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Ci sono alcuni tabù della sinistra che nessuno fino a oggi ha avuto il coraggio di smantellare. Il più importante riguarda la pace e la non violenza. È grave che quasi nessuno ricordi un dato di realtà. Da 70 anni non ci sono state guerre tra Stati democratici né in Europa né nel mondo. Ciò significa che le libertà civili, la divisione dei poteri, lo stato di diritto e la democrazia politica servono a prevenire violenza e conflitti armati. Il paradosso è che questa grande virtù della democrazia è ignorata da una parte della sinistra pacifista. Al contrario, essa tende ad adottare due pesi e due misure.

Quando nel 2003 gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq, la sinistra pacifista ha protestato (giustamente) nelle piazze di tutte le città europee e i balconi si sono riempiti di bandiere arcobaleno. Quando la Russia, invece, ha invaso l’Ucraina il movimento pacifista non ha organizzato una mobilitazione paragonabile né per ampiezza né per durata. Come se non bastasse alcuni dei loro leader hanno incolpato la Nato, legittimando le bugie di Vladimir Putin e le sue campagne di disinformazione. Anche papa Francesco, pur ribadendo l’importanza primaria di lavorare per la pace, ha valorizzato l’amor di patria con cui il popolo ucraino combatte per la libertà e l’indipendenza del proprio Paese. Il diritto di difendere la propria libertà (a livello internazionale e interno) è fondamentale e per la sinistra dovrebbe essere un tratto genetico del proprio Dna. Purtroppo non è cosi, perché i pregiudizi verso la Nato e gli Stati Uniti sono duri a morire.

Il mondo è cambiato in peggio negli ultimi dieci anni perché nuove minacce autoritarie si sono profilate all’orizzonte. All’inizio del millennio nessuno aveva previsto i processi di restaurazione autoritaria che si sono progressivamente consolidati a Mosca e Pechino.

C’è una domanda che tutti dovremmo porci. Perché Finlandia e Svezia (Paesi che per decenni hanno rivendicato con orgoglio la propria neutralità) vogliono entrare il prima possibile nell’Alleanza Atlantica?

La sinistra deve dire cosa pensa di Russia e Cina e non deve temere di disturbare il manovratore. Non si può ignorare la rilevanza degli interessi geoeconomici e geopolitici, ma tutto ha un limite. Perché la sinistra italiana ed europea non si mobilita in massa per difendere le donne iraniane, gli studiosi e gli attivisti di Memorial nella Federazione Russa, gli studenti universitari di Hong Kong, gli operai di Shanghai, gli uiguri nello Xinjiang? Oggi è di moda affermare che la sinistra deve fare la sinistra. Fare la sinistra significa stare con Memorial o con Gazprom? Sostenere i ragazzi di Hong Kong o accodarsi alla Via della Seta?

Il trasformismo di Giuseppe Conte, coniugato alla cultura nostalgica di Goffredo Bettini e di Massimo D’Alema, ripropone una area di matrice catto-comunista che ha fatto il suo tempo. Sul fronte opposto, Carlo Calenda e Matteo Renzi con il Terzo Polo cercano di ricreare un centro moderato capace di interloquire con la destra conservatrice di Giorgia Meloni. In questo scenario e rispetto alle forze reazionarie e della conservazione oggi in campo è necessario costruire una “nuova sinistra delle libertà”.

Come?

Prima di tutto occorre riprendere la fondamentale distinzione tra “libertà da” e “libertà di” efficacemente richiamata da Norberto Bobbio. La sinistra delle libertà deve combattere contro i tanti rischi e le tante paure che attanagliano il mondo, rivendicando libertà dalle carestie, dalla povertà, dalle pandemie, dai guasti del cambiamento climatico, dalla sorveglianza tecnologica di massa. E al tempo stesso deve riaccendere i riflettori sulle discriminazioni e sulle repressioni violente che insanguinano i tanti regimi autoritari e semi-autoritari che oggi dominano il mondo, facendosi paladina delle libertà civili e dei diritti sociali per tutti e per ognuno. La sinistra delle libertà deve prendere finalmente atto del fallimento delle presuntuose ricette neoliberiste (fallimento riconosciuto perfino dal fondatore di Google) e aprire un nuovo orizzonte in cui la politica torni centrale.

Siamo consapevoli che quanto scriviamo appartiene alla dimensione del dover essere, ma serve una nuova bussola ideale per non restare prigionieri del passato. Ci auguriamo che gli imminenti congressi del Partito democratico e di Più Europa – in nome di una nuova sinistra delle libertà – possano consentire ai rispettivi partiti di riprendere il ruolo culturale e politico che hanno avuto nelle democrazie del Novecento. I partiti hanno.perso da tempo la capacità di rispondere ai bisogni concreti e alle domande ideali. La sfida dei congressi sarà quella di offrire nuovamente ai giovani lo stimolo a rivalutare l’importanza cruciale della politica per poter affrontare efficacemente le sfide contemporanee.

Serve lanciare un messaggio forte che riaccenda innanzitutto nei giovani, ma non solo, la voglia di impegnarsi in politica. Una politica intesa come passione civile disinteressata e come strumento capace di tradurre gli ideali in pratica quotidiana.

Un’ultima annotazione. Non basta combattere per liberare le persone dalla paura (far leva sulla paura è la strategia costantemente perseguita dalle destre populiste), è la sinistra stessa che deve scrollarsi di dosso la paura della libertà.

Una nuova sinistra delle libertà. Il manifesto di Mayer e Fargion

Di Marco Mayer e Valeria Fargion

Il trasformismo di Conte ripropone una area di matrice catto-comunista che ha fatto il suo tempo. Sul fronte opposto, il Terzo Polo cerca di ricreare un centro moderato capace di interloquire con la destra conservatrice di Meloni. In questo scenario e rispetto alle forze reazionarie e della conservazione oggi in campo è necessario costruire un nuovo progetto a sinistra

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