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Il dollaro regnerà incontrastato, ricevendo al massimo qualche scossone. Ma la sovranità della moneta statunitense non è in discussione, anche in caso di saldatura monetaria tra il rublo e lo yuan, che nei sogni di Pechino rappresenta ancora il potenziale grande concorrente della valuta americana. Peccato che, a leggere quanto scritto dagli analisti del Credit Suisse, le cose non stiano affatto così. Troppi i guai cinesi, troppe i colpi di testa del partito sull’industria, troppo profonda e grave la crisi del mercato immobiliare, troppo vivo ancora il ricordo della disastrosa zero covid policy. Ce ne è abbastanza per non fidarsi di una moneta ballerina, che non garantisce la giusta tranquillità agli investitori.

“Oggi, il dollaro statunitense rappresenta poco più del 60% delle riserve globali di divise presso le banche centrali, rispetto a oltre l’80% dei primi anni Settanta”, premettono gli esperti della banca d’affari elvetica. Che poi chiariscono come “per il prossimo futuro non sembrano esservi dei candidati validi in grado di sostituire il dollaro Usa come moneta di riferimento. Né l’euro né il renminbi (yuan, ndr) possono essere considerati monete alternative egemoni. Nel frattempo, la creazione di una moneta globale resta un’utopia che necessiterebbe di un ambiente geopolitico fortemente collaborativo”.

Insomma, il dollaro non sarà detronizzato. “La Cina è un’entità fiscale unica e le sue poche grandi banche possono essere considerate banche di importanza centrale per la gestione della moneta. Il renminbi non possiede tuttavia la terza caratteristica essenziale per essere considerato un concorrente del dollaro Usa: la mobilità dei capitali a livello internazionale. Sembra improbabile che la Cina arrivi a liberalizzare e aprire totalmente i suoi mercati finanziari alle transazioni transfrontaliere e questo è il motivo principale per cui la quota di renminbi presenti nelle riserve globali di divise è ancora così piccola”.

E l’euro? La moneta unica “rappresenta circa il 20% delle riserve globali di divise ed è quindi secondo, dietro solo al dollaro Usa, inoltre è liberamente negoziabile oltre confine, prerequisito essenziale per una moneta di riferimento, tuttavia è evidente che i responsabili politici dell’Eurozona non si stanno adoperando per far assumere alla loro moneta un tale ruolo. L’assenza di un’unione fiscale, di un asset comune sicuro e di un’unione bancaria sono ulteriori ostacoli all’assunzione di un ruolo dominante nel sistema monetario globale”.

Conclusione. “È probabile che emerga gradualmente un nuovo sistema monetario più orientato alla multipolarità, in seguito all’aumento del commercio bilaterale di molti Paesi, al rafforzamento dei mercati dei capitali locali nei Paesi emergenti e alle iniziative volte a sviluppare sistemi di assicurazione reciproca per difendersi dagli shock derivanti dai cambiamenti della politica monetaria statunitense”.

Il dollaro non sarà detronizzato (con buona pace di Pechino). Parola di Credit Suisse

Un report della banca d’affari elvetica mette nero su bianco le ragioni per le quali la moneta del Dragone non soppianterà mai il biglietto verde. Mercati poco liberalizzati e troppi colpi di mano sull’industria impediranno la creazione di un sistema valutario a trazione cinese

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