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Tutto pronto per il China Development Forum (Cdf) 2023, che si svolgerà nella sede della Diaoyutai State Guesthouse di Pechino dal 25 al 27 marzo. Il tema di questa edizione sarà “Ripresa economica: opportunità e cooperazione”, e l’organizzazione spera di mettere in rilievo le opportunità nel mercato cinese, la stabilizzazione delle filiere industriali globali e la transizione verde.

Il forum, molto simile a quello di Davos, ha una lista di invitati riservata, e l’elenco completo non è disponibile. Tuttavia, si sa che parteciperanno oltre 100 delegati stranieri, tra cui dirigenti di importanti multinazionali, ricercatori e rappresentanti di organizzazioni internazionali.

Quest’anno, dopo lo stop per la pandemia Covid-19, parteciperanno l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, l’investitore Ray Dalio, l’amministratore delegato di BHP Mike Henry, il presidente globale di PwC Bob Moritz, il capo di HSBC Noel Quinn e altri manager americani, secondo quanto scrive il Financial Times.

Si attende l’arrivo di molti rappresentanti del governo cinese, come ad esempio Li Qiang, numero due di Xi Jinping e primo ministro; Liu Jin, presidente della Banca di Cina e Zhao Dong, presidente della petrolifera statale cinese Sinopec.

Mark Warner, senatore americano, ha dichiarato che le società di private equity americane sono più attente alle preoccupazioni del Congresso: “Abbiamo fatto 40 tavole rotonde con amministratori delegati, e ormai hanno capito che il rischio di crisi a Taiwan è concreto”.

Per Francis Bassolino, managing partner di Alaris Consultancy a Shanghai, gli americani non diserteranno il forum, “ma probabilmente faranno tutto il possibile per rimanere in secondo piano e lontani dai riflettori”. Saranno comunque tutti più cauti sull’implicazioni politiche che comporta partecipare al Cdf.

Dale Buckner, amministratore delegato di Global Guardian, una società di consulenza per la sicurezza, sostiene che l’invasione russa dell’Ucraina ha generato “conversazioni più concrete” sul disaccoppiamento con la Cina, ma ha aggiunto di non essere a conoscenza di società che abbiano già deciso di lasciare il Paese, secondo il Financial Times.

Intanto, alla vigilia del summit le autorità cinesi hanno fatto irruzione nell’ufficio della società americana Mintz Group, arrestando cinque dipendenti dell’ufficio di Pechino, tutti cittadini cinesi.

La società ha dichiarato all’agenzia Reuters che non sono stati ricevuto avvisi legali in merito al caso, per cui è stato richiesto il rilascio dei dipendenti. Mintz Group si è detto pronto a collaborare con le autorità per “risolvere qualsiasi malinteso che possa aver portato a questi eventi”.

Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese, ha detto di non essere a conoscenza del caso, mentre l’ufficio di pubblica sicurezza di Pechino non ha risposto a una richiesta di commento da parte di Reuters.

L’ufficio di Pechino di Mintz Group è l’unico nella Cina continentale. Mintz Group ha 18 uffici in tutto il mondo e centinaia di dipendenti. L’arresto sarebbe un segnale piuttosto notevole del governo cinese con cui mettere in chiaro che non accetterà attività di controllo sui partner cinesi o sull’ambiente imprenditoriale.

Parte la Davos cinese, tra qualche defezione e arresti rumorosi

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