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Dunque, Enrico Letta, segretario del Partito democratico, continua la sua propaganda elettorale quotidiana insistendo sulla litania del cosiddetto “voto utile”. Una tesi, per la verità, né nuova e né tantomeno originale. Si tratta, cioè, di una antica concezione ideologica della sinistra italiana – e specularmente, anche se in minor misura, della destra – che trasuda una certa allergia per un vero rispetto della democrazia e del suo caposaldo, cioè del pluralismo.

In effetti, parlare di “voto utile” quando ci sono ben quattro poli in competizione significa non riconoscere appieno il ruolo e la funzione del pluralismo politico e culturale nel nostro paese. Un pluralismo che, oggi più che mai, si incardina in quattro progetti politici e di governo assai diversi l’un dall’altro e che non possono essere sacrificati sull’altare di un giudizio morale o da ultima spiaggia per conservare la democrazia, la libertà e le nostre istituzioni. Una vecchia litania a cui oramai siamo abituati ad ascoltare alla vigilia di ogni consultazione elettorale dopo la fine della prima repubblica ma che era già presente, comunque sia, ai tempi della storica contrapposizione politica, culturale e ideologica tra la Democrazia cristiana e il Partito comunista italiano.

In secondo luogo, richiamare sempre e continuamente il “voto utile” significa anche trasmettere un messaggio politico alquanto arrogante. Ovvero, chi non vota per il mio partito – nel caso specifico il Partito democratico – semplicemente sbaglia perché non capisce qual’è la vera posta in gioco. Una concezione, questa, che storicamente ha contraddistinto la storia e la prassi della sinistra italiana. Ovvero il solito e ormai anche un po’ stantio pericolo del “ritorno del fascismo”. Un rischio che, come tutti sappiamo, torna puntualmente e scientificamente alla vigilia di ogni consultazione elettorale nazionale per poi scomparire misteriosamente appena conosciamo il responso delle urne. E questo perché si tratta di uno spauracchio che semplicemente non corrisponde più alle dinamiche concrete, politiche e ideologiche che attraversano e caratterizzano la società contemporanea.

Ora, alla base di questa stortura e di questa deriva del “voto utile” si nasconde una concezione che continua a individuare nel cosiddetto “bipolarismo selvaggio” la regola quasi aurea che dovrebbe caratterizzare il futuro del nostro sistema politico. Ovvero, un sistema che si basa su una contrapposizione frontale tra due schieramenti che hanno nel loro dna l’obiettivo di annientare/distruggere l’avversario/nemico politico. Che, è bene ricordarlo, si tratta di un metodo che è l’esatto contrario di quello che per oltre 50 anni ha fatto concretamente la Democrazia cristiana con la sua lunga esperienza di governo. Ma è anche, e soprattutto, l’esatto contrario di quello che dovrebbe caratterizzare una normale e fisiologica democrazia dell’alternanza. E cioè, sono e restano il confronto e lo scontro democratico e civile i criteri di fondo delle dinamiche politiche e non la voglia di annientare e di distruggere scientificamente e politicamente l’avversario/nemico.

Ecco perché dietro al “voto utile” non si nasconde soltanto una vecchia e grigia concezione della sinistra italiana che viene continuamente riproposta nel dibattito politico ma anche, e soprattutto, la volontà di non rinnovare e superare quella concezione bipolare che resta alla radice del malcostume e del non funzionamento dei meccanismi concreti della democrazia italiana.

È per questi motivi che le prossime elezioni possono rappresentare una significativa inversione di rotta rispetto ad una prassi che per troppo tempo ha frenato e condizionato negativamente lo sviluppo e la crescita della nostra democrazia, l’efficacia dell’azione di governo e la stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche. Altroché la modernità del “voto utile”….

Il voto utile? Un semplice bluff. L'opinione di Merlo

Di Giorgio Merlo

Dietro a questa litania del segretario dem Letta si nasconde una vecchia e grigia concezione della sinistra italiana ma soprattutto la volontà di non superare la concezione bipolare alla radice del non funzionamento dei meccanismi concreti della democrazia italiana. L’intervento di Giorgio Merlo, già deputato Pd, oggi sindaco di Pragelato

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