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Andare dallo psicologo e ritrovarsi dall’odontoiatra per l’estrazione di dente. Il dente della sconfitta elettorale. L’impatto politico dell’elaborazione del lutto della perdita del potere e dell’incertezza delle prospettive parlamentari che il Pd evidenzia negli interventi della direzione nazionale, presenta sintomi di regressione nel passato e di fuga in avanti. Il tutto condensato nel passaggio cruciale della relazione a cuore aperto del segretario uscente Enrico Letta: “Serve un nuovo gruppo dirigente formato da nuove generazioni. È giusto mettere in campo una classe dirigente più giovane, che il Pd ha, in grado di contrastare un governo guidato da una donna giovane, sebbene con una lunga militanza alle spalle. Una nuova generazione legittimata dal congresso, che metta in pratica i nostri valori”.

Eleggiamo finalmente una donna alla segreteria, sembra auspicare subliminalmente Letta. Una segretaria Pd scelta senza “concorsi di bellezza”, avverte il leader dem, “ma attraverso un percorso che consenta di affrontare i nodi che abbiamo davanti in profondità. L’autoanalisi del Partito democratico spazia dalla “sconfitta catastrofica” come la definisce Alesia Morani, secondo la quale il Pd ha “perso male le elezioni a causa di una linea politica confusa e ondivaga”, alla necessità – afferma la vice segretaria Irene Tinagli – di “non riesumare le vecchie lotte fra gli ex: ex Pd, ex Dc, ex Margherita, e fra gli ismi. Tanti dei nostri elettori non sanno cosa significhino tanti ismi. Evitiamo di partire dalle alleanze, non si parte da lì”.

All’urgenza di un “bagno di umiltà anche facendo un passo di lato per favorire una nuova generazione” della quale parla Stefano Vaccari, che invita a non partire da nomi, perché sostiene “non c’è nessuna soluzione salvifica”. Piuttosto – spiega Vaccari – avviamo una fase costituente e “usciamo l’ipocrisia degli ultimi dieci giorni, l’ipocrisia che ha rimosso troppo in fretta le parole con cui Zingaretti si è dimesso nascondendole in un finto unanimismo di facciata. Le buone idee progressista e di sinistra non sono state sufficienti, pesano come macigni gli anni in cui il Pd ha governato con maggioranze spurie e senza il mandato degli elettori”.

Il sussulto d’orgoglio del Pd si avverte nelle parole dell’altro vice segretario, Giuseppe Provenzano, che dice: “Non regaliamo la sinistra ai 5 Stelle. Siamo stati sconfitti ma non siamo vinti. Non c’è stata un’onda nera, la nostra sconfitta è politica”. Nonostante la molteplicità delle analisi e delle indicazioni politiche per “resuscitare” il Pd, al Nazareno, l’evocazione di una segretaria donna da parte di Enrico Letta traspare in ogni intervento. “Se c’è una cosa che rende il Pd sentito come poco credibile è dire qualcosa e non praticarlo. Come quello che è avvenuto sulle liste, rispetto alle donne, in particolare al sud, ha denunciato l’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti, che ha scelto di non ricandidarsi.

“Continuiamo a dire che siamo il partito delle donne ma poi quando si tratta di scegliere non ci crediamo mai, come quando al governo sono andati tre uomini” ha esclamato l’esponente genovese, che nel toto nomi per una eventuale candidatura alla segreteria Pd affianca l’attuale capogruppo al senato Simona Malpezzi e la vice segretaria Irene Tinagli. Fra le candidature figurano come outsider anche l’ex ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli e Lia Quartapelle.

Retroscena Pd, una donna al Nazareno? L'analisi di D'Anna

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populismo

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