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Una tela di Penelope, frastagliata, complessa e segnata da passi in avanti e da dubbi, di merito ma non di metodo. Lo sforzo diplomatico orchestrato da Ue e Usa, cementato dall’accordo di Ocrida dello scorso marzo, nato per ridurre l’opa della Russia, si specchia in un contesto fra i più instabili d’Europa. Da un lato i leader dei due Paesi hanno concordato di cooperare per localizzare centinaia di persone ancora disperse dalla guerra del 1998-99, dall’altro c’è il pessimismo di Josep Borrell secondo cui c’è il potenziale per portare all’escalation e per minare l’attuazione dell’accordo.

Progressi

Il dialogo tra Serbia e Kosovo si fonda sull’esigenza di integrare le comunità serbe all’interno del Kosovo, al momento in stand by: il Kosovo settentrionale, dove risiedono tali comunità, resta permeato da altissime tensioni anche per via dell’attuazione di un’Associazione dei comuni serbi (Asm). L’Ue si è posta l’obiettivo di costruire un Kosovo sicuro e stabile.

Il passo in avanti fatto registrare negli ultimi giorni si ritrova alla voce dispersi: i due Paesi hanno concordato di cooperare per localizzare i luoghi di sepoltura della guerra del Kosovo. Sul tavolo i nomi di circa 1.600 persone ancora disperse, a fronte di almeno 13 mila vittime, per la maggioranza di etnia albanese. La questione della mancata localizzazione dei dispersi ha rappresentato in passato un punto critico nelle relazioni bilaterali, per cui questo passo in avanti nella totalità della contesa politica rappresenta un elemento di interesse. Inoltre sono state scoperte di recente alcune fosse comuni, e per questa ragione Pristina accusa Belgrado di aver ignorato i crimini ad esse connessi.

L’intesa è stata raggiunta dal primo ministro del Kosovo Albin Kurti e dal presidente serbo Aleksandar Vučić in occasione dell’ultimo meeting a Bruxelles, alla presenza del commissario Ue per gli affari esteri, Josep Borrell. Il tutto segue la decisione dell’Unione di dare il via libera ai cittadini del Kosovo per viaggiare liberamente in Europa, senza visto, a partire dal prossimo anno.

Tensioni

Borrell ha affermato di aver espresso “grave preoccupazione per la situazione nel nord del Kosovo” dopo le elezioni “con un’affluenza molto bassa, che hanno il potenziale per portare all’escalation e per minare l’attuazione dell’accordo”. Si augura che ciò non accada, ma è un grosso rischio, ha spiegato. Per questa ragione prosegue nella sua azione di pressione su entrambe le parti a trovare una soluzione che consenta ai serbi del Kosovo di rafforzarsi e tornare alle istituzioni che hanno lasciato nel novembre dello scorso anno, nella convinzione che qualsiasi ulteriore escalation potrebbe “minare” l’attuazione dell’accordo.

Distanza permane sul tema del modello per l’associazione dei comuni, ma l’accordo non si è trovato sulla condizione posta dai serbi per partecipare alle istituzioni del Kosovo. Le loro opinioni erano “abbastanza diverse sulla natura dell’associazione”, ha detto Borrell, aggiungendo che le parti hanno concordato di avviare i negoziati “nel prossimo futuro”. Per cui mentre da un lato Kosovo e Serbia hanno raggiunto l’accordo per normalizzare i rapporti, (dove l’Italia ha già un ruolo oggettivo), dall’altro resta come una spada di Damocle la forma che dovrà assumere il quadro delle disposizioni connesse.

La cronaca però offre un assist alle tensioni: giorni fa un agente di sicurezza kosovaro fuori servizio ha sparato contro due serbi, uno dei quali un minorenne. Dopo l’accaduto centinaia di persone sono scese in piazza per chiedere maggiore sicurezza per l’etnia serba che vive in Kosovo.

Progressi e passi indietro nei rapporti tra Serbia e Kosovo

Verranno localizzati i 1600 dispersi dopo la guerra del 1999. La cronaca offre un assist alle tensioni: giorni fa un agente di sicurezza kosovaro fuori servizio ha sparato contro due serbi, uno dei quali minorenne

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