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L’incontro a margine del G20 di Bali, in Indonesia, tra Joe Biden e Xi Jinping dimostra “sia i benefici sia i limiti della diplomazia Stati Uniti-Cina”, spiega Richard Fontaine, chief executive officer del think tank Center for a New American Security di Washington. “È utile mantenere le linee di comunicazione in una fase di tensioni. Tuttavia, Xi ha rifiutato di riprendere la cooperazione bilaterale sospesa prima della visita a Taiwan della presidente della Camera Nancy Pelosi, l’incontro non ha prodotto alcun passo avanti e le divisioni tra Washington e Pechino rimangono nette”, osserva. “I leader intendevano iniziare a individuare dei ‘guardrail’ per delimitare la loro competizione, ma tali limiti non sono ancora chiari. Si prospetta più continuità che cambiamento”, aggiunge.

Il vertice è stato inevitabilmente segnato dalla guerra d’invasione russa dell’Ucraina, mettendo in risalto le divisioni tra i Venti. Ne è dimostrazione la dichiarazione finale in cui si legge che “gran parte dei membri” del G20 “condanna fermamente la guerra in Ucraina” ma “esistono altri punti di vista e diverse valutazioni della situazione e delle sanzioni”. Il tutto, “riconoscendo che il G20 non è la sede per risolvere le questioni di sicurezza”, viene rimarcato come “le questioni di sicurezza possono avere conseguenze significative per l’economia globale”. Il G20, commenta Fontaine, “è diventato un vettore problematico per la cooperazione internazionale. Il gruppo ha svolto un ruolo particolarmente utile dopo la crisi finanziaria globale del 2008, in quanto i leader lo hanno utilizzato per concordare stimoli fiscali e riforme del sistema finanziario”. Oggi, invece, “ci sono aree di moderato accordo, come la riduzione degli aumenti dei tassi di interesse e la prevenzione della volatilità dei tassi di cambio. Tuttavia, tra la rivalità tra Stati Uniti e Cina e l’aggressione russa in Ucraina, il G20 è ora un organismo con un numero di membri troppo ampio per essere davvero efficace”.

Guardando ai Paesi europei, l’interesse per un rafforzamento dei legami economici con la Cina “è naturale”, spiega Fontaine commentato gli auspici espressi da Olaf Scholz, cancelliere tedesco, e Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, tra gli altri. “Ma i leader europei dovrebbero essere cauti. Pechino vede gli Stati Uniti e l’Europa come potenze separabili. Si noti la richiesta di Xi a Meloni di contribuire a mantenere ‘indipendente’ la politica dell’Unione europea nei confronti della Cina. Indipendente da chi, si potrebbe chiedere”. Come ha notato Politico, “la Cina ha rilanciato in modo evidente la sua tattica, da tempo consolidata, di corteggiare singoli Paesi dell’Unione europea e i loro interessi nazionali, che ha spesso utilizzato per destabilizzare Bruxelles”.

“Gli Stati Uniti e l’Europa stanno convergendo nella valutazione e nell’approccio alla competizione con la Cina”, osserva ancora Fontaine. “La diplomazia è un bene, ed è meglio che i leader si incontrino piuttosto che non si incontrino. Ma c’è ancora molto da fare per armonizzare l’approccio transatlantico alla sfida cinese”, conclude.

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