cosa che farlo prima. Ogni giorno che passa, infatti, aumenta la sfiducia dei mercati finanziari sull’affidabilità dell’Italia e questo ha un costo in termini di interessi sul debito pubblico. “Respingere la ratifica del Mes oggi significa mettere in gioco il prezzo dei titoli e il costo di rifinanziamento dello Stato”, ha scritto Federico Fubini sul Corriere. Ed è vero. È talmente vero che il governatore leghista dl Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga ha così minimizzato il problema: “Ratificare il Mes non vuol dire usarlo”. Fedriga è uomo concreto. Sa che, al pari di Meloni, il leader del suo partito Salvini continua a dire peste e corna del Mes, ma sa anche quanto la mancata ratifica sarebbe dannosa per l’interesse nazionale.

Non c’è dubbio che ratificandolo Giorgia Meloni perderebbe la faccia di fronte a quella quota del proprio elettorato che ha preso in parola l’euroscetticismo dispensato a piene mani negli anni trascorsi all’opposizione. E non c’è dubbio che se Salvini rifiutasse di votarlo ne avrebbe qualche beneficio alle elezioni europee del prossimo anno. Ma non è sulla demagogia che si disputa la gara tra Salvini e Meloni. La gara si disputa sull’affidabilità come leader responsabili e di governo. Giorgia Meloni ne ha dato prova sull’Ucraina, non le resta ora che darne prova sul Mes. E se proprio vuole bluffare, accetti il consiglio di Mario Monti e faccia votare contestualmente alla ratifica un ordine del giorno che impegni l’esecutivo a passare per un voto del Parlamento qualora intenda attivare il Meccanismo. È un’ovvietà, ma se serve ad allungare il brodo affinché tutti ne possano sorseggiare un po’ ben vengano le ovvietà. È quello che, più o meno esplicitamente, le suggeriscono di fare i governatori Fedriga, Zaia e Toti.

Il Mes e la gara di affidabilità tra Meloni e Salvini. Il corsivo di Cangini

In gioco c’è l’affidabilità come leader responsabili e di governo. Giorgia Meloni ne ha dato prova sull’Ucraina, non le resta ora che darne prova sul Mes. Il corsivo di Andrea Cangini

I fatti in Russia non avrebbero sorpreso Machiavelli. Bozzo spiega perché

Quandanche non agiscano per sete di denaro, i mercenari non sono affidabili perché prima o dopo si lasceranno carezzare dall’ambizione politica, si legge nel Principe. L’analisi di Luciano Bozzo, professore di Relazioni internazionali e studi strategici presso l’Università degli Studi di Firenze

La mossa Ue sulla sicurezza economica letta da Zecchini

L’Europa è molto vulnerabile al ricatto economico di grandi fornitori di beni essenziali come dei Paesi che rappresentano i maggiori sbocchi per i prodotti europei. Ecco le ragioni della nuova strategia secondo Salvatore Zecchini

Perché l'Italia (e Meloni) giocheranno da protagoniste alle Europee. Gli scenari di Reho

In Spagna il Partito popolare cercherà una saldatura con la destra di Vox. In Polonia il Pis ha come avversario i Po. La collaborazione tra Ppe ed Ecr nel 2024 presenta qualche incognita. L’Italia giocherà da protagonista anche grazie al lavoro di “moderazione” che sta conducendo il premier Giorgia Meloni. Conversazione con Federico Ottavio Reho, coordinatore della ricerca del Wilfried Martens Centre for European Studies di Bruxelles

Intelligence e guerra economica. La lezione del generale Mori

Di Mario Mori

Il nostro approccio nel sistema economico mondiale non deve essere solo difensivo. È auspicabile, se non indispensabile, assumere in questo ambito una mentalità e una funzione decisamente proattiva. La lezione del generale Mario Mori al seminario “Intelligence economica nell’era digitale” alla Luiss School of Government

Progozhin ferma le truppe alle porte di Mosca

Prigozhin ha annunciato che le sue truppe si ritireranno da Mosca e torneranno ai posti di combattimento. La decisone sarebbe avvenuta attraverso una mediazione condotta dall’autarca bielorusso, Alexander Lukashenko

Russia. La Cina glissa, la Turchia ci prova (con la mediazione), l’Iran amichevole

La Cina racconta la situazione in Russia attraverso la narrazione governativa. Pechino non si sbilancia, non ha interesse a farlo né dal punto di vista del rapporto con Mosca, né secondo gli interessi interni (stando al principio della non interferenza). Ma manda segnali chiari contro l’alterazione dello status quo

Fatti, conseguenze geopolitiche, strategiche e tattiche della controffensiva ucraina

Non si possono fare ancora previsioni attendibili sull’esito della controffensiva ucraina. Sicuramente il caos e la perdita di prestigio subiti da Putin e dal Cremlino a seguito della rivolta del Gruppo Wagner, la favoriranno non solo politicamente, ma anche militarmente… L’analisi del generale Carlo Jean

Quale contesto dietro alla ribellione di Prigozhin? Il commento del prof. Savino

Di Lorenzo Piccioli

Secondo l’accademico italiano, la ribellione portata avanti da Prigozhin è solo l’ultimo tassello di un più ampio processo di crisi interno alla Federazione Russa. Con delle conseguenze difficili da prevedere, sia sul lato della guerra in Ucraina che su quello del futuro di Mosca

Riforma degli 007 e ruolo del Parlamento. Scrive Elio Vito

Di una revisione, di modifiche, dopo 16 anni, della legge 124 del 2007 sull’intelligence si può certamente parlare ma con un dibattito pubblico, aperto, non riservato a pochi esperti. L’unico luogo che assicura tali caratteristiche è il Parlamento

×

Iscriviti alla newsletter