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“Il G7 sembra essere diventato il luogo per eccellenza dove si discutono questione legate alla sicurezza economica. Il comunicato su sicurezza economica e resilienza economica adottato ne è la riprova”, spiega Francesca Ghiretti, analista del Mercator Institute for China Studies (Merics) di Berlino, a Formiche.net.

Che cosa dobbiamo aspettarci in futuro?

Se da una lato il rischio di base è quello di adottare un format eccessivamente esclusivo, dall’altro a Hiroshima sono stati invitati diversi altri attori che non appartengono al G7, indicando desiderio e necessità di espandere tale discussione, sebbene l’espansione stessa sia selettiva. Per ora siamo ancora in una sorta di fase costituente della missione di sicurezza economica del gruppo, ma è sicuramente da osservare con attenzione.

Il de-risking (cioè riduzione del rischio) è un concetto lanciato da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, durante un discorso al Merics. Ora il G7, e dunque anche gli Stati Uniti che inizialmente parlavano di decoupling (cioè disaccoppiamento), ha utilizzato questa espressione nel documento finale del summit. Ma come declinarlo?

Declinare il de-risking è una sfida enorme ed estremamente difficile soprattutto in assenza di una valutazione basata su dati e una solida metodologia sui rischi che esistono e nei confronti di chi. Sebbene resti dell’idea che de-risking sia un concetto e un approccio valido e intelligente, dovrebbe essere declinato partendo da una valutazione granulare dei rischi, da una seguente decisione riguardante quali di questi abbiano priorità e infine da una valutazione di quali misure e politiche possano meglio ridurre i rischi identificati. Senza questo processo, non stiamo davvero facendo de-risking.

Questo approccio può aprire a nuovi mercati, nel Sud globale per esempio?

L’approccio di de-risking associato al mercato cinese incentiva la presenza delle compagnie in altri mercati, esempio classico è quello del Vietnam, e allo stesso tempo da vita a nuovi metodi di ingaggio bilaterale e minilaterale, dal Consiglio per la Tecnologia e il Commercio lanciato tra Ue e India al Forum per l’Indo-Pacifico lanciato agli Stati Uniti. Ma se questi porteranno a reale de-risking, ripeto, dipende dalla logica che la presenza in questi mercati seguirà.

I passi avanti del G7 sul tema della coercizione potrebbero aiutare l’Italia sul tema della Via della Seta, davanti ai timori che la Cina possa reagire duramente a un mancato rinnovo?

Sul tema della coercizione economica è stato fatto un passo in avanti con l’annuncio della creazione di una piattaforma per la coordinazione sulla coercizione economica. L’obiettivo di questo nuovo meccanismo di coordinazione è di fare una valutazione collettiva degli eventuali episodi coercitivi, essere preparati quando questi episodi emergono e fungere da deterrente. Nel caso italiano, per esempio, mettere a disposizione di Roma un ulteriore canale di comunicazione con i partner del G7 per rispondere in maniera coordinata e solidale a eventuali misure coercitive che Pechino potrebbe imporre se l’Italia non rinnovasse il memorandum d’intesa. È anche vero che però questa piattaforma non obbliga nessuno dei partner ad aiutare gli altri né a rispondere in maniera coordinata. Perciò, per quanto sia uno sviluppo ben accolto, in ultima istanza saranno i partner a decidere se e in quale misura aiutare Paesi in difficoltà.

L’Italia, la Via della Seta e il G7 contro il bullismo di Xi. Parla Ghiretti (Merics)

“Sul tema della coercizione economica è stato fatto un passo in avanti con l’annuncio della creazione di una piattaforma per la coordinazione sulla coercizione economica”, spiega l’analista. Per Roma è un ulteriore canale di comunicazione con i partner in vista della decisione sul memorandum

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