Cooperazione energetica (anche sul nucleare), ricerca e tecnologia, geopolitica. La visita in India di Sheikh Khaled bin Zayed, crown prince di Abu Dhabi, continua “l’attività di interconnessione indo-mediterranea tra gli Emirati e New Delhi, nodi cruciali di un concetto geostrategico (l’Indo Mediterraneo, appunto) le cui evoluzioni sono visibili”, come scrive Cnky, pensatoio specializzato sull’Indo Mediterraneo. Da Imec alla “collana di perle”, fino alla trasformazione di alcuni porti meridionali del Subcontinente in un hub energetici per il Sud-est asiatico, i temi sul tavolo tra emiratini e indiani sono tanti e di estremo valore geopolitico.
L’energia nel rapporto
L’accordo di cooperazione nel settore nucleare civile firmato in questi giorni rappresenta un ulteriore passo significativo nelle relazioni, aprendo la strada per una cooperazione in ambiti come la ricerca, lo sviluppo, l’uso pacifico dell’energia nucleare, la formazione e lo scambio di esperienze e tecnologie. Ma di più, comporta il definitivo ingresso indiano in un settore di concorrenza internazionale in cui Cina e Russia hanno già mosso passi importanti. E dunque New Delhi, più prossimo al modello occidentale, diventa un attore meno problematico soprattutto agli occhi di chi (Usa e Ue) vedono il nucleare nel Golfo come un primo, rischioso passo verso l’avanzamento di ambizioni militari atomiche — anche nell’ottica di un Iran che continua nell’implementazione del suo programma. Non a caso, Abu Dhabi aveva già scelto partner sudcoreani per il lancio del programma nell’impianto di Barakah — ma Mosca non ha mai nascosto il desiderio di cercare proprie opportunità.
Gli Emirati, ricchi di risorse petrolifere, stanno diversificando il loro mix energetico per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. L’energia nucleare civile è vista come una componente strategica per garantire sicurezza energetica interna a lungo termine. L’India ha una storica esperienza nello sviluppo di tecnologie nucleari per scopi pacifici, con un programma consolidato che punta a espandere la propria capacità di generazione. Sul lungo periodo tali sviluppi potrebbero produrre anche maggiore capacità di esportazione delle risorse fossili emiratine, magari da veicolare, via India, al Global South asiatico.
L’intesa è un reale win-win. Non solo riguardo alla questione tecnica, ma a livello politico. La sicurezza energetica diventa vettore di capacità di proiezione politica internazionale. L’India usa ricerca e tecnologia per proporsi come attore di riferimento verso quel mondo in rapidissimo sviluppo, il Golfo, crocevia di una tecnologizzazione spinta e di sviluppi geoeconomici che segnano le rotte della nuova globalizzazione. Progetti di cui gli Emirati intendono essere parte, vista le peculiarità sviluppate dalle proprie aziende nel settore della logistica portuale, per esempio. La presenza in India dell’erede al trono di Abu Dhabi manda anche un segnale di continuità futuribile degli interessi del momento.
Italia, IndoMed
“Uae-India is here to stay”, dice una fonte emiratina, usando nel fornire background sullo stato delle cose una locuzione tipica inglese che significa che qualcosa è destinato a rimanere, ossia a diventare una parte permanente, duratura della realtà. Frase calzante: l’innovazione geostrategica indo-mediterranea è un fenomeno, non solo una moda passeggera, con un impatto stabile e duraturo nel tempo. Ed è su queste dinamiche che l’Italia dovrà ragionare — visti anche gli ottimi rapporti con Emirati e India — per veicolare la propria proiezione indo-mediterranea.
“L’Italia, non solo geograficamente ma anche politicamente parlando, è pronta per essere il Paese leader nell’attuazione di Imec”, scrivono Kaush Arha, Giulio Terzi di Sant’Agata, Francesco Maria Talò in un pezzo sul primo anno dal lancio dell’Imec. “Considerando le elezioni parlamentari europee e francesi appena concluse, e le elezioni americane e tedesche all’orizzonte, è di fatto l’unica nazione che può offrire, anche nell’ottica dell’Alleanza Atlantica, una stabilità istituzionale e politica su Imec. L’Italia potrebbe impegnarsi con le nuove amministrazioni europee e statunitensi a garantire che Imec diventi una priorità assoluta nei rispettivi obiettivi geostrategici”.
Nel cercare certi obiettivi, India e Golfo sono due punti di riferimento. Anche perché mentre l’erede bin Zayed, figlio del presidente emiratino Mohammed bin Zayed, era a New Delhi, il ministro degli Esteri indiano, S. Jaishankar, si imbarcava per un viaggio di sei giorni che prima di Germania e Svizzera faceva una tappa ancora più importante in Arabia Saudita. Nella crescente centralità economica e geoeconomica del Golfo, l’India cerca di porsi come polo di riferimento nel sistema internazionale multipolare che si sta definendo e che quegli stessi Paesi del Golfo considerano come dimensione funzionale per i propri interessi.
India e Cina
È anche una dimensione di confronto con Pechino, che sposta più avanti le delicatissime dinamiche di scontro al confine conteso, di cui lo stesso Jaishankar parlerà con Wang Yi, capo della diplomazia del Partito/Stato, durante la prossima riunione ministeriale dei Brics. È in gioco la capacità dei giganti asiatici di attrarre partner oltre la propria diretta sfera di influenza.
Non è un caso infatti se sul Global Times (media con cui Pechino diffonde in inglese linee e posizioni strategiche), sia apparso un articolo critico con l’atteggiamento del ministro indiano, accusato di essere portatore — per conto del governo Modi, a cui appartiene da due mandati e di cui è uno degli elementi più simbolici — di tentativi di “dipingere la Cina come un ‘alieno’ nella comunità internazionale” e di promuovere una “alleanza anti-Cina”, sostenendo la “teoria della minaccia cinese”.
L’articolo era firmato da un analista di nome Wang Daming, di cui non è possibile verificare il background: probabilmente un “utile-analista”, vettore di pensieri interni ad alcune componenti della leadership cinese. Pensieri però che forse non era il momento di condividere, visto che il pezzo è stato messo rapidamente off-line. E dunque mandando un ulteriore messaggio sulla volontà di evitare giochi a somma zero, anche perché certi Paesi, per esempio proprio quelli del Golfo, come non li accettano nel dualismo Cina-Usa, allo stesso modo vogliono evitarli nel caso India-Cina.