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Nella notte tra il 29 e il 30 Maggio il quartiere moscovita di Cheremuski, situato nella periferia sud-occidentale della città, è stato oggetto di un attacco condotto da alcuni droni al momento non meglio identificati.

Le autorità russe hanno confermato l’attacco, affermando che tutti i droni sono stati neutralizzati e che i danni si limitano al danneggiamento di alcuni edifici. Il sindaco di Mosca, Sergey Sobyanin, ha affermato che “due persone hanno richiesto assistenza medica, ma sono state soccorse immediatamente dal personale presente sul posto. Non c’è stato nessun ricovero in ospedale”.

Il numero di droni impiegati nell’attacco non è ancora chiaro. Secondo il ministero della Difesa della Federazione Russa il numero totale di apparecchi coinvolti ammonta a otto, aggiungendo che “tre di questi sono stati neutralizzati tramite strumenti di guerra elettronica, facendo perdere loro il controllo e deviandoli dall’obiettivo originario, mentre i restanti cinque sono stati abbattuti grazie all’impiego dei sistemi di difesa missilistica a corto raggio Pantsir-S”. Media vicini al Cremlino parlano invece di cifre molto più alte, che si aggirano intorno alle trenta unità.

Le autorità della Federazione Russa hanno accusato l’Ucraina di essere l’esecutore di questo “attacco terroristico”. La risposta del governo ucraino è arrivata tramite Mykahilo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky, che ha negato un coinvolgimento diretto delle Forze Armate di Kyiv, aggiungendo però che “l’Ucraina ha osservato con piacere lo svolgersi degli eventi, e aveva già previsto un aumento degli attacchi”.

Questo attacco è il primo che bersaglia direttamente una zona residenziale della capitale Russa, mentre altre zone della Federazione sono state più soggette a simili operazioni. Un evento simile si era verificato meno di un mese fa, quando due droni avevano tentato un’incursione atta a colpire il Cremlino. Anche in quel caso, le autorità ucraine avevano negato ogni coinvolgimento.

In entrambi i casi, i danni fisici riportati sono stati pressoché nulli. Ma il vero obiettivo di simili attacchi non è la distruzione di obiettivi rilevanti, quanto il danneggiamento del “fronte interno”: tali azioni hanno una forte ripercussione sul morale della popolazione civile (ma anche dei soldati impegnati al fronte), che percepisce una minore capacità del proprio governo di difendere la loro incolumità. Facendo così decrescere non solo il supporto all’Operazione Militare Speciale, ma anche al regime putiniano stesso. Viceversa, il morale ucraino godrà di un effetto diametralmente opposto: in questo modo si dimostra che anche i nemici della Russia (non specificatamente le Forze Armate ucraine, visto che esse negano almeno apparentemente ogni tipo di coinvolgimento) possono arrivare a colpire obiettivi tanto remoti quanto importanti senza però ‘macchiarsi’ del sangue di vittime civili, al contrario dei loro avversari che continuano a bersagliare la popolazione civile nel tentativo di piegare la loro determinazione.

Con l’avvicinarsi dell’imminente controffensiva ucraina, simili dinamiche assumono una rilevanza sempre maggiore per indebolire la compattezza dello schieramento nemico. E per cercare di avvicinare il più possibile la fine di questo sanguinoso conflitto.

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