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Non è ancora chiaro se verrà cacciato o guadagnerà l’uscita in autonomia. Di sicuro, la strada è spianata. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ormai nell’acquario del Movimento 5 Stelle nuota controcorrente. E il leader Giuseppe Conte è il primo con cui i litigi hanno raggiunto toni “davvero intollerabili”. I ben informati sostengono che Di Maio non abbia ancora girato tacchi e spalle al Movimento perché non ha sufficiente base elettorale, ma soprattutto parlamentare. Chi tra i grillini è sicuramente vicino al titolare della Farnesina è Francesco D’Uva, deputato del Movimento particolarmente indispettito dai contorni assunti dagli scontri in seno alla dirigenza pentastellata. Due cose prima di tutto: “Chiarezza e appoggio al governo”.

Ritiene ancora che sussistano le condizioni per un appoggio del Movimento 5 Stelle al governo Draghi?

L’appoggio a questo esecutivo è necessario non al Movimento 5 Stelle, bensì a dare stabilità al Paese. Noi abbiamo creduto in questa maggioranza e ora dobbiamo portare avanti questo disegno con convinzione. Specie alla luce dello scenario che si sta profilando, dopo la pandemia, ma soprattutto a causa dei riverberi della guerra in Europa.

La guerra in Europa ha aperto un fronte interno al vostro Movimento piuttosto deflagrante. E la bozza di risoluzione che era spuntata in vista del discorso di Draghi al Senato, la dice lunga sulle vostre posizioni. 

La crisi con il ministro Di Maio si è aperta proprio per questo motivo: lui ha chiesto chiarezza, coerentemente alla linea assunta dal governo, e da lui interpretata nel suo ruolo di ministro degli Esteri. Il Movimento, invece, sull’invio delle armi in Ucraina ha assunto posizioni molto ambigue. Che, in definitiva, non hanno pagato.

Si riferisce al risultato poco commendevole alle amministrative?

Posto che non si può sempre ascrivere le colpe al livello nazionale, i risultati ottenuti sui territori dal Movimento sono parsi davvero deludenti. Quanto meno confrontandoli con quelli di cinque anni fa. Questo dovrebbe indurci a una riflessione. Specie perché abbiamo faticato a trovare persone che volessero prendere parte alle liste.

Un’ulteriore messa in discussione della leadership di Conte. 

Giuseppe Conte è arrivato a guidare il Movimento a seguito dell’esperienza da capo del governo che gli ha garantito molta popolarità. In cuor mio speravo che proprio grazie a quest’esperienza potesse traghettare il Movimento verso posizioni più moderate e atlantiste. Questo, ahimè, non è accaduto. E mi dispiace molto.

Lei ha posizioni differenti, dunque, a quelle di Conte?

Ritengo che all’interno di un Movimento come il nostro la pluralità di punti di vista sia un valore. Debbo dire, comunque, che sulla guerra in Ucraina e su tutto ciò che ne consegue personalmente ho una posizione apertamente atlantista, diversa da quella espressa per lungo tempo dai vertici del Movimento e, allo stato attuale, sconfessata.

Il Movimento, in definitiva, uscirà dalla maggioranza?

Spero proprio di no. Per il Movimento, ma soprattutto per la stabilità del Paese.

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