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Tornano le proteste a Shanghai. Questa volta a cominciare la rivolta sono stati gli impiegati della Quanta Computer Inc., uno dei principali fornitori dell’Apple in Cina. Negli ultimi giorni si sono registrati scontri violenti tra le forze dell’ordine e i lavoratori, costretti all’isolamento da due mesi per l’aumento dei contagi di Covid-19.

Come riferisce l’agenzia Bloomberg, grazie a testimonianze e video diffusi sui social network, i lavoratori della Quanta Computer sono “intrappolati in una bolla”, in seguito al decreto del governo cinese, ma si sono ribellati contro i loro sorveglianti per le condizioni di disagio in cui vivono.

“Centinaia di lavoratori si sono scontrati con le guardie – si legge su Bloomberg -. Secondo diversi dipendenti, un grande contingente, preoccupato per l’esaurimento delle scorte qualora il blocco dovesse persistere, ha allargato le barriere di isolamento sorvegliate in cerca di prodotti di prima necessità”.

Il fine settimana scorso è diventato virale un video in cui un grande gruppo di persone ha preso d’assalto un dormitorio che ospita i dirigenti taiwanesi di Quanta, dopo una disputa sul blocco prolungato e sulla retribuzione.

Uno dei lavoratori ha dichiarato a Bloomberg che “le persone sono frustrate e stanche di questi controlli. È inevitabile, soprattutto quando non c’è una linea temporale su quando tutto questo finirà”.

Ad aprile, l’azienda Quanta ha dichiarato di essere stata costretta ad interrompere la produzione nella sede di Shanghai per la crisi del Covid, ma al tempo stesso si è impegnata ad adottare misure in conformità con le normative del governo locale per proteggere il personale.

Così, la sede di Quanta nel quartiere Songjiang di Shanghai è diventata luogo di lavoro e anche dormitorio per i lavoratori migranti non qualificati provenienti da tutto il Paese, nonché per ingegneri più pagati di Taiwan. Con veramente poco spazio: una stanza standard ospita 12 lavoratori accatastati in letti a castello.

Con questa modalità denominata “circuito chiuso”, la produzione dell’azienda si è ripresa a capacità ridotta e Quanta ha continuato a pagare ai lavoratori il loro stipendio base di circa 3.000 yuan (450 dollari). Ma la chiusura di questi posti “lavoro-casa” non risolve le problematiche di produzione. Bruce Pang, responsabile della ricerca macro e strategica alla China Renaissance Securities Hong Kong Ltd, spiega che le imprese hanno costi maggiori e non tutte hanno la capacità di fornire cibo e alloggio ai lavoratori per un lungo periodo di tempo. E in più, restano le difficoltà logistiche provocate dalla mancanza di materie prime e prodotti.

Il caso di Quanta non è sicuramente isolato. “La maggior parte delle fabbriche a Shanghai e dintorni è entrata in ‘circuiti chiusi’ dalla fine di marzo, un meccanismo definito dal governo cinese il modo più efficace per contenere la diffusione del Covid e mantenere in funzione i motori dell’economia”.

Le proteste non riguardano solo le aziende. Negli ultimi mesi, anche gli studenti dell’Università di Pechino si sono ribellati al confinamento per il Covid e i video sono finiti sui social, nonostante la censura.

Ecco il video delle proteste nella sede di Quanta a Shanghai:

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