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Palazzo Chigi comunica che “Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto oggi, al margine dei lavori del Vertice G20 di New Delhi, un incontro con il primo ministro della Repubblica Popolare Cinese, Li Qiang”. Era uno dei vari bilaterali previsti, con Li che è in India al posto del presidente cinese e segretario del Partito comunista Xi Jinping.

È stata la prima occasione di contatto diretto tra i due capi di governo, anche perché il premier cinese non è assiduo frequentatore di vertici internazionali e non cura in prima persona (e in prima battuta) le relazioni internazionali del suo Paese. Ma nel giro di pochi ha giorni ha dovuto presentare al vertice Asean e al G20 per colmare il vuoto lasciato dall’assenza (strategica?) del suo capo.

Il colloquio ha confermato la comune intenzione di consolidare e approfondire il dialogo tra Roma e Pechino sulle principali questioni bilaterali e internazionali, spiega il governo italiano. “Forti entrambe di una storia millenaria, Italia e Cina condividono un Partenariato Strategico Globale di cui il prossimo anno ricorrerà il ventesimo anniversario e che costituirà il faro per l’avanzamento dell’amicizia e della collaborazione tra le due Nazioni in ogni settore di comune interesse”, sottolinea Palazzo Chigi.

Il partenariato è stato firmato nel 2004 – c’era il governo Berlusconi II ai tempi – e da quell’anno fa da inquadramento per i rapporti diplomatici a sino-italiani. “In altre parole, l’estensione delle collaborazioni in atto non si limita al solo ambito strettamente bilaterale, sia esso politico, economico-commerciale o culturale, ma coinvolge anche la trattazione di tematiche globali, il rapporto Ue-Cina, le questioni multilaterali”, spiega la pagina dell’ambasciata italiana a Pechino sul sito della Farnesina.

Come afferma la stessa presidente del Consiglio, sarà quello il “faro” per amicizia e collaborazione: un’affermazione che forse sottintende che l’uscita italiana dall’adesione alla Belt & Road Initiative è forse già in moto. Non è chiaro se Li e Meloni abbiano parlato di questo argomento, che è il tema di fondo nelle attuali relazioni tra Cina e Italia, visto che a fine anno Roma sarà chiamata a confermare o meno l’MoU per l’adesione all’infrastruttura geopolitica di Pechino.

Di partenariato strategico avevano parlato anche i ministri degli Esteri Antonio Tajani e Wang Yi durante il recente incontro a Pechino. Con un bilancio non brillante della Bri, l’Italia potrebbe utilizzare l’intesa del 2004 come base delle relazioni, e orientarle soprattutto al quadro commerciale, dove nonostante le ambiziose promesse, la Via della Seta ha fallito. Relazioni, quelle sul commercio con la Cina, di cui anche altri attori transatlantica beneficiano, seppure esterni al progetto di collegamento Est-Ovest che doveva/dovrebbe fare da vettore geopolitico per la strategia di Xi Jinping.

L’Italia era l’unico Paese del G7 ad aver aderito alla Bri, mentre anche la Francia ha una “global partnership strategica” con Pechino, siglata anch’essa nel 2004; la Germania ha dal 2014 una “comprehensive strategic partnership”; il Regno Unito ha una “global comprehensive strategic partnership” dal 2015, siglata sotto l’ottica della narrazione cinese “win-win” durante la visita di Xi a Londra.

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