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Il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, è in Cina, ospite del suo omologo Xi Jinping. Un viaggio di due giorni attraverso cui approfondire la cooperazione e spingere la narrazione contro l’ordine globale filo-occidentale. Obiettivo, questo — creare, o meglio ipotizzare un nuovo sistema di governance degli affari mondiali — che unisce il pensiero strategico di Xi con le visioni storiche della Repubblica islamica.

Secondo l’agenzia di stampa iraniana Irna, durante gli incontri le rispettive delegazioni firmeranno documenti di cooperazione, essenzialmente di carattere economico. Non ne è chiara tuttavia la consistenza. A luglio 2020 fu annunciata una partnership 25ennale tra Pechino e Teheran — concretizzata poi nel 2021. Era stata molta decantata con tanto di numeri leggendari – 400 miliardi di dollari di valore per un quarto di secolo di accordo. Ma nei fatti non è stata poi troppo implementata.

La pubblicazione iraniana Farhikhtegan osserva in questi giorni che il volume degli scambi tra Iran e Cina è effettivamente aumentato da 772 milioni di dollari nel 2001 a 27,3 miliardi di dollari nel 2022. Tuttavia letti in una contingenza temporale più stretta, i dati più recenti pubblicati dall’Amministrazione Generale delle Dogane della Repubblica Popolare Cinese (GACC) per il mese di dicembre 2022, mostrano il continuo calo delle importazioni cinesi dall’Iran, con gli scambi non petroliferi scesi nel mese a 311 milioni di dollari – dato più basso dal 2004.

Come evidenzia Bourse & Bazar, inoltre, “nonostante il raddoppio a 12 milioni di dollari, il valore delle importazioni dichiarate cinesi di petrolio iraniano è rimasto trascurabile [anche a dicembre]. Contemporaneamente le importazioni cinesi di greggio dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Malesia continuano a crescere e a dicembre, raggiungendo un massimo di 24 mesi, rispettivamente a 4,14 e 4,27 miliardi di dollari”. Val la pena ricordare che negli ultimi anni, la Cina ha utilizzato gli Emirati Arabi Uniti e la Malesia come intermediari per importare petrolio iraniano non dichiarato.

È stato lo stesso presidente iraniano a sottolineare, durante una conferenza stampa prima di imbarcarsi sull’aereo che lo avrebbe portato a Pechino, che nonostante i buoni rapporti, le “capacità dei due Paesi” non sono state utilizzate “nella misura desiderata” soprattutto nelle questioni economiche e commerciali. “Purtroppo, devo dire che siamo rimasti seriamente indietro in queste relazioni”. “Dobbiamo seguire e compensare l’arretratezza esistente nelle relazioni con la Cina”, ha aggiunto, e “l’espansione di questi rapporti deve essere perseguita seriamente”. Parole che marcano frustrazione.

La visita di Raisi – la prima “visita ufficiale” di un presidente iraniano in 20 anni– dovrebbe approfondire i legami trovando come collante l’opposizione al dominio occidentale, guidato dagli Stati Uniti, sugli affari internazionali. I due leader si sono già incontrati lo scorso settembre a Samarcanda, in Uzbekistan, quando Xi ha sottolineato il sostegno della Cina all’ingresso dell’Iran nella Shangai Cooperation Organization – lo Sco, il sistema multilaterale eurasiatico guidato da Pechino per cui Teheran ha completato il processo legale per l’adesione. A dicembre, durante un incontro con il vice premier cinese Hu Chunhua a Teheran, Raisi ha promesso di approfondire il partenariato strategico.

Entrambi i Paesi hanno avuto rapporti tesi con gli Stati Uniti e hanno cercato di proporsi come contrappeso alla potenza americana insieme alla Russia. Recentemente, al di là dei contenziosi in corso in Medio Oriente, gli Stati Uniti hanno accusato l’Iran di aver venduto centinaia di droni d’attacco alla Russia per la sua guerra in Ucraina e hanno sanzionato i dirigenti di un produttore di aerospaziale iraniano. Con la Cina ci sono invece divisioni profonde legate alla competizione tra potenze.

È nell’interesse iraniano aumentare la cooperazione con Pechino, non solo per seguire la strategia “Guardare a Oriente” lanciata dalla Repubblica islamica, ma anche perché la Cina è la grande potenze di riferimento vista la fase di isolamento che Teheran soffre con l’Occidente. Tuttavia la Cina sta rallentando gli investimenti, probabilmente anche a causa delle delicata situazione di stabilità nella Repubblica islamica. Il peso delle tensioni sociali interne è esploso negli ultimi mesi e — nonostante il regime abbia dimostrato di essere una struttura stabile e ancora in grado di reprimere le proteste — si è dimostrato un problema per chi intende investire.

Contemporaneamente la risposta dura di Usa e Ue alla repressione e all’assistenza che l’Iran ha fornito all’invasione russa ha prodotto nuove sanzioni e complicato all’estremo il clima già teso sui tentativi di ricomporre il Jcpoa, l’accordo per il congelamento del programma nucleare iraniano – di cui la Cina è co-firmataria in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite. “La priorità di Raisi questa volta sarà sviluppare il partenariato strategico globale Cina-Iran e promuovere l’accordo di cooperazione di 25 anni”, spiega Tang Zhichao, analista cinese della Chinese Academy of Social Sciences, in uno di quegli articoli in cui il Global Times usa figure terze come megafono del Partito/Stato.

“È prevedibile che, dopo questo incontro, le relazioni Cina-Iran entreranno in una nuova e più alta fase”, spiega il Global Times. Fase che potrebbe passare dalla cooperazione nell’ambito Sco, dove esistono più spazi per attività e la Cina avrebbe meno peso politico nel collaborare con Teheran, considerato uno stato paria dopo le repressioni e per l’appoggio alla Russia. Secondo il giornale governativo cinese, la strategia orientale dell’Iran permetterà al Paese di concretizzare – attraverso alleanze con Paesi a mentalità simile – le visioni storiche di non allineamento.

Le sensibilità in ballo sono raccontante dalla vicenda della Tiandy Technologies Co., azienda di Tianjin che gli Stati Uniti potrebbero mettere sotto sanzioni perché nel 2022 ha raddoppiato le vendite di sistemi di sorveglianza ai Pasdaran e ai Basij. Quei sistemi sono usati per le repressioni, e dopo l’inserimento a dicembre scorso nella lista nera del dipartimento al Commercio, ora le sanzioni creerebbero grossi problemi operativi alla Tiandy sul mercato occidentale. Ma la Cina ha anche la necessità di bilanciare questo dialogo iraniano con gli interessi riguardo a Paesi mediorientali che ritengono la Repubblica islamica un nemico, come Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti o Israele. Non c’è dubbio che Pechino privilegi attività con questi ultimi che con Teheran.

Sicuramente tra due giorni il viaggio di Raisi e l’incontro con Xi saranno raccontati come un successo, quanto meno perché dal punto di vista della narrazione strategica a entrambi i Paesi conviene far uscire questa linea. Tuttavia, la Cina sarà – come sempre in queste occasioni: vedi rapporti con la Russia – molto più accorta nell’uso di termini sensazionalistici. Soprattutto, è molto probabile che Pechino sfrutterà l’Iran per proprio interesse, considerandolo un partner minore.

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