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In occasione della quinta edizione del Festival Hypermaremma, con un progetto di pianificazione e progettazione pluriennale, Giuseppe Ducrot ha realizzato un grandioso Fontanile in ceramica inaugurato il primo luglio, presso la strada di Macchiatonda a Capalbio.

L’opera lunga 15 metri e alta 4 metri e mezzo e prodotta dall’Associazione in collaborazione con Terre di Sacra, è ospitata nella loro tenuta che è stata fondata nel 1922 e che da oltre 100 anni si occupa della ristrutturazione e conservazione con l’obiettivo di proteggere il territorio maremmano, contribuendo a istituire l’Oasi del Lago di Burano, prima Riserva Naturale del WWF in Italia.

Per la realizzazione del Fontanile e della cromia gialla, Ducrot si è affidato all’iconica Bottega Gatti di Faenza, eccellenza della maiolica in tutto il mondo che dal 1928 si distingue per un’assidua ricerca di tecniche e di linguaggi innovativi ed una produzione ricchissima di opere uniche. Nonostante la terribile alluvione che lo scorso maggio ha colpito l’Emilia-Romagna, Bottega Gatti è riuscita a concludere la produzione delle ceramiche destinate al Fontanile con tempestività, rimandando di una sola settimana la realizzazione dell’opera.

L’opera è il risultato di uno studio che Giuseppe Ducrot porta avanti da anni, in cui indaga soluzioni tecniche e formali che danno forma a interventi caratterizzati da contrasti cromatici in dialogo con lo spazio fisico circostante. Per la prima volta, infatti, l’artista realizza una scultura monumentale che non dipende da una relazione con il contesto architettonico, ma bensì che “basta a sé stessa”, come lui stesso afferma, in quanto opera assoluta. Partendo dalla struttura preesistente di un abbeveratoio degli anni ‘30 del secolo scorso originariamente destinato alle vacche maremmane e recentemente ristrutturato da Terre di Sacra, Ducrot reinterpreta le forme per dare vita a un’architettura a sé stante inserita nel paesaggio incontaminato che la circonda.

CHI È L’ARTISTA

Classe 1966, Giuseppe Ducrot dopo un periodo allo studio di Giovanni Colacicchi, negli anni ’90 frequenta lo studio di Vito Cipolla dove entra in contatto con la scultura, mezzo espressivo che poi esplorerà con molteplici tecniche.

La sintesi di cultura, concettuale e provocazione di Ducrot è culminata con il busto di Marco Aurelio giovane del 1996 per la facciata del Museo Borghese e con l’Erma di Ninfa per Piazza Capo di Ferro, a Roma. Due anni dopo realizza due cornucopie e un vaso bacchico per lo scalone d’onore del Museo Borghese e, nel 1999, intraprende la sua prima commissione religiosa privata: un busto-reliquiario in bronzo di San Filippo Neri per la Basilica romana di San Giovanni Battista dei Fiorentini.

Per il Giubileo del 2000, Ducrot avvia un progetto per il Duomo di Norcia e una serie di pastelli per il film di Marco Tullio Giordana “I cento passi”. Il percorso artistico di Ducrot ha una svolta nel 2003, con la commissione del Comune di Cassino del monumento a San Benedetto. Nel 2005 gli viene commissionata una statua di San Giovanni Battista per la Basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma; nel 2006 realizza un busto commemorativo di Ettore Majorana e nel 2009 riceve la commissione della statua in marmo di S. Annibale Maria Di Francia per la basilica di S. Pietro in Vaticano.

Ducrot si unisce ad altri protagonisti della scena artistica italiana contemporanea nel restauro della Cattedrale di Noto, preludio alla partecipazione alla cinquantaquattresima Biennale di Venezia. Nel 2013 papa Benedetto XVI nomina Ducrot accademico della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Nel 2015 realizza la mostra personale “Giuseppe Ducrot Scultore” al Macro Testaccio, Roma, curata da Achille Bonito Oliva, nello stesso anno ha realizzato una fontana in ceramica per l’Hotel Le Sirenuse, Positano; nel 2022 motivi architettonici e decorazioni esterne in ceramica, per l’albergo Vermelho-Melides, in Portogallo, oltre al ritratto in marmo di Luigi Rovati per la fondazione Rovati a Milano.

TESTO CRITICO DI MASSIMO MININNI

Vivere: nel vivere non c’è alcuna felicità. Vivere: portare il proprio io dolente per il mondo. Ma essere, essere è felicità. Essere: trasformarsi in una fontana, in una vasca di pietra, nella quale l’universo cade come una tiepida pioggia. (Milan Kundera)

In tutta la Maremma, l’allevamento del bestiame è stato, e lo è tutt’ora, di fondamentale importanza nell’economia rurale locale. Dove non ci sono fuoriuscite spontanee di acqua, utili per abbeverare il bestiame, si dovevano costruire riserve idriche alternative. Per questo nel territorio della bassa Toscana, già dai tempi della sua bonifica, sono stati realizzati fontanili o risorgive.

È su questa tipologia-architettonica, situata in “Terre di Sacra” a Capalbio, in località Strada di Macchiatonda, che l’artista Giuseppe Ducrot (Roma 1966) ha deciso di intervenire, pensando a una rimodellazione della struttura del fontanile, rivestendola interamente con bassorilievi e sculture in ceramica invetriata dalla colorazione gialla. Giuseppe Ducrot è un artista complesso. Inizialmente si dedica al disegno a pastello e alla pittura ed esegue ritratti dei commilitoni conosciuti durante il servizio militare. Nei ritratti, dagli sfondi neutri e senza ambientazione, l’artista riesce a cogliere, oltre alle somiglianti caratteristiche somatiche, anche una forte carica espressiva e psicologica. L’interesse per la scultura matura solamente più tardi, nella sperimentazione plastica di alcuni busti di imperatori e santi. Il busto diventa quasi un’ossessione per lo scultore, che continua infatti la sua ricerca realizzando diverse opere nello stesso genere, passando dalle prime versioni, realistiche e ispirate all’arte classica greco-romana, a quelle più recenti, nelle quali la rappresentazione in chiave metaforica e concettuale richiama piuttosto le forme post-barocche e settecentesche.

“…Sicuramente Ducrot attraversa il Cinquecento, epoca che si manifesta proprio nella ripresa del modello classico, là dove vale l’imperativo neoplatonico della materia a togliere, ma per stabilire la sua preferenza verso il Settecento, in un luogo di passaggio dal “furor” creativo all’industriosità. È così che nella materia stessa della sua opera, che sia marmo o oro, terracotta o bronzo risuona l’interrogante elaborarsi della forma. Un corpo a corpo sensibile, ma non emotivo, perché ordito da un vigile sistema combinatorio, virtù del compimento e passione del dettaglio…” (Achille Bonito Oliva, Scultura imperatore, in Sculture 1992 – 1994, catalogo della mostra, Galleria Carlo Virgilio, Roma 1995).

Ducrot sperimenta varie materie – marmo, argilla, cera, bronzo – dimostrando una sensibilità e una padronanza della tecnica straordinarie e ottenendo apprezzabili riconoscimenti critici e importanti commissioni, sia pubbliche che private, per fontane, chiese, palazzi, monumenti. In questi mesi ha completato un’importante intervento architettonico-scultoreo per l’albergo Vermelho di Melides, in Portogallo. Le sculture, pensate appositamente per quest’occasione, sono state realizzate con la collaborazione di maestri ceramisti faentini della Bottega Gatti. A causa della catastrofica alluvione di metà maggio, artigiani e artista hanno sfidato tutte le avversità del caso pur di portare a termine il compimento del monumentale gruppo scultoreo.

Il lavoro che Giuseppe Ducrot ha progettato per il fontanile è una contaminazione di stili e richiami al “classico”, termine che definisce perlopiù artisti che si rifanno alla cultura artistica greco romana, ma nel caso di Ducrot assume un significato completamente diverso. Il richiamo al classico, per l’artista, definisce infatti una delle principali costanti della sua arte e della sua ricerca poetica, capace di intraprendere viaggi nel passato che ripercorrono, analizzano e studiano le diverse correnti artistiche nei molteplici periodi storici. L’artista ne prende in considerazione le forme, il modellato, i dettagli e le particolarità espressive, per poi riproporle in una fisionomia completamente nuova e innovativa che, pur mantenendo vivo il rapporto con le fonti, evidenzia una forte, penetrante e coinvolgente sperimentazione.

In questo caso, per il fontanile, l’artista vede e studia il Settecento, in particolare le decorazioni scultoree che adornano i fontanili nei latifondi nobiliari del Lazio, territorio confinante con la Maremma, all’epoca terra paludosa e di malaria. Il grandioso gruppo scultoreo che Ducrot elabora ha tratti di delicatezza, di grazia e luminosità; le edicole, le volute angolari, gli ornati, i coronamenti a timpano, i pilastri, i pennacchi e i grandi vasi sono sculture ricche di contaminazioni e suggestioni.

Motivi dalle linee sinuose, con una giustapposizione di allargamento e restringimento dei campi visivi: una profusione cioè di dettagli stilistici, e tutta una serie di tecniche utilizzate per meravigliare l’osservatore. Bruno Mantura, nella presentazione della mostra Partito Preso, alla Galleria Nazionale D’Arte Moderna di Roma nel 1995, spiega così la capacità tecnica dell’artista: “… Ducrot è animato da una impellente curiosità e nutre uno straordinario entusiasmo per i problemi tecnici connessi con la realizzazione di un manufatto artistico. Ci comunica infatti che questa sua impresa di scultore consiste soprattutto nel piacere di riscolpire immagini ipercollaudate – sono parole sue – come appunto quelle dell’iconografia imperiale, calarsi all’interno di esse e provarsi a rifare un’immagine in bronzo od in marmo con le proprie mani …”.

Le sue sono forme modellate con tratti sfuggenti e gesti sicuri. Segni che creano un dialogo di continuità con l’ambiente circostante. Obiettivo di fondo di questo lavoro è la registrazione oggettiva della luce che colpisce il modellato, restituendoci una accentuazione della luminosità e dei suoi giochi di ombre che ci fanno cogliere l’intima essenza della materia plasmata, trasformata in passione ed energia. Ducrot ci consegna tutta la tensione di cui è capace. Le suggestioni dall’antico creano dei rimandi incrociati, mettendo in atto una strategia caratterizzata anche qui dal dialogo, dal confronto e dalla contaminazione tra i diversi periodi della storia dell’arte. Altri elementi molto importanti per Giuseppe Ducrot sono del resto la tradizione manuale e l’interazione plastica che la materia sprigiona. La sua è una manualità che riesce a coniugare in maniera esemplare sensorialità e concettualismo, istaurando un dialogo con la contemporaneità. Il progetto del fontanile è infine una narrazione suggestiva dell’arte come strumento in grado di evocare e riconoscere mondi interiori dominati dall’immaginazione e inseriti in un ambiente che è già di per sé magico.

Terre di Sacra, Capalbio
Coordinate: 42.4100246, 11.3449461

In collaborazione con Terre di Sacra.
Un ringraziamento a Mapei e Terenzi.
Courtesy Studio Geddes Franchetti.
Con il patrocinio di Rai Toscana.

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