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Tra dieci mesi ci saranno le Politiche. Il centrosinistra e il centrodestra sono coscienti che debbono preparare bene il terreno a maggese per poi seminare e raccogliere i frutti in tempo. E per ottenere un buon raccolto sarebbe consigliabile disporre di un ampio campo dove seminare. Più il campo è grande, più il raccolto sarà generoso.

Il “campo largo” di Enrico Letta

Enrico Letta ha introdotto il concetto del “campo largo”. Il costrutto linguistico rimanda a un insieme di realtà politiche e partitiche, progressiste e democratiche, che alleandosi batterebbero “le destre” (in primis i partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini). Una strategia teoricamente plausibile, usata in passato con risultati alterni, ma zoppa se al di là del fronte ideologico (“fermiamo le destre”) non ci si accordi sugli obiettivi condivisi di politica interna ed estera. E le differenze di vedute, su diversi temi, tra Letta, Calenda, Renzi, le due anime dei Cinque Stelle (Conte e Di Maio), e altre formazioni che si collocano a sinistra del Pd, permangono (si prenda quella sull’“interventismo” in Ucraina).

Ammesso che si trovi un grande accordo arcobaleno dal centro (includendo magari ramoscelli dell’elettorato FI) a sinistra (Leu), ossia gran parte del governo attuale (tranne la Lega), non sappiamo se la maggioranza degli elettori, soprattutto quelli dediti all’astensionismo, andrà a votare alle prossime Politiche “contro” qualcuno per scelta ideologica. Ossia, l’elettore, non è più interessato, come ben nota Angelo Panebianco (I due nodi dei partiti più forti, Corriere della Sera, 30 giugno 2022), a discorsi ideologici: “Finite le vecchie ideologie, se vuoi vincere le elezioni devi spiegare cosa vuoi fare”.

Il “campo extra large” di Giorgia Meloni

Naturalmente anche il centrodestra, con Giorgia Meloni, sta misurando il suo campo, per la semina e le successive sperate ricche messi. Ella sta pensando di farlo più largo di quello di Letta, magari extra large. Ma non è facile. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, abituati in passato ad essere stati i proprietari del Campo conservatore, ora sarebbero dei dignitosi trattoristi al servizio della nuova “fattrice”. Dovrebbero lavorare i loro appezzamenti, con umiltà, non disperdere il raccolto e portarlo, a tempo debito, in fattoria, per unirlo a quello ottenuto nel vasto attuale campo di Fdi. La stessa tecnica agraria messa in atto, per primo, da Letta sul fronte opposto. Giorgia Meloni, inoltre, se vuole attrarre i moderati del centro, dovrà limare alcune posizioni critiche verso l’Europa, l’esasperato concetto di sovranità e continuare sul solco (è il caso di dire “onda”) dell’atlantismo.

Convergere al centro?

Stante così la situazione della legge elettorale senza sbarramento, che consente apparentamenti tra alberi e cespugli, con quest’ultimi soggetti sovente al cambio di colore nel giro di sei mesi, da rossi a bianchi a blu, sarà difficile governare politicamente. “Dopo le elezioni (maggio 2023, ndr) si potrebbe avere un governo a trazione Fdi. O un altro a traino PD. O potrebbe esserci nessun vincitore” (Panebianco). Per poter convincere gli elettori a recarsi al voto, sia Letta che Meloni, continua la firma del Corsera, dovrebbero iniziare a parlare di questioni che concernono l’intera popolazione, ossia di “temi strategici”.

Panebianco ci pare alluda a temi quali, l’occupazione, il divario sociale, il fisco, l’immigrazione sostenibile, il rapporto con l’Europa e l’Occidente. Questioni che il cittadino si aspetta di veder affrontate. E, soprattutto, sottolinea Panebianco, abbandonare la vecchia politica di allearsi per andare ‘contro’. “Un’alleanza (…) costruita all’unico scopo di battere le destre, nelle nuove condizioni, ha ottime probabilità di contribuire a farle vincere”.

Sia Meloni che Letta, i due partiti attualmente più forti, dovrebbero “moderarsi”. Ossia attrarre consensi dal centro-centrino, senza perdere la loro specificità: conservatori-progressisti (Meloni) e progressisti tout court (Letta). Chi tra i due riuscirà ad aggregare di più, partendo dalla rispettiva area “estrema” verso il centro, avrà messo su il vero campo largo, composto di alberi, alberelli, cespugli e frasche. Il bosco vincente.

No al “campo dei miracoli”

Nelle Avventure di Pinocchio (1881) di Carlo Collodi leggiamo. “E pensare che, invece di quattro monete, potrebbero diventare domani mille e duemila! Perché non dai retta al mio consiglio? Perché non vai a seminarli nel Campo dei Miracoli?” (Chi parla è la Volpe, ndr). Sarebbe un errore se Letta e Meloni pensassero, una volta messo su il cartello dei rispettivi campo largo e campo extra large, che i voti arrivino automaticamente, moltiplicati, come gli zecchini che Pinocchio si aspettava dal fantomatico alberello, dopo aver seminato le quattro monete nel Campo dei Miracoli. Questa volta non si può sbagliare. Programmi credibili e reali, via le offese personali, e le antipatie. Via il curriculum contra personam (“voi ex comunisti” versus “voi ex fascisti”). La politica, la vita della polis, torni dibattito sociale, basta (come direbbe Aldo Grasso) “cagnara televisiva”.

Pd e Fdi, campo largo o campo dei miracoli?

Enrico Letta prepara il “campo largo”. Giorgia Meloni pensa, ma non lo dice, al campo extra large. Ma, per vincere le prossime Politiche, i due partiti attualmente più forti non dovranno andare “contro” qualcuno ma proporre programmi credibili, come nota acutamente Angelo Panebianco sul Corriere della Sera. Il “campo largo” non può essere “il campo dei miracoli” di Pinocchio, aggiunge Eusebio Ciccotti

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