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Evasione fiscale e riciclaggio, cui segue la sistematica raccolta e trasferimento in Madrepatria dei proventi di attività illegali. Il tutto per “consolidare il posizionamento all’interno di alcuni settori economici nazionali, anche attraverso una sistematica collocazione in ben definite aree territoriali”. Così agiscono alcuni imprenditori cinesi in Italia (Milano, Prato e Roma sono le città in cui la comunità è più forte). È quanto si legge nella “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, curata dal Comparto Intelligence e relativa all’anno 2022 presentata oggi. Si tratta di un “dinamismo affaristico-criminale” da parte di soggetti “spregiudicati”, scrivono gli organismi d’intelligence italiani.

Lo scorso ottobre, uno dei sempre più numerosi casi: un imprenditore tessile cinese con attività a Castelleone, in provincia di Cremona, deve scontare tre anni di reclusione e sarà espulso dall’Italia. La guardia di finanza di Crema gli ha confiscato un patrimonio di beni mobili e immobili per un valore totale di 330.000 euro.  Le indagini, effettuate dalle Fiamme gialle tra il 2016 e il 2017, con il coordinamento della Procura, hanno rivelato che l’imprenditore portava avanti un’attività di manifattura tessile gestendo in maniera occulta una serie di società, formalmente amministrate da connazionali (anch’essi condannati al termine del processo), che dopo qualche anno cedevano le imprese ad altri senza effettuare dichiarazioni fiscali e quindi senza pagare le imposte. Un meccanismo definito dagli investigatori a “scatole cinesi”, che consentiva all’uomo, in Italia dai primi anni 2000, di eludere i controlli del fisco e di sottrarsi sistematicamente al pagamento dei tributi.

A maggio, invece, la Guardia di Finanza ha smantellato un’organizzazione criminale che da Prato ha trasferito in Cina oltre 170 milioni di euro che sarebbero frutto di attività illecite. Una misura di custodia cautelare in carcere è stata emessa dal tribunale verso un cittadino cinese, il presunto capo dell’organizzazione. A indagine in corso è andata così in scena in queste ore “l’operazione Pluto”, che ha permesso alle Fiamme gialle di scoprire un gruppo criminale composto dai componenti di una famiglia cinese residente a Prato: secondo le indagini i suoi componenti – avvalendosi di prestanome pagati per lo scopo – dal 2013 ad oggi hanno costituito ben 24 imprese individuali “fantasma” al solo scopo di rastrellare, da altri soggetti economici loro connazionali in città e nel resto del Paese, ingenti provviste di denaro frutto di evasione fiscale ed altri crimini.

I cosiddetti “sodalizi nigeriani”, invece, sono tradizionalmente dediti ad attività criminali come il traffico di sostanze stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, lo sfruttamento della prostituzione, il trasferimento di denaro all’estero e il riciclaggio. “Si distinguono nel panorama delinquenziale etnico per una spiccata efficienza operativa”, si legge nella relazione. “Ciò, vale in particolare per i gruppi ‘cultisti’, denominazione che identifica i sodalizi nigeriani maggiormente strutturati, in grado di gestire remunerative attività criminali nelle aree di insediamento e contrassegnati da una significativa rivalità interetnica, oltre che da una tendenziale vocazione all’utilizzo di modalità violente”, continua il documento.

Evasione fiscale e riciclaggio. Come si muove la criminalità cinese in Italia

“Spregiudicati” imprenditori lavorano nell’illegalità per “consolidare il posizionamento all’interno di alcuni settori economici nazionali, anche attraverso una sistematica collocazione in ben definite aree territoriali”. I dettagli nella Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza

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