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Il Giorno dell’Unità nazionale e la Giornata delle Forze armate hanno attraversato oltre cento anni ed epoche, culture, regimi, governi. Ha comunicato con il Paese con toni e linguaggi molto diversi, dall’anniversario della Vittoria del ventennio, alle contestazioni e alla sordina del post-sessantotto, al recupero avviato dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, negli anni duemila. I messaggi della comunicazione ufficiale ne colgono alcuni aspetti, con variegate sfumature ed enfasi.

Ma la vera comunicazione la fanno le moltissime giornate di lavoro delle Forze armate, nei reparti, negli enti e nei comandi. Quanto esse quotidianamente fanno, in modi diversi dal passato, ormai da molti anni. La fanno le missioni fuori area, con il lungo, paziente, pericoloso lavoro in teatri ostili, il lavoro umanitario, di speciale qualità, ma anche quello operativo, anche se spesso poco conosciuto. L’essere sempre pronti ogni qualvolta ve ne è bisogno, per qualunque esigenza del Paese, in modo affidabile, efficace, silenzioso infine comunica qualcosa di molto importante.

Il senso di appartenenza al Paese, oltre che alle Forze armate, si è espresso sempre più nel tessuto sociale, fino ai reparti più periferici, spessissimo attraverso iniziative spontanee. Dunque non solo e non tanto per indicazioni dall’alto, ma per uno spirito di servizio e di cittadinanza insieme, progressivamente maturati con la crescente consapevolezza democratica e una professionalità divenuta indispensabile, promosse da un investimento in formazione e addestramento che non ha eguali nella pubblica amministrazione e non solo.

Questa comunicazione ha funzionato. I cittadini, le istituzioni, la società civile, almeno laddove vi sia stata occasione di coglierla, l’hanno percepita. Fino a reciprocare con un apprezzamento che i sondaggi pongono al di sopra di ogni altra istituzione. Fino quindi a trasformare quel senso di appartenenza in orgoglio di servire. Avviene allora un piccolo, grande miracolo, spesso inconsapevole: la bandiera di guerra o d’istituto custodita negli uffici dei comandanti di quei reparti, enti, comandi transustanzia e diviene l’insieme dei cittadini, rappresenta tutti noi. Il modo in cui viene onorata, prima di qualsiasi comandante, di ogni grado o livello istituzionale, incluso il Presidente della Repubblica, esprime quell’orgoglio di servire il Paese.

Tutto ciò costituisce una evoluzione culturale straordinaria. Lo sa bene chi ha vissuto tempi e luoghi dove girare in divisa era sconsigliato e la carriera militare un ripiego. Ma purtroppo non basta. Perché anche il mondo è cambiato e cambia con grande velocità e pone continuamente sfide straordinarie. Viviamo in una continua sorpresa strategica. Ucraina, Isis, Siria, Libia, Yemen, Afghanistan, Iraq, 11 settembre, Kossovo, Bosnia, Kuwait sono solo alcune delle parole chiave della nuova sorprendente “guerra mondiale a pezzetti” di Papa Francesco. Migrazioni, l’impatto del cambiamento climatico, l’emergenza di nuovi attori globali e regionali, la guerra oscura sul web già in pieno svolgimento si collegano a dinamiche geopolitiche molto complesse e agli effetti dirompenti della nuova rivoluzione digitale in atto. Nuove problematiche al livello strategico, operativo e tattico impongono leadership distribuita e di elevata qualità, capacità di governare un cambiamento continuo in ambienti complessi e incerti e una profonda comprensione della trasformazione digitale da promuovere. Esse richiedono una nuova gestione dell’acquisizione di strumenti tecnologici inediti e dalle profonde implicazioni, un ulteriore, rinnovato investimento nell’efficacia della formazione e dell’addestramento e molto altro, con sfide peraltro largamente trasversali a tutti i settori del Paese e dell’Europa. Occorre saperle comprendere e affrontare.

Dunque appartenenza e apprezzamento non bastano, seppure siano fondamento essenziale. Occorre saper capire e agire. Nella Difesa, nelle istituzioni, nella società civile. Ma soprattutto tra i cittadini, attori fondamentali di una democrazia, e i loro rappresentanti politici. Che la Giornata della Forze armate sia un momento di forte collegamento verso il capire e l’agire necessari, per l’efficacia delle innumerevoli giornate di lavoro con cui la Difesa contribuisce alla sicurezza di questo nostro travagliato mondo.

Infine, il 4 novembre celebra anche la fine di una guerra terribile e la realizzazione di una integrazione politica e identitaria. Che il nostro lavoro contribuisca a realizzare questo bel messaggio nel messaggio.

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Di Fernando Giancotti

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