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Dopo la vittoria nelle elezioni federali canadesi, a Mark Carney, sessantenne leader del Partito liberale che ha preso il posto di Justin Trudeau, sono immediatamente arrivate le congratulazioni di Anthony Albanese, primo ministro australiano, che ha auspicato una “duratura amicizia” tra le due nazioni. Quelle di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che ha fatto riferimento alla volontà di promuovere assieme “il multilateralismo” e “il commercio libero ed equo”. Quelle dell’ex presidente americano Joe Biden, che l’ha definito “un leader forte per i valori e gli interessi fondamentali che canadesi e americani condividono”. “Il nostro rapporto di collaborazione si basa su una storia e su valori comuni, uniti dalla condivisione di un sovrano”, ha dichiarato il primo ministro britannico Sir Keir Starmer.

Ex governatore della Bank of Canada durante la crisi finanziaria del 2008 e della Bank of England nel periodo turbolento della Brexit, Carney, sembra aver convinto gli elettori con il suo profilo di tecnocrate esperto e rassicurante. La sua rapida discesa in campo è stata annunciata il 16 gennaio scorso, quattro giorni prima del secondo insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. E proprio le mire del nuovo presidente americano sul Canada hanno trainato la sua campagna per le primarie nel partito prima e quella elettorale poi. Parlando ai suoi sostenitori a Ottawa dopo la vittoria, Carney ha affermato che il suo Paese non dovrà mai dimenticare il “tradimento” americano. “Il nostro vecchio rapporto con gli Stati Uniti è finito”, ha detto, perché “il presidente Trump sta cercando di spezzarci per possederci”, ha dichiarato, invitando il Paese a unirsi nei “difficili mesi a venire che richiederanno sacrifici”.

Infatti, la campagna elettorale si è svolta all’ombra delle minacce e delle tariffe imposte da Trump, che aveva ripetutamente ventilato l’ipotesi di “annessione” del Canada e introdotto dazi sui prodotti automobilistici e non solo. Molti canadesi hanno interpretato il voto come un voto di fiducia nella capacità di Carney di difendere la sovranità nazionale e i legami commerciali con l’alleato statunitense, ritenuto sempre meno affidabile.

I liberali potrebbero non raggiungere la maggioranza assoluta in Parlamento. In caso di minoranza, Carney dovrà cercare intese con i partiti minori, in particolare con il Nuovo partito democratico e il Bloc Québécois, per garantire la governabilità. Tra le priorità della sua agenda spiccano la rinegoziazione dei rapporti commerciali nordamericani, la diversificazione dei partner internazionali e la gestione delle tensioni interne legate ai costi di vita e allo sviluppo energetico nelle diverse province.

Pierre Poilievre, leader del partito conservatore canadese e favoritissimo prima della discesa in campo di Carney, ha ammesso la sconfitta alle elezioni di ieri e ha promesso di lavorare con il governo liberale per contrastare la guerra commerciale e le minacce di annessione di Trump. “Metteremo sempre il Canada al primo posto”, ha detto Poilievre ai sostenitori nella capitale canadese. “I conservatori lavoreranno con il primo ministro e tutte le parti con l’obiettivo comune di difendere gli interessi del Canada e ottenere un nuovo accordo commerciale che lasci alle spalle questi dazi per proteggere la nostra sovranità”, ha assicurato.

Poilievre, fino a pochi mesi fa in vantaggio nei sondaggi per oltre 20 punti percentuali, non è riuscito a capitalizzare gli errori iniziali dei liberali né a distanziarsi abbastanza dal modello populista di Trump. Il suo messaggio “Canada First”, con richiami a tagli alle tasse e all’amministrazione pubblica, ha perso slancio man mano che la campagna si è concentrata soprattutto sulla difesa delle relazioni con gli Stati Uniti. Per i conservatori è la terza sconfitta federale consecutiva.

Tutte le sfide (da Trump e non solo) di Carney, nuovo premier canadese

L’ex governatore di due grandi banche centrali ha conquistato la guida del governo canadese in un’elezione dominata dalle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Sconfitta l’offerta populista del conservatore Poilievre che ha assicurato sostegno: “Metteremo sempre il Canada al primo posto”

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