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“Tra Fini e Rutelli, se fossi a Roma il 5 dicembre voterei certamente per Fini. È un esponente politico che rappresenta bene i valori del blocco moderato nei quali credo: il libero mercato, la libera iniziativa, la libertà di impresa, insomma tutto ciò che va sotto il nome di liberismo. Come imprenditore, oggi vedo questi valori minacciati”.

Con queste parole, pronunciate a Casalecchio di Reno nel dicembre del 1993, Silvio Berlusconi segnava l’inizio di una nuova stagione della politica italiana, quella caratterizzata dal bipolarismo tra centrodestra e centrosinistra.

Una storia che si conclude a quasi trent’anni esatti da quelle importanti elezioni amministrative e dalla sua discesa in campo che avverrà nel gennaio del 1994.

Nel 1993 il Msi conquistava, da solo, diversi sindaci, Benevento, Latina, la rossa Cerignola e perdeva al ballottaggio a Roma con Gianfranco Fini e a Napoli con Alessandra Mussolini, raggiungendo importanti percentuali, ma da solo non poteva nemmeno lontanamente pensare di sconfiggere i progressisti.

Dopo Tangentopoli, infatti, era tutto pronto perché alle politiche del 1994 la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto trionfasse alle imminenti elezioni del 27-28 marzo.

Con Berlusconi la destra italiana, esclusa dalla possibilità di governare e vittima della conventio ad escludendum, trova, improvvisamente, un nuovo interlocutore che non la sdogana, come più volte erroneamente è stato detto, perché furono gli elettori a rendere la destra forte e credibile, ma la legittima come possibile forza di governo.

Pinuccio Tatarella, immediatamente, comprende che la discesa in campo di Berlusconi avrebbe cambiato lo schema politico in ottica bipolare e trasforma il Msi in Alleanza Nazionale, una destra alleabile e coalizzabile.

Nel 1994 Berlusconi, alleato con la Lega di Umberto Bossi al Nord e con l’Msi di Gianfranco Fini nel resto d’Italia, sovvertendo ogni pronostico, vince le elezioni.

Il 10 maggio riceve l’incarico di formare il governo dal presidente Oscar Luigi Scalfaro: nasce il primo governo di centrodestra in Italia, grazie a Silvio Berlusconi e Pinuccio Tatarella che, non a caso, saranno il Presidente del Consiglio e il vicepremier vicario della prima stagione di governo.

L’esperienza durerà poco: solo otto mesi. La Lega infatti decide di staccare la spina all’esecutivo anche sull’onda delle prime turbolenze giudiziarie che investiranno Berlusconi. È in quel momento che Pinuccio decide di dare vita alla rivista “Il Centrodestra” e con Roberto Maroni evita che la Lega finisca per essere parte integrante del centrosinistra.

Il centrodestra, senza Pinuccio scomparso nel ‘99, con Berlusconi vincerà le elezioni politiche nel 2001 e nel 2006 e se oggi governa con Giorgia Meloni è perché quella formula, immaginata da Tatarella e concretizzata da Berlusconi, è la grande eredità che hanno lasciato alla democrazia del nostro Paese.

Ricordo Berlusconi vicino a me ai funerali di mio zio a Bari vecchia sinceramente commosso e le sue parole in quel triste momento, per questo sono sinceramente addolorato.

La sua grandezza si misura nelle sue realizzazioni non solo in campo politico, ma anche in ambito imprenditoriale, sportivo ed editoriale: ha segnato un’epoca, lascia un grande vuoto difficilmente colmabile.

Per questo ha perfettamente ragione Seneca che in “Lettere a Lucilio” scriveva: “Non dobbiamo preoccuparci che la vita sia lunga, ma che sia piena: poiché una vita lunga dipende solo dal destino, ma dipende dalla volontà se la vita è piena. E, se è piena, la vita è anche lunga. Misuriamola non secondo la sua durata, ma secondo le opere che realizziamo”.

Berlusconi e Tatarella padri fondatori del centrodestra

Con Berlusconi la destra italiana, esclusa dalla possibilità di governare e vittima della conventio ad escludendum, trova, improvvisamente, un nuovo interlocutore che non la sdogana, come più volte erroneamente è stato detto, perché furono gli elettori a rendere la destra forte e credibile, ma la legittima come possibile forza di governo

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