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Washington rincara la dose contro Caracas. Il governo statunitense ha infatti annunciato un raddoppio della ricompensa per informazioni che portino all’arresto o alla condanna del presidente venezuelano Nicolás Maduro, portandola a 50 milioni di dollari. L’iniziativa, considerata in larga parte simbolica, è stata presentata lo scorso giovedì dal segretario di Stato Marco Rubio e dal procuratore generale Pam Bondi, che accusano il leader venezuelano di facilitare il traffico di droga verso gli Stati Uniti.

Secondo quanto affermato in un comunicato dal segretario di Stato, “Da oltre un decennio Maduro è il leader del Cártel de los Soles, responsabile del traffico di droga negli Stati Uniti”, mentre il procuratore generale ha dichiarato che il presidente venezuelano si avvarrebbe di organizzazioni terroristiche straniere come il gruppo criminale “Tren de Aragua”, il cartello di Sinaloa e lo stesso Cartel de los Soles per introdurre droghe e violenza sul territorio statunitense. Il Dipartimento di Giustizia, ha detto Bondi, avrebbe sequestrato tonnellate di cocaina presumibilmente legate alla sua rete.

Le accuse contro Maduro da parte dell’establishment statunitense non sono nuove: nel 2020 la giustizia americana aveva già reso pubblica un’incriminazione nei confronti del leader venezuelano per narco-terrorismo, traffico di droga e reati legati alle armi, che coinvolgeva anche altri funzionari del Paese. Accuse che, ovviamente, sono sempre state respinte da Maduro.

L’aumento della taglia arriva a poche settimane dalla decisione dell’amministrazione guidata da Donald Trump di concedere alla società Chevron una licenza per la produzione di petrolio in Venezuela, mossa che dovrebbe contribuire a migliorare le disastrate finanze del Paese e che è stata percepita come una sconfitta per Rubio, da tempo sostenitore di una linea dura verso Caracas. La concessione è seguita a uno scambio di prigionieri tra Washington e il governo venezuelano, durante la quale dieci cittadini statunitensi detenuti in Venezuela sono stati liberati, mentre 250 venezuelani espulsi dagli Usa verso El Salvador sono rientrati in patria.

Una licenza simile era già stata concessa da Joe Biden durante il suo mandato, mossa che era stata duramente criticata dall’opposizione democratica venezuelana come un “salvagente” per il regime di Maduro. Tale licenza era stata lasciata scadere lo scoros maggio dall’amministrazione Trump, poche settimane prima di fornirla nuovamente. Ma al netto del ruolo della Chevron, il contesto economico del Paese resta comunque critico: secondo l’Osservatorio Venezuelano delle Finanze, da ottobre 2024 il bolívar ha perso circa il 70% del suo valore rispetto al dollaro, mentre l’inflazione annuale ha raggiunto a maggio il 229%.

Il governo di Caracas ha respinto con fermezza l’annuncio statunitense. Il ministro degli Esteri Yván Gil ha definito su Telegram la ricompensa “la più ridicola cortina fumogena che abbiamo visto”.

Maduro, in carica dal 2013 dopo essere succeduto ad Hugo Chávez, ha giurato a gennaio per un terzo mandato dopo essersi proclamato vincitore alle elezioni del 2024, giudicate fraudolente da gran parte della comunità internazionale. Gli Stati Uniti e diversi alleati occidentali hanno infatti riconosciuto invece la vittoria del candidato dell’opposizione Edmundo González, sulla base dei verbali di voto verificati in modo indipendente dal suo partito. Il giorno dell’insediamento di Maduro, l’uscente amministrazione Biden ha alzato la taglia sul leader venezuelano da 15 a 25 milioni di dollari. Già allora Rubio ha accusato Maduro di “strangolare la democrazia” e di non aver fornito alcuna prova della sua vittoria alle urne, ribadendo che Washington “non lo riconosce come presidente del Venezuela”.

Washington alza la posta. Passa a 50 milioni la taglia su Maduro

Gli Stati Uniti raddoppiano a 50 milioni di dollari la taglia su Nicolás Maduro, accusandolo di guidare il “Cartel de los Soles” e di collaborare con reti criminali come Tren de Aragua e il cartello di Sinaloa per trafficare droga verso l’America

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