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Il dibattito a volte infuocato scaturito dalle pubbliche esternazioni del generale (non dell’onorevole) Roberto Vannacci ha portato al centro dell’attenzione pubblica una questione delicata: il ruolo e i limiti dell’espressione dei militari, soprattutto quando rivestono posizioni di alto comando.

Ne ho scritto solo qualche giorno dopo la pubblicazione del libro «Il Mondo al contrario». E credo essere stato tra i primi militari in congedo a non farlo in modo troppo positivo. E l’ho fatto da Ufficiale che non ha mai rinunciato – neppure quando ero ancora in servizio –, e mai rinuncerá, al diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero. Anche come giornalista, iscritto all’Ordine dei giornalisti da quasi quattro decenni. Ma pur sempre nel rispetto dei limiti previsti dallo stato di diritto. A cominciare dalla Costituzione repubblicana – che incardina anche i Trattati Ue – la quale, accanto ai diritti sanciti dall’articolo 21 (libera manifestazione del pensiero), impone anche diversi obblighi, compresi quelli di rispettare i diritti altrui (uguaglianza, non discriminazione, ecc.), soprattutto da parte di chi esercita funzioni pubbliche ai più alti livelli.

Ho argomentato in dettaglio le ragioni della mia critica verso la pubblicazione di un libro su tematiche controverse a livello politico nazionale da parte di un generale ancora in servizio in 4 articoli per Formiche.net: il 22 ed il 29 agosto 2023 (“Io, generale in congedo, sto col ministro Crosetto, e spiego perché”, e “Vannacci, la libertà di pensiero non è diritto all’impunità”), il 29 febbraio 2024 (Cosa racconta la sanzione disciplinare al generale Vannacci) ed il 4 settembre 2024 (Perché Vannacci non si dimetterà spontaneamente dall’Esercito).

Il racconto di un comandante alpino e padre tra montagne, missioni e memoria

Questa breve premessa mi consente di motivare le ragioni della soddisfazione con la quale ho accolto la pubblicazione del libro di un altro generale dell’Esercito, che porto all’attenzione dei lettori. Un’opera che, a mio avviso, rappresenta un esempio virtuoso di come invece un militare possa coniugare impegno professionale e testimonianza personale, anche editoriale, senza tuttavia mai venir meno ai principi fondanti della Repubblica.

“Cuore Alpino” è il titolo dell’opera appena pubblicata per la Editoriale Delfino-Il corso della storia dal generale di Corpo d’Armata Massimo Panizzi. Ed è un libro che, lungi dal cavalcare polemiche sterili o alimentare divisioni ideologiche tra i cittadini, e tra le stesse Forze Armate repubblicane, celebra i valori di dedizione, sacrificio, umanità e profondo senso dello Stato che dovrebbero ispirare ogni servitore di una nazione democratica e liberale.

È importante sottolineare che il generale Panizzi, figura che rappresenta la quasi totalità (e quindi la “normalità”, se mi è consentito questo termine piuttosto controverso, sul piano costituzionale) degli ufficiali, ma anche di tutti i militari di ogni ordine e grado, delle nostre Forze Armate, ha avuto un ruolo significativo anche nei confronti del generale Vannacci. Essendone stato il superiore diretto, a Roma, quando quest’ultimo era il comandante dell’Istituto Geografico Militare di Firenze. Sostituendolo poi nell’incarico, dopo il clamore suscitato dalla pubblicazione del suo primo libro, quando lo stesso venne saggiamente rimosso dal comando, in attesa della conclusione del procedimento disciplinare. Questo dettaglio, a mio avviso, aggiunge ulteriore valore all’esempio positivo che il generale Panizzi incarna.

“Cuore Alpino” è un racconto appassionante della vita militare dell’ufficiale. Un percorso segnato dall’amore per la montagna, dall’impegno in missioni internazionali delicate – dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Bosnia al Kosovo, passando per il Quartier Generale della Nato a Bruxelles – e dalla dedizione alla famiglia.

È un libro che narra le sfide affrontate, i successi conseguiti e i valori che hanno guidato le sue scelte di militare e di uomo. Ma, soprattutto, è un’opera che esalta l’onore militare di un generale delle Forze Armate della Repubblica Italiana, e non di Wagner, della Corea del Nord o della Repubblica Islamica dell’Iran. Quello stesso onore col quale, assieme alla disciplina – seguendo le orme di mio padre, ufficiale dell’Esercito come Panizzi – ho sempre accompagnato l’adempimento di tutti i doveri del mio stato di ufficiale della Guardia di Finanza e dirigente della Commissione europea.

In un momento storico in cui si assiste a una proliferazione di voci dissonanti e a una crescente polarizzazione del dibattito pubblico, l’opera di Massimo Panizzi rappresenta quindi a mio avviso un antidoto prezioso contro quelle derive “al contrario” che rischiano di minare – sull’onda di azioni ibride, fatte anche di propaganda e disinformazione, delle autarchie che minacciano lo stato di diritto a difesa del quale ogni militare ha prestato solenne giuramento – la credibilità e la coesione delle nostre Forze Armate. Ma anche un invito a riscoprire e valorizzare quella “Militarità democratica e costituzionale” fatta di disciplina, integrità, spirito di servizio e fedeltà al giuramento prestato alla Repubblica. Una Militaritá lontana da ogni forma di bieco e antistorico militarismo, prodromico di derive autoritarie.

I ringraziamenti “speciali” di un Generale dell’Esercito “normale

Per tutte queste ragioni, e non solo per l’amicizia che mi lega all’autore, che ho potuto conoscere quando era vice rappresentante militare italiano presso i Comitati Militari della Nato e dell’Unione Europea, sono particolarmente onorato di figurare tra i destinatari dei suoi “ringraziamenti speciali”. Le motivazioni dei quali, a mio avviso, non vanno tanto ad onore di chi li ha ricevuti, ma dello stesso generale dell’Esercito che ne è autore e mittente. Al quale, in un Paese liberale e democratico come l’Italia, non possono e non devono essere richieste solo le qualità dei “Rambo” dalla “faccia feroce” che può pure essere chiamato a comandare. Ma anche, e soprattutto, la conoscenza della grammatica costituzionale, e l’umanità, indispensabili per non restare un semplice “Rambo” (che nel film era un semplice marine degli Usa, ove non è automatico, anche per i migliori ufficiali dei Corpi speciali, salire oltre il grado di colonnello), ed avere il diritto di indossare le greche argentate del grado di generale.

Le voglio quindi trascrivere:

I miei ringraziamenti speciali vanno a una serie di persone che mi sono (e sono state) particolarmente care e alle quali sono riconoscente, in egual misura, per motivi diversi: la vicinanza in momenti difficili, i preziosi suggerimenti, per quanto mi hanno fatto crescere e maturare, per il supporto unico che mi hanno offerto. Le cito, di seguito, e in ordine sparso, ma si ergono tutte sul gradino più alto della mia personale ‘graduatoria di gratitudine’”.

E l’ho fatto perché sono parole, credo, che tutti i cittadini avrebbero il diritto di leggere nelle opere pubblicate da un grado vertice delle Forze Armate italiane. Sentendosi così rassicurati nel diritto di essere certi di poter essere da loro protetti e difesi.

Sempre e comunque. Qualunque sia il livello, reale o presunto, della loro “normalità”, che non deve mai spettare alle Forze Armate definire o giudicare.

Vi racconto il Cuore Alpino di un generale. La recensione di Butticé

Il volume “Cuore Alpino”, pubblicato da Editoriale Delfino, è un racconto appassionante della vita militare di un ufficiale. Un percorso segnato dall’amore per la montagna, dall’impegno in missioni internazionali delicate – dall’Iraq all’Afghanistan, dalla Bosnia al Kosovo, passando per il Quartier Generale della Nato a Bruxelles – e dalla dedizione alla famiglia. Il generale della Guardia di Finanza in congedo Alessandro Butticé, primo militare italiano in servizio presso le istituzioni europee e dirigente emerito della Commissione europea, presenta il libro del generale degli Alpini Massimo Panizzi

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