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In attesa di un allargamento, magari chissà all’Arabia Saudita come auspicato dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, gli Accordi di Abramo si espandono. A due anni e mezzo dall’intesa che ha portato alla normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Israele e alcuni Paesi arabi ai settori al centro della cooperazione si aggiunge anche la cybersecurity. Merito di anni di lavoro delle diplomazie e dei funzionari di Israele ed Emirati Arabi Uniti. Un mese e mezzo fa, grazie proprio a questi due governi, i vertici della cybersicurezza di Israele, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Marocco si erano riuniti in Bahrein (Paese che spesso opera anche per conto dell’Arabia Saudita) per affrontare il tema del cosiddetto Cyber Iron Dome. Era stata la prima volta di una riunione del genere con coinvolti assieme i quattro.

Nelle scorse ore Rob Silvers, sottosegretario per la strategia del dipartimento per la Sicurezza interna degli Stati Uniti, ha annunciato al Washington Post questo ulteriore passo in avanti che si basa sulla collaborazione informatica esistente tra Stati Uniti, Israele ed Emirati Arabi Uniti e includerà anche Bahrein e Marocco. “Ci incontreremo come gruppo per capire come approfondire il nostro lavoro sulla difesa informatica”, ha detto Silvers. “I nostri Paesi devono affrontare sfide informatiche comuni – ovviamente, siamo tutti alle prese con la criminalità informatica, i ransomware e così via”.

I Paesi coinvolti condividono diversi obiettivi ma anche – e soprattutto – una minaccia: l’Iran. “Affrontiamo minacce comuni. Insieme costruiremo una difesa di rete contro gli attacchi degli Stati nazionali alle infrastrutture critiche, il ransomware e altro ancora”, ha scritto su Twitter Silvers, impegnato al CyberTech Tel Aviv 2023, evento nella città israeliana che rappresenta una delle più importanti occasioni di confronto e incontro del settore.

L’anno scorso, l’Fbi ha rivelato di aver sventato un attacco informatico nel 2021 contro la rete di un ospedale pediatrico di Boston. Christopher Wray, direttore dell’Fbi, ha puntato il dito contro hacker sostenuti da Teheran. “L’Iran è un attore pericoloso e destabilizzante in tutta la regione”, ha dichiarato Silvers al Washington Post. “Abbiamo visto i loro attacchi a obiettivi statunitensi e a obiettivi in tutto il Medio Oriente”.

Anche in questo caso, l’amministrazione Biden guarda al Medio Oriente con prudenza sui diritti umani. Basti pensare al noto caso dello spyware Pegasus, prodotto dalla società israeliana NSO Group e inserito nella black list del dipartimento del Commercio degli Stati Uniti nel 2021. Silvers ha sottolineato la condanna da parte dell’amministrazione dell’uso illegale di spyware. “Questa amministrazione ha sempre condannato l’uso di spyware e sanzionato gli sviluppatori di spyware per aver violato i diritti umani e la libertà di espressione, e siamo sinceri con i nostri partner quando abbiamo delle preoccupazioni”, ha dichiarato. “Detto questo, esiste una lunga storia di cooperazione in materia di difesa e sicurezza tra gli Stati Uniti e i partner della regione, ed è importante lavorare insieme contro le minacce informatiche comuni alle infrastrutture critiche”, ha aggiunto.

(Official White House Photo by Shealah Craighead)

Gli Accordi di Abramo si estendono alla cybersecurity

“Affrontiamo minacce comuni”, cioè l’Iran, e “insieme costruiremo una difesa di rete contro gli attacchi degli Stati nazionali alle infrastrutture critiche, il ransomware e altro ancora”, ha dichiarato il funzionario americano Silvers. Intanto Israele aspetta l’Arabia Saudita

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