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L’ultima mossa della Federal Reserve, prima che cali il sipario sull’era di Joe Biden e si apra, per la seconda volta, quella di Donald Trump. A sei giorni dal quarto taglio al costo del denaro da parte della Banca centrale europea, ora la spesa per i depositi è al 3%, anche la principale e più importante istituzione monetaria del mondo è pronta a dare un altro colpo di manovella ai tassi, ora che l’inflazione negli Stati Uniti è sotto controllo. Proprio per la gioia del prossimo inquilino della Casa Bianca, che ha sempre fatto dell’allentamento monetario una delle sue battaglie. Tanto da entrare, nel corso della prima amministrazione, più volte in collisione con il numero uno della Fed, Jerome Powell.

E ora tocca proprio a quel Powell alzare il velo sul tasso di interessi Usa nell’ultimo meeting dell’anno. Il responso è in calendario il 18 dicembre. In quell’occasione, mercato e analisti mettono in conto il terzo taglio di fila, il secondo di 25 punti base, dopo un primo taglio da mezzo punto percentuale. I tassi passerebbero così dall’intervallo 4,50%-4,75% al nuovo range 4,25%-4,50%. Questo per una ragione precisa: idati economici degli Stati Uniti, a cominciare proprio dal costo della vita, sono rimasti relativamente positivi dall’ultima riunione della Fed a novembre.

Domanda: quale sarà l’approccio della Banca centrale americana con il ritorno di Trump. Gli economisti, hanno pochi dubbi: la Fed avrà un approccio più cauto sui tassi, per paura che le politiche del prossimo presidente statunitense possano far salire l’inflazione. La quasi certa nuova ondata di dazi, infatti, impatterà sul costo delle merci in entrata negli Usa.

Secondo la maggior parte degli esperti i tassi saranno al 3,5% o più alti, alla fine del 2025, mentre a settembre erano convinti che sarebbero stati portati sotto tale soglia. Una cosa è certa, Trump non cercherà di rimuovere il presidente della Fed, il cui mandato scade nel maggio 2026. Lo ha ha rivelato lo stesso presidente eletto nel corso di un’intervista a Nbc News, pochi giorni fa. Quando gli è stato chiesto, infatti, se intendesse sostituire anzitempo il numero uno della Federal Reserve, ha risposto: “Non lo farò”.

Ma l’anno si chiuderà poi con una generale sforbiciata al costo del denaro. Dopo la Federal Rserve, sarà la volta delle banche centrali di Giappone (19 dicembre) e Cina (20 dicembre). In Asia potrebbero essere annunciati ribassi a Pechino, ma non a Tokyo, dove è probabile una scelta di tassi invariati per nuovi rialzi con il nuovo anno.  Diverso il caso della Thailandia, dove invece si dovrebbero lasciare i tassi invariati. Neppure in Australia si esclude di poter ridurre i tassi.

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