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Le prime otto parole del celebre documento dell’anonimo Satoshi Nakamoto descrivono perfettamente il senso e lo scopo ultimo del Bitcoin: un protocollo progettato per risolvere il problema della doppia spesa del denaro elettronico in un ambiente digitale tramite un complesso mix di firme digitali basate sulla crittografia, un sistema di proof of work finalizzato a validare le transazioni e, soprattutto, un meccanismo di ricompensa che incentiva i nodi della rete, basato su un rilevante grado di decentralizzazione.

Nessuno di questi elementi si trova nella maggior parte, se non in tutte, le altre blockchain. Tuttavia, le tecnologie Distributed ledger (Dlt) hanno il potenziale di innovare parte dei mercati finanziari, sia nell’ambito dei prodotti finanziari (come già vediamo con i nuovissimi Etf Spot su Bitcoin), sia nell’infrastruttura di mercato sottostante. Ed è questo humus tecnologico, unito all’esigenza di competere con le nuove monete digitali e alla necessità di una più efficiente circolazione del denaro, che ha presto condotto diversi Stati a lavorare per una nuova moneta digitale centralizzata emessa direttamente dalle banche centrali: le cosiddette Central bank digital currencies (Cbdc).

Partiamo con il dire che il famoso detto: “Usa innovates, China replicates and Europe regulates” non è del tutto adatto al caso delle Cbdc. Al contrario: la Cina è stata la prima a immaginare una Cbdc di Stato con lo Yuan digitale (e-Yuan) sviluppato dalla Banca popolare cinese (Pboc). La sua fase di sviluppo è iniziata nel 2014 e nel 2020 sono stati avviati i primi programmi pilota in alcune città cinesi per testarne l’uso su scala limitata. Gli Stati Uniti stavolta si sono mossi successivamente, nel maggio 2021, con una semplice dichiarazione di intenti del presidente della Federal reserve, Jerome Powell, e in un secondo momento, nel febbraio 2022, con un importante lavoro portato avanti dal Mit nell’ambito di un progetto denominato “Project Hamilton” supportato da diverse banche centrali.

L’Europa, in tutto ciò, non è rimasta certamente a guardare. E infatti, innanzitutto e come probabilmente ben noto, ha regolamentato tutte le cripto-attività svolte nel Vecchio continente con una poderosa regolamentazione applicabile in tutti i 27 Paesi membri meglio nota come Market in crypto asset regulation (Micar) che sottopone, tra l’altro, a rigorosissimi controlli e requisiti, l’emissione e/o la promozione di cosiddette “stablecoin”, mentre esclude espressamente il suo ambito di applicabilità proprio alle Cbdc emesse da Banche centrali europee.

Dall’altra parte ha avviato, nel 2024, un programma per lo sviluppo di una Cbdc della Bce con la pubblicazione di inviti e bandi di gara destinati a stabilire accordi quadro con potenziali fornitori per componenti e servizi correlati all’euro digitale. Con un budget complessivo stimato in 432,1 milioni di euro, che potrebbe superare il miliardo, l’iniziativa segna un passo significativo verso la preparazione di una Cbdc per l’Eurozona.

Le differenze di approccio normativo tra Usa e Unione europea sono molteplici. In Europa abbiamo partorito un regolamento (il Micar appunto) che non parla mai di crittografia, di DeFi (finanza decentralizzata), di smart contract e definisce vincoli di garanzia nel mercato delle cripto-attività. Al contrario il Fit21 statunitense (Financial innovation and technology act for the 21st century), la bozza di legge attualmente in discussione al Senato e volta a regolamentare le cripto-attività negli Stati Uniti, si caratterizza per un approccio estremamente tecnico affrontando in maniera incisiva le tematiche sottese alla decentralizzazione, alla DeFi, agli smart contract e alle stable coin.

La diffusione delle monete digitali, anche alla luce delle dichiarazioni del presidente eletto Trump, potrebbero avere un rinnovato e accelerato impatto sulla finanza globale. È quindi opportuno seguire l’onda dell’evoluzione tecnologica senza tentare di impedirla, ma presidiandola. In questo senso le Cbdc rappresentano un modo degli Stati per cavalcare questa innovazione. L’unica differenza di questa “nuova” moneta digitale è che una Cbdc è una passività della banca centrale, anziché delle banche commerciali.

Ma le banche commerciali, pur con tutti i loro difetti e limiti, rappresentano una rete resiliente basata sulla concorrenza, che può garantire una limitata libertà in termini di censura, privacy e condizioni commerciali mentre un sistema centralizzato, se non opportunamente disegnato, potrebbe controllare ogni transazione incorrendo in problemi rilevanti di privacy, sicurezza informatica e censura. La Cbdc non è priva di benefici. Pensiamo ad esempio alla possibilità di distribuzione di ricchezza direttamente dalla Banca centrale ai cittadini senza l’intermediazione di banche e complessi processi gestiti da vari istituti statali. Ora, i pagamenti al dettaglio lasciano una traccia di dati che può essere utilizzata per costruire un quadro dettagliato della vita personale di un individuo, incluse le circostanze finanziarie, i viaggi, e molto altro.

I dati relativi all’account, i dati sull’identità e sulle transazioni, separatamente o collettivamente, possono essere utilizzati per costruire un quadro dettagliato della vita personale di un individuo. Se non vi fossero meccanismi di garanzia idonei, una autorità centrale che registrasse tali dati potrebbe rappresentare un rischio considerando sia le forme di controllo politico e potenziale discriminazione o censura, sia i rilevanti rischi di cyber-security concentrati nel più grande honeypot disponibile nell’ecosistema della moneta digitale.

Gli Stati Uniti e l’Unione europea sono stati fondati su un profondo scetticismo, di principio prima ancora che di implementazione pratica, verso l’autorità centralizzata. Nella creazione del sistema Usa e Ue, i fondatori sapevano che era meglio avere concorrenza. Abbiamo ora una resilienza finanziaria dove le banche possono competere tra loro per fornire i migliori servizi. Una banca nazionale con poteri e risorse virtualmente illimitati rappresenta un grande deterrente per il libero mercato e una tentazione ancora maggiore per gli autocrati. Il nocciolo politico che determinerà l’evoluzione delle Cbdc è questo.

Formiche 208

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Diversi Stati stanno lavorando per una nuova moneta digitale centralizzata emessa direttamente dalle banche centrali: le cosiddette Central bank digital currencies (Cbdc). La Cina è stata la prima a immaginare una Cbdc di Stato con lo yuan digitale, valuta digitale sviluppata dalla Banca popolare cinese (Pboc). Gli Stati Uniti si sono mossi successivamente, nel maggio 2021, mentre l’Ue nel 2024 ha avviato un programma per lo sviluppo di una Cbdc della Bce. L’analisi di Stefano Quintarelli e  Massimo Simbula (associazione Copernicani)

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