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Uno degli aspetti più politici del viaggio a Londra del presidente del consiglio Giorgia Meloni riguarda, inevitabilmente, anche il ruolo del Regno Unito: non soltanto storico ponte verso l’Atlantico, ma anche verso quell’Europa politica da cui ha scelto di distaccarsi nel giugno 2016 con il referendum. In quel pertugio ha preso forma, nel corso degli ultimi anni, il ruolo dell’Italia, anche grazie all’azione portata avanti nell’ambito del conservatorismo europeo pre e post-Brexit da Raffaele Fitto (prima a Bruxelles come eurodeputato e ora da Roma come ministro). Un ragionamento che, gioco forza, va legato alla scadenza elettorale europea del 2024 ma prima alle mosse della famiglia del centrodestra, visto che si voterà in Grecia il 21 maggio e in Spagna a fine anno, in attesa del meeting Ecr di Sofia.

Ecr ponte

Come scritto da Martin Steven nel volume “The European Conservatives and Reformists: Politics, Parties and Policies”, (Manchester University Press, 2020), le attività del gruppo Ecr al Parlamento europeo vanno lette come un pezzo della storia che investe il rapporto tra Regno Unito e Ue, ma anche come una delle maggiori iniziative di alleanze tra il partito conservatore britannico e partiti parzialmente affini nell’Europa centrale e orientale. Queste alleanze sono state stabilite, secondo l’autore, con l’obiettivo di raggiungere una voce comune alla destra dell’euroemiciclo invocando una riforma della stessa Ue.

In questo contesto va fatto un passo indietro, dal momento che la Brexit ha posto una serie di quesiti sul futuro dell’Unione europea senza uno dei suoi più grandi (ma al contempo più euroscettici) Stati membri. L’Ecr non solo è parte attiva di una maggiore rappresentanza eurocritica nel Parlamento europeo, ma può offrire in prospettiva lo spunto per un processo riformatore in senso stretto, che sia tarato sui dossier maggiormente attuali e delicati, come il rapporto con la Cina, l’invasione dell’Ucraina, il dossier migranti e il patto di stabilità.

Atlantismo

Venendo all’oggi, la posizione atlantista si ritrova anche nelle parole del presidente dell’Ecr, Ryszard Legutko, che più volte ha sottolineato come il gruppo “rimarrà al fianco dell’Ucraina fino alla sconfitta della Russia e oltre. L’Unione europea deve garantire che l’Ucraina esca vittoriosa da questa guerra e che la Russia paghi il prezzo per non essere più in grado o disposta a ripetere un atto così spaventoso”. Linea seguita dal partito finlandese di destra, l’ultimo in ordine di tempo a far ingresso tra i conservatori europei, quando ha osservato che l’invasione russa dell’Ucraina ha segnato “la fine di un’era nella storia europea”, sottolineando “la sfida posta al mondo occidentale democratico dai Paesi autoritari, in particolare da Cina e Russia”.

Non sfuggirà che l’adesione finnica se da un lato conferma la spinta meloniana in seno alla nuova Ue, anche grazie al lavorìo di Fitto, Fidanza e Procaccini, dall’altro è prodromica di scenari del tutto diversi rispetto al passato, anche per via del voto in Finlandia, Bulgaria e in attesa di quello in Francia, Grecia e Spagna.

Scenari

Si sta coagulando una possibile alleanza politica per una Commissione politica, diversa nel merito e nel metodo dalla maggioranza Ursula, in cui la densità strategica di Ecr potrebbe essere determinante, sia in termini di voti da ottenere alle elezioni europee del prossimo anno che di peso politico degli stessi (con Giorgia Meloni perno). Temi che saranno al centro dal 12 al 14 maggio del “Fine settimana della cultura europea” del partito Ecr in programma a Sofia, con l’obiettivo di offrire spunti e visioni sulle ultime tendenze del pensiero conservatore, alla presenza di membri del Parlamento europeo, titolari di ruoli di alto livello nei partiti conservatori europei, accademici, esperti internazionali.

@FDepalo

 

 

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