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Il Pnrr, il più grande piano di ricostruzione e sviluppo (ripresa e resilienza) della storia moderna del Paese, ci pone di fronte a due grandi dilemmi. Il primo, quello del cittadino che non merita più di definirsi tale. Ed il secondo, del cittadino che non sente più di esserlo. Da una parte, l’attrazione quasi fatale di risorse così ingenti, finanziate da sussidi e debito pubblico comunitario ci spingono a considerarle, come cittadini, come free lunch – di cui possiamo disporre con leggerezza e non sulla base di rigidi criteri economici e di sostenibilità.

Da qui il rischio di sperperi, se non addirittura di frodi. Dall’altra, l’inevitabile nemesi di ogni programma fiscalmente espansivo e monetariamente lassista, finanziato da debito pubblico e da massiccia creazione di moneta inflazionistica, che si appropria del nostro potere d’acquisto in modo subdolo e ci fa sentire traditi, specie come sottoscrittori del debito di Stato. Da qui il rischio di crisi nella nostra coscienza civica e senso di appartenenza al Paese.

Esiste tuttavia una soluzione, economica e sociale, ai dilemmi posti dal Pnrr: basata sul cambiamento, nella cultura e nei valori, nelle metriche e nei comportamenti. Questo cambiamento inizia con l’azione – intesa come atto “del fare” e “di proprietà” del Paese. Come consumatori e cittadini e come investitori. Al Pnrr devono necessariamente essere affiancati capitali privati e come capitale di rischio: per motivi di quantità (mole di investimenti richiesti per la trasformazione e innovazione sostenibile del Paese), di approccio a mercato (indirizzabile solo con l’utilizzo di risorse e incentivi privati); ed anche a risoluzione dei dilemmi antropologici di cui sopra. Per meritarsi di essere, ed esser motivati a sentirsi, cittadini.

La partecipazione degli investitori istituzionali italiani (casse di previdenza, fondi pensione, fondazioni, assicurazioni) può contribuire alla ricapitalizzazione “a mercato” del Paese, limitando l’indebitamento pubblico e contribuendo ad un underwriting professionale degli investimenti, ma con i limiti dettati dalle risorse attualmente in gestione e quelli normativi che ne limitano la quota d’investimenti illiquidi.

La partecipazione degli investitori retail (famiglie e individui), attraverso i meccanismi del risparmio gestito, può invece informare gli investimenti rispetto ai desiderata dei portatori d’interesse ultimi del Paese, con un capitale potenziale investibile molto maggiore – ma con i limiti dettati dalle regolamentazioni stringenti e dalla scarsa preparazione ed esperienza in materia d’investimenti. Insieme, gli investitori istituzionali e retail italiani dispongono del capitale economico e sociale sufficienti a per fare evolvere il Paese verso standard di eccellenza globale, nelle proprie imprese competitive e città attraenti.

Insieme, gli investitori istituzionali e retail possono più efficacemente contribuire a fare evolvere i modelli di governance e gestione alla ricerca della sostenibilità perduta – finanziaria ed economica, ma anche sociale ed ecologica. I nuovi fondi d’investimento di lungo periodo in private markets (aziende, ma anche real estate e infrastrutture), specie se quotati e facilmente accessibili al più ampio pubblico – date le caratteristiche di liquidabilità e largo flottante richieste – possono diventare uno degli strumenti più efficaci per disegnare e spingere, realizzare e internalizzare il cambiamento.

Cassa Depositi e Prestiti può contribuire a questo cambiamento con capitale di Stato a supporto del lancio di nuove iniziative. Ed il Mef potrà ulteriormente supportarlo attraverso ulteriori forme di garanzia fiscale sui risparmi messi a rischio dagli Italiani per investimenti azionari nel Paese (c.d. Pir Alternative). Ma sta soprattutto agli investitori privati ed alle reti bancarie e di wealth management che sono loro advisor la responsabilità di raccogliere questa sfida, interpretandola maieuticamente, per accrescere la cultura finanziaria degli italiani, ma anche la loro comprensione sociale ed ecologica ed infine coscienza civica. Mettendo in gioco il grande potenziale del patrimonio italiano.

L’investimento di un 10% dei risparmi privati rappresenterebbe un capitale d’azione pari al doppio del capitale pubblico a debito utilizzato a supporto del Pnrr. Per il bene del Paese, per l’interesse nostro e delle generazioni future, per superare i dilemmi posti dal Pnrr, il cambiamento inizia dall’azione e dal darsi da fare, ma anche dal diventare investitori-proprietari dell’economia reale, cittadini-azionisti dell’Italia che cambia, davvero.

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Di Claudio Scardovi

Per il bene del Paese, per l’interesse nostro e delle generazioni future, per superare i dilemmi posti dal Pnrr, il cambiamento inizia dall’azione e dal darsi da fare, ma anche dal diventare investitori-proprietari dell’economia reale, cittadini-azionisti dell’Italia che cambia, davvero. L’analisi di Claudio Scardovi, amministratore delegato di Hope S.B. Sicaf

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