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A volte anche le pause sono produttive. È quanto accaduto alla missione characterising exoplanet satellite (Cheops) dell’Agenzia spaziale europea (Esa) che, durante una pausa dall’osservazione di pianeti intorno ad altre stelle, è riuscita a dare un contributo decisivo alla scoperta di un denso anello di materiale intorno a un pianeta nano nel nostro Sistema solare, Quaoar. La presenza di un anello a una distanza pari a quasi sette volte e mezzo il raggio di Quaoar, apre agli astronomi un vero e proprio mistero da risolvere: perché questo materiale non si è coagulato in una piccola luna?

Il pianeta nano

Come spiega una nota diffusa dall’Esa, Quaoar fa parte di un insieme di piccoli mondi lontani noti come “oggetti trans-nettuniani” (Tno), di cui se conoscono ad oggi circa tremila nello spazio. Essi si trovano nella parte più esterna del sistema solare, oltre l’orbita del pianeta Nettuno, è il più conosciuto è Plutone. Il loro studio è considerato difficile proprio a causa delle loro piccole dimensioni e delle enormi distanze. Lo stesso Quaoar infatti orbita intorno al Sole a una distanza pari a circa 44 volte quella tra la Terra e il Sole.

L’anello e l’occultazione

L’anello è stato scoperto grazie a numerose osservazioni effettuate tra il 2018 e il 2021, grazie al telescopio Cheops e ad altri situati a terra. Gli astronomi hanno osservato il pianeta nano attraversare una serie di stelle lontane, bloccando brevemente la loro luce al suo passaggio: si tratta di un fenomeno noto come “occultazione”. Le occultazioni possono rivelarsi degli strumenti preziosi ma è solo negli ultimi anni che è diventato più semplice prevedere quando e dove si verificheranno. Affinché un’occultazione si verifichi, l’allineamento tra l’oggetto occultante (in questo caso il Tno), la stella e il telescopio di osservazione deve essere estremamente preciso. Vista la difficoltà del verificarsi di tale allineamento è stato creato il progetto Lucky star dell’European research council, coordinato da Bruno Sicardy, dell’Università della Sorbona e Osservatorio di Parigi, con l’obiettivo di prevedere le prossime occultazioni di Tno e coordinare così l’osservazione di tali eventi. L’osservazione della caduta della luce della stella occultata fornisce infatti informazioni sulle dimensioni e sulla forma dell’oggetto occultato, oltre a poter rivelare se l’oggetto in questione abbia un’atmosfera. In questo caso le osservazioni prima e dopo l’occultazione principale hanno rivelato la presenza di materiale in orbita attorno a Quaoar. In realtà, quando si parla di anelli, si sa che è il gigante Saturno ad avere il primato. L’anello di Quaoar è ampiamente più piccolo di quello di Saturno, ma rappresenta una scoperta interessante.

Una scoperta intrigante

Addentrandoci nel tecnico, come recita la nota dell’Esa, ogni oggetto celeste con un campo gravitazionale apprezzabile avrà un limite entro il quale un oggetto celeste in avvicinamento sarà trascinato in pezzi: il limite di Roche. “Quindi, ciò che è così intrigante di questa scoperta intorno a Quaoar è che l’anello di materiale è molto più lontano del limite di Roche”, ha spiegato Giovanni Bruno, dell’Osservatorio astrofisico di Catania dell’ Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), Italia. Un mistero, quindi, che l’anello non si sia coalizzato in pochi decenni in una piccola luna. “A seguito delle nostre osservazioni, la nozione classica secondo cui gli anelli densi sopravvivono solo all’interno del limite di Roche di un corpo planetario deve essere profondamente rivista”, ha continuato Bruno. Le prime supposizioni vedono responsabili di questa anomalia le temperature rigide del nano pianeta, ma bisognerà attendere per vedere gli sviluppi della ricerca. Nelle osservazioni che hanno portato a tale scoperta, Cheops ha giocato un ruolo-chiave.

Cheops e il contributo di Leonardo

Lanciato nel dicembre 2019, Cheops è il satellite dell’Esa per la caratterizzazione degli esopianeti. Si tratta della prima missione dedicata allo studio di stelle luminose e vicine che sono già note per ospitare esopianeti, e mira a effettuare osservazioni di alta precisione delle dimensioni del pianeta mentre passa davanti alla sua stella ospite. I potenti “occhi” del satellite sono stati progettati e costruiti dall’italiana Leonardo. Il telescopio, su commissione dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), è infatti stato progettato e costruito nello stabilimento di Leonardo a Campi Bisenzio (Firenze), dove ingegneri, fisici e tecnici specializzati hanno realizzato lo strumento secondo i requisiti definiti dai ricercatori Inaf di Padova e Catania, in collaborazione con l’Università di Berna.

(Immagine: ESA)

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