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Non c’è solo un segno di buona volontà per favorire il commercio del grano dietro la decisione russa di ritirare le forze da Snake Island, ma la consapevolezza che su quel trasporto si sta scatenando una nuova corsa alla supremazia mondiale che vale ben più di un’isola. Mosca lo ha compreso ormai da mesi, forse da prima dell’invasione: per questa ragione le 7000 tonnellate di grano che hanno lasciato un porto ucraino portano in dote un più ampio riposizionamento di interessi e alleanze.

Quali rotte

Dal porto commerciale di Berdyansk, la nave è salpata verso paesi amici, scortare da navi russe del Mar Nero che ne “stanno garantendo la sicurezza”. In più è emerso che il porto uraino sarebbe stato sminato. Inoltre secondo un rappresentante delle autorità filo-mosca, Vladimir Rogov, circa 1,5 milioni di tonnellate di grano possono essere esportate attraverso Berdyansk, aprendo di fatto ad una reale possibilità sul tavolo della crisi.

Da mesi Kiev accusa la Russia di aver sottratto il grano dall’Ucraina meridionale, innescando la carenza alimentare globale. A ciò si è, in minuscola parte, ovviato due settimane fa quando la nave Alppila è giunta in Galizia dopo un viaggio via terra dall’Ucraina fino al porto polacco di Winoujcie, in seguito via mare con scalo in Germania e infine in Spagna. Quella nave sbarcata a La Coruna era stata salutato come l’inizio della cosiddetta «nuova rotta marittima nel Mar Baltico». Oggi si apprende che qualcosa si muove anche nel Mar Nero ma con una serie di effetti a catena.

Snake

L’isola, situata nel Mar Nero nordoccidentale, era stata presa dalle forze armate russe che avevano catturato i difensori ucraini dell’isola, poi liberati nell’ambito di uno scambio di prigionieri. Da allora l’isola è stata regolarmente presa di mira da droni ucraini e attacchi missilistici, ma sempre in un’ottica non solo meramente territoriale bensì strategica alla voce trasporti. Come osservato nel recente passato, le ricadute del blocco del grano russo incideranno su Nordafrica e Medio Oriente favorendo una nuova ondata migratoria. Libano, Libia, Egitto e Afghanistan sono i principali candidati alla crisi alimentare nel breve periodo.

Grano & geopolitica

L’Ue ha annunciato una serie di azioni a tutela di una rotta alternativa, ma ancora non si hanno effetti di queste intenzioni. Di contro alcuni analisti sostengono che sia imprescindibile l’opzione militare per aiutare le navi a sfondare il blocco russo, passaggio su cui non ci sarebbe ancora la volontà politica dell’Occidente, come osservato pubblicamente su Al Jazeera da Edward Lucas, un membro del Center for European Policy Analysis.

Da un lato, dunque, le truppe di Mosca hanno non solo bloccato tutti i porti ucraini e dall’altro bombardato infrastrutture come silos e ferrovie fondamentali per le esportazioni di grano dell’Ucraina. Dall’altro l’Onu continua a dialogare con la Turchia per risolvere questo puzzle che incide per l’80% del grano ucraino.

Scenari

Proprio Ankara, dopo essere stata protagonista nell’accordo di ieri al summit della Nato, torna prepotentemente sulla scena nella partita alimentare: il governo di Erdogan da settimane aveva lasciato intendere di essere riuscito a costruire un ampio consenso sulla creazione di un centro operativo a Istanbul per gestire il corridoio marittimo nel Mar Nero, passaggio su cui c’era stato il via libera da parte di Washington.

Un altro player che potrebbe inserirsi nella partita è la Romania: proprio mentre la Russia soffoca le esportazioni, Bucarest avanza la propria candidatura come produttore futuro, mentre l’Egitto piazza un’altra mossa. L’azienda General Authority for Supply Commodities (Gasc), ha acquistato ieri 815.000 tonnellate di grano, approfittando di un recente crollo dei prezzi. Si tratta della maggiore partita acquistata dal 2012, con 350.000 tonnellate di grano francese, 240.000 tonnellate di grano rumeno e 50.000 tonnellate di grano bulgaro.

@FDepalo

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