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É come la difesa comune europea, invocata da tutti gli stati membri ma poi complessa da realizzare davvero, anche per freni interni. L’occasione del Consiglio Ue era ghiotta, non solo per affrontare i singoli dossier come migranti, fondo sovrano e debito, ma per mostrarsi granitici dinanzi al Presidente ucraino Volodymyr Zelensky: e invece la governance europea si è impantanata in decisioni affrettate (come la cena francese ad excludendum), in tentennamenti equivoci (come i dubbi di pezzi del governo tedesco sull’invio dei Leopard) e in atteggiamenti pericolosi (come la marcia indietro sul video a Sanremo).

Tra l’altro è stato lo stesso Presidente ucraino a chiedere al presidente del Consiglio un colloquio a due e, nell’occasione, Giorgia Meloni ha confermato il sostegno italiano all’Ucraina contro l’aggressione russa e Zelensky ha manifestato la forte gratitudine per l’impegno di Roma. Quindi nessun isolamento dell’Italia (il console ucraino a Milano ha espresso soddisfazione opr l’incontro dei due).

Il risultato europeo è che, forse, si poteva raccogliere di più e, al contempo, mostrare un volto di squadra in un momento in cui, da un lato, si avvicina il primo anniversario dell’invasione russa, che Mosca immagina di celebrare con una nuova offensiva, e dall’altro in cui la stessa Europa presenta profili diversi e distinti.

Berlino sta affrontando ancora il “rodaggio” del nuovo cancellierato nel primo anno del dopo Merkel e le pulsioni industriali interne di chi non avrebbe mai abbandonato le risorse russe restano forti; Parigi ha da gestire una notevole protesta interna per via dell’insoddisfazione di lavoratori e imprese su provvedimenti del governo, senza dimenticare le difficoltà economiche che sono alla base del disimpegno in Africa; Londra ha cambiato tre primi ministri in appena due mesi, attesi ancora dalla gestione (ordinaria e straordinaria) della Brexit.

Per questa ragione, sul versante francese, stride la decisione del Presidente Emmanuel Macron relativa alla cena a tre con Scholz e Zelensky, perché arriva a pochi giorni dall’entrata in vigore del Trattato del Quirinale, dopo che lo stesso Sergio Mattarella aveva accompagnato quella giornata con parole indicative (“Da oggi Italia e Francia ancora più unite”) e con la richiesta velata di una maggiore coesione non solo tra i due paesi ma soprattutto continentale.

La conseguente appendice dialettica era ampiamente prevedibile, con il premier che definisce “inopportuna” la decisione del presidente francese di invitare Zelensky a Parigi prima del vertice europeo a Bruxelles (“Mina l’unità”) a cui l’Eliseo ha replicato (“con Berlino abbiamo un ruolo”) quasi a tracciare un segno distintivo tra Ue di serie A e Ue di serie B.

Tra l’altro tecnicamente non sarebbe saltato il bilaterale Meloni-Zelensky, ma secondo fonti Ue per ragioni di tempi sono stati accorpati alcuni incontri: il premier italiano lo ha incontrato assieme allo spagnolo Pedro Sanchez, al polacco Mateusz Morawiecki, all’olandese Mark Rutte, allo svedese Ulf Kristersson e al presidente rumeno Klaus Johannis.

Meloni vede (comunque) Zelensky, ma su Kiev serve un'unica regia europea

Dalla cena di Macron ad excludendum, ai tentennamenti tedeschi sui Leopard: non è l’Italia ad essere isolata, ma è l’Europa che continua ancora a faticare nell’avere una voce unitaria su una questione così dirimente (e chiara) come la guerra in Ucraina. Il premier due volte con Zelensky, sia nel tavolo comune che dopo in separata sede

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