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Chip ed energie rinnovabili. Ma anche infrastrutture, invasività esterna e squilibrio verso la gestione di asset strategici che hanno influenze sui destini dei Paesi coinvolti. Il ragionamento sul confronto tra sicurezza e commercio nel rapporto tra Ue e Cina si sta arricchendo di un ulteriore elemento di dibattito, proprio mentre la triangolazione “portuale” Amburgo-Trieste-Pechino rappresenta un fatto preciso e all’indomani del congresso del Partito Comunista Cinese. Ovvero se sia possibile prendere atto (e quindi comportarsi di conseguenza) che la sicurezza esterna vada coniugata in un contesto geopolitico e che, conseguentemente, è più rilevante del commercio in sé.

Cosco

Punto di partenza il ruolo di Cosco, vettore anche durante le sanzioni a Mosca (visto che ha continuato a inviare greggio dalla Russia): dopo aver scalato il Pireo eccolo ad un passo dal porto di Amburgo, operazione che è in pancia un riflesso italiano, visto che la compagnia di logistica Hamburger Hafen und Logistik dallo scorso anno detiene il 50,01% della Piattaforma logistica Trieste. Cosco è il braccio operativo e logistico delle policies di Xi Jinping, sviluppatesi attorno all’idea della Via della Seta, anche connessa al macro tema dell’approvvigionamento.

Non a caso nel suo discorso al Senato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha precisato che sarebbe un danno passare dalla dipendenza dal gas russo a quella cinese sulle materie prime, toccando il tasto della geopolitica applicata alle relazioni sino-italiane. Per cui da un lato deve essere ben presente nel dibattito politico il tema legato commercialmente al comparto “chip-rinnovabili-auto elettriche”, dall’altro quello relativo alla gestione complessiva della sicurezza europea e quindi degli Stati membri che concludono singoli accordi. Si pensi solo che Amburgo rappresenta, grazie a gru, pontili e binari il terminal dell’hinterland più grande d’Europa.

Occidente & Cina

Ma, di contro, gli effetti del 20° congresso del Partito Comunista Cinese, accanto alle notizie di un rallentamento ad ottobre dell’economia, mentre la fiducia delle imprese crolla, si riflettono in un quadro non ottimale per via di una domanda interna debole e di un debito troppo alto, lascito della crisi del mercato immobiliare. Ciò ha provocato un calo della domanda nei principali settori industriali, come acciaio, cemento e prodotti chimici, e soprreso la domanda di beni di consumo. C’è quindi in atto un conflitto geopolitico nel Paese, come dovrebbe gestirlo l’Unione europea?

Il passaggio è stato osservato da Gerald Braunberger dalle colonne del Frankfurter Allgemeine Zeitung, quando ha messo l’accento sul fatto che l’Occidente dovrebbe reagire al possibile conflitto geopolitico in atto in Cina, dato da un certo inasprimento della politica estera e dal desiderio di influenza esterna di Pechino: una doppia circostanza che, in passato, secondo storici come Paul Kenney ed economisti come Mancur Olson, aveva alimentato il declino a lungo termine di una nazione.

@FDepalo

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