Skip to main content

Nella famosa lettera di Annalisa Savino, la dirigente scolastica che ha provocato l’incauta reazione del ministro Giuseppe Valditara, si afferma che “il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti.” Naturalmente si tratta di una sciocchezza, di un’interpretazione puramente strumentale. Costruita, cioè, solo per enfatizzare quanto era avvenuto davanti al liceo Michelangelo di Firenze.

Il fascismo non fu la conseguenza di una semplice scazzottata ai “bordi di un marciapiede”. Al contrario fu un fenomeno estremamente complesso, tragico nella sua dimensione e nella sua autodistruzione, e, per questo motivo, difficilmente replicabile. Alla base di tutto vi fu la carneficina della Grande guerra. Quell’”inutile strage”, come disse papa Benedetto XV, che non poteva rimanere senza conseguenze. E, infatti, tutti i Paesi belligeranti, chi più chi meno (ma soprattutto la Russia, la Germania e l’Italia), ne subirono i contraccolpi più rilevanti.

Nella Russia zarista, fu il trionfo di Lenin. Fino ad allora in minoranza nel gruppo dei bolscevichi, ne conquistò la leadership con la parola d’ordine “guerra alla guerra”. Che, sul piano dell’organizzazione politica portò alla rivendicazione di “tutto il potere ai soviet”, proprio al fine di trasformare una guerra di tipo imperialista in un processo rivoluzionario. All’indomani della conquista del potere, i bolscevichi, in coerenza con l’impegno assunto, negoziarono con gli Imperi centrali la pace di Brest-Litovsk. Una “pace vergognosa”, come disse lo stesso Lenin, ma necessaria. Che amputò di circa un terzo (perdita dei Paesi Baltici, Finlandia, Polonia, parte della Bielorussia, indipendenza dell’Ucraina) il vecchio impero russo. E che oggi Putin vorrebbe riconquistare.

In Italia la guerra aveva travolto i più vecchi equilibri politici. Lo stesso Benito Mussolini, che nel periodo giolittiano (1903-14), era stato un socialista massimalista, fino a divenire direttore dell’Avanti, aveva abbandonato il partito per divenire interventista. Un travaglio lungo e faticoso, che era iniziato nel 1914 con il suo editoriale, proprio sull’Avanti, dal titolo “Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante”. Mentre il partito socialista era ormai orientato a favore di Costantino Lazzari, che ne era il segretario, nonché il teorico della famosa formula “né aderire né sabotare”.

Alla fine della guerra, seguì poi la Conferenza di pace di Parigi, in cui l’Italia, benché tra coloro che avevano vinto la guerra, ebbe un ruolo marginale. Per carità nessun parallelismo con la situazione europea attuale. Da qui il mito della “vittoria mutilata” mentre nel 1920 esplodeva il “biennio rosso”. Il tentativo cioè di “fare come in Russia”. Solo un anno prima in Germania il fallimento della rivoluzione spartachista aveva portato all’uccisione di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. I principali esponenti del Partito Comunista di Germania.

Questi soli alcuni cenni delle immani tragedie di quel periodo. Che qualcuno vorrebbe cancellare con un tratto di penna. Come se da allora non fossero passati più di cento anni. Il fenomeno della violenza politica, che comunque esiste e va combattuto, richiede pertanto analisi specifiche per capirne la portata e neutralizzarne le spinte distruttive. Fascismo ed antifascismo c’entrano poco. Si tratta, nelle migliori delle ipotesi, di ultras della politica. Guidati ed orientati da “falsi maestri”, che, alimentando la faziosità, perseguono fini oscuri. Che poco hanno a che vedere con le stesse parole d’ordine di cui si riempiono la bocca.

A dimostrazione di questo teorema basta analizzare le conseguenze di quegli avvenimenti. La successiva manifestazione di Firenze ha dato vita ad un confuso rassemblement di tutta la sinistra italiana. In cui i principali leader – Schlein, Conte e Landini – hanno compiuto i primi passi, nella ricerca di un possibile accordo non rivolto al futuro, ma nel ricordo di un lontano passato. Durante il corteo, la stessa dirigente scolastica, autrice della lettera, si è pavoneggiata dietro un cartello in cui si leggeva: “io non sono indifferente”. Concetto già espresso nella sua missiva, tratto da uno famoso articolo di Antonio Gramsci, per “La città futura” e su cui vale la pena soffermarsi.

L’articolo, ma l’intera rivista in cui lo stesso fu pubblicato, era rivolto essenzialmente ai giovani socialisti, per spronarli ad agire. L’articolo è dell’11 febbraio del 1917. Sullo sfondo le drammatiche vicende della situazione russa, che porterà di lì a poco alla “rivoluzione di febbraio” che provocò l’abdicazione dell’imperatore Nicola II, la fine della dinastia dei Romanov, dell’Impero russo e dell’autocrazia. Un passaggio intermedio, prima della rivoluzione d’ottobre che porterà al trionfo del comunismo.

Ebbene Gramsci, nel suo articolo non condanna solo l’indifferenza. Subito dopo aggiunge: “Credo che vivere voglia dire essere partigiani”. Che allora significava essere compartecipi delle sorti del movimento operaio, in un momento in cui la storia dell’umanità era in procinto di subire un cambiamento radicale. Segnato non solo dalle vicende della rivoluzione russa ed il diffondersi del leninismo, ma dall’entrata in guerra degli Stati Uniti e quindi dalla successiva sconfitta degli Imperi centrali. Con tutto quello che quella svolta avrebbe comportato.

Può essere ancora oggi la “partigianeria” il richiamo per le più giovani leve? Francamente ne dubitiamo. Questo concetto è intimamente legato al senso di una militanza che fu caratteristica esclusiva del “secolo breve”. Che oggi non può rivivere, senza far correre il rischio di riprodurre, come negli “anni di piombo”, quei lutti e quelle tragedie che hanno insanguinato il Paese. Ecco perché aver cercato di eccitare gli animi è sbagliato. Di fronte a qualsiasi episodio di violenza, la risposta deve essere quella di una gelida condanna. Senza alcun infiocchettamento con aulici riferimenti ad una storia che, dopo il tempo di Gramsci, si è risolta in quel drammatico fallimento, che molti “partigiani” non riescono ancora a vedere.

Gli scontri di Firenze e il mito del fascismo. La riflessione di Polillo

Di fronte a qualsiasi episodio di violenza, la risposta deve essere quella di una gelida condanna. Senza alcun infiocchettamento con aulici riferimenti a una storia che, dopo il tempo di Gramsci, si è risolta in quel drammatico fallimento, che molti “partigiani” non riescono ancora a vedere. Il commento di Gianfranco Polillo

Come salvaguardare l'idea di pace in Ucraina. Scrive Bonanni

La ricerca della pace va condotta nella consapevolezza della complessità di cui tener conto per ottenerla, diversamente, alle colombe che innalziamo nel cielo delle nostre democrazie, ben presto si sostituiranno i corvi di culture politiche che negano la libertà. Il commento di Raffaele Bonanni

Stop alle estradizioni verso la Cina. Terzi (FdI) in pressing sul governo

Interrogazione ai ministri Tajani e Nordio per sospendere il trattato bilaterale e muoversi di concerto con i Paesi Ue. L’atto del senatore arriva dopo una sentenza storica della Corte di Cassazione

La proposta di legge per vietare TikTok negli Stati Uniti

Un gruppo di senatori bipartisan ha presentato un progetto di legge per dare potere al presidente di bandire l’app cinese. Nel mirino anche le piattaforme di Russia, Iran, Corea del Nord, Venezuela e Cuba

Perché ora è necessaria un'assemblea costituente. Il commento di Reina

Esistono sul tavolo diverse proposte come presidenzialismo, autonomie differenziate, monocameralismo, regionalismo, municipalismo, senza dire che resta prepotentemente in piedi una seria riforma elettorale. L’attuale Parlamento ha la possibilità di portare a termine questo importante lavoro, visti i gravosi impegni legislativi? Si suppone di no, neppure con una commissione bicamerale, per cui la strada maestra non potrà che essere una assemblea costituente, eletta con sistema proporzionale puro. Il commento di Raffaele Reina

Playground-Il patto del silenzio, neorealismo alla Montessori

Il belga “Playground” (“Il patto del silenzio”, 2023) di Laura Wandel racconta magistralmente il bullismo alle elementari in uno stile da asciutto documentario travestito da forte denuncia poetica. Un film che diventerà un classico proiettato nelle scuole di tutto il mondo. La recensione del critico e preside Eusebio Ciccotti

Il Consiglio dei ministri si può non fare a Roma?

Come è possibile che giovedì il prossimo Consiglio dei ministri si terrà nella sala comunale di Cutro? In verità nessuna legge o decreto impone che il Consiglio si tenga a Palazzo Chigi e nemmeno che si tenga a Roma. Anzi nella storia della Repubblica italiana è soltanto dal 1961 che il governo ha sede a Palazzo Chigi. Lo spiega a Formiche.net Alfonso Celotto

Non solo difesa e Ucraina. Asse Roma-Amsterdam anche sull'Africa

L’obiettivo comune è quello di implementare la collaborazione in settori dove l’Italia può dare le carte, come l’industria della difesa, soprattutto alla luce della situazione internazionale attuale che vede nella guerra in Ucraina uno spartiacque storico. Sullo sfondo un viaggio comune in Africa

Trasformazione digitale, la chiave per la transizione

Di Stefania Asti e Luca Lo Presti

Le soluzioni digitali che sfruttano AI, IoT e blockchain possono sostenere in modo significativo la transizione energetica, garantendo infrastrutture e reti più resilienti. L’intervento di Stefania Asti, Ibm Sustainability Software Sales Leader Italia e Luca Lo Presti, Executive Partner Energy & Utilities Ibm

Dalle munizioni ai carri armati. Il punto dei ministri della Difesa a Stoccolma

La priorità rimane il sostegno a Kiev. Dall’ipotesi di un’economia di guerra all’urgenza di mobilitare le scorte esistenti, fino alla volontà di aumentare la capacità di produrre in Europa potenziando così il comparto industriale della Difesa. Questi e molti altri i temi al centro della riunione informale dei ministri della Difesa dell’Unione europea di Stoccolma

×

Iscriviti alla newsletter