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Vendere petrolio al Paese più popoloso del mondo quando si ha lo scacchiere occidentale sotto embargo, può essere un ottimo colpo. Specialmente se, si parla della Russia, si combatte una guerra e si ha un bisogno disperato di liquidità. Niente da fare, Mosca rischia seriamente di perdere l’India, che da mesi compra petrolio a prezzi scontati dal Cremlino. Colpa di quelle saldature monetarie che l’ex Urss ha allestito in fretta e furia da quando hanno cominciato a piovere le sanzioni: asset congelati, gas rispedito al mittente e banche strozzate.

Mosca ci ha provato con la Cina, accettando pagamenti in yuan in cambio di petrolio. E con l’India, che da poco ha superato il Dragone per numero di abitanti. Ma qualcosa si è inceppato e adesso la Russia rischia di perdere una fonte preziosa di denaro. Questo perché sono stati sospesi gli sforzi intrapresi dai due Paesi per regolare il commercio bilaterale in rupie: il Cremlino ha deciso di smettere (temporaneamente) di accettare pagamenti in rupie, la moneta indiana, in cambio di petrolio.

Se così fosse, si tratterebbe di una grave battuta d’arresto per le entrate russe, ma anche per la stessa India, che non può certo permettersi di rimanere a secco di oro nero. Una tegola destinata a diventare ancora più pesante qualora il black out monetario si estendesse alla vendita di armi, visto che Nuova Delhi ha ancora un legame molto forte con Mosca sulle forniture militari. Perché tutto questo? Pare che la Russia non si senta a suo agio a detenere rupie e voglia essere pagata in yuan cinesi o in altre valute. “Non vogliamo più spingere il regolamento in rupie, quel meccanismo non funziona. L’India ha fatto tutto il possibile per cercare di farlo funzionare, ma non è servito”, ha dichiarato una terza fonte direttamente a conoscenza degli sviluppi.

Non è certo un mistero il tentativo dell’India di byapassare il dollaro. Il Paese, infatti, ha da tempo iniziato a marcare una terza via anche in altri settori finanziari e in particolare nel campo delle valute, cercando di slegarsi per quanto possibile dalla valuta americana, attraverso accordi bilaterali con i paesi con i quali ha intense relazioni commerciali.

È di marzo 2023 la notizia che anche la Tanzania, che ha intensi traffici commerciali con l’India, ha aderito a un sistema di cambio diretto utilizzando la rupia indiana quale unità di conto, così aggiungendosi a una serie di Paesi tra i quali vi sono Singapore, Germania, Egitto, Uganda, Israele, Nuova Zelanda, Regno Unito e, ancor prima degli altri, la Russia. Almeno fino ad oggi. Se Nuova Delhi non volesse pagare il petrolio in yuan? Qualcuno rimarrebbe a secco, o di liquidi o di petrolio.

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