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Nella guerra di navi e yacht fra Russia e Ucraina c’è di mezzo anche l’Italia. Da giorni tiene banco la vicenda della nave cargo “Tsaverna”. Di proprietà del gruppo Cosulich ­– un miliardo di euro di fatturato e mille dipendenti nel mondo – il 24 febbraio, quando Vladimir Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina, era ormeggiata al porto di Mariupol. Ora che Mariupol è ridotta a un cumulo di macerie e finita sotto il controllo degli occupanti, la Tsaverna è stata sequestrata dai separatisti filorussi con tutto il suo carico: 15mila tonnellate di acciaio prodotto nelle ormai famigerate acciaierie Azovstal destinato ai laminatoi di San Giorgio di Nogaro, ha riportato Repubblica.

Più che un sequestro, un furto in piena regola, accusa il proprietario del gruppo Augusto Cosulich. E i numeri gli danno ragione: solo la Tsaverna, nave battente bandiera maltese ma di proprietà della italiana Vulcania Srl (gruppo Cosulich), vale 9 milioni di dollari a cui si aggiungono i 12 milioni del carico che trasporta. Ma dietro il ratto della nave, che ora le autorità filorusse di Donetsk vogliono “nazionalizzare”, ci potrebbe essere una ripicca. Un gesto dimostrativo contro i blitz della Guardia di Finanza italiana che hanno congelato alcuni dei più famosi yacht degli oligarchi russi a mollo nelle acque che bagnano lo Stivale.

L’ultimo gioiello aggiunto al patrimonio sequestrato è la Sheherazade, la nave da 140 metri e 700 milioni di dollari di valore che si ritiene appartenga a Putin in persona e lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto di fermare al molo. Ad aggiungere benzina sul fuoco il nuovo pacchetto di sanzioni del Dipartimento del Tesoro, planato questo giovedì contro società e yacht di alcuni dei più noti oligarchi vicini a Putin.

Anche le imbarcazioni finite nel mirino del governo americano sono ormai note alle cronache. C’è ad esempio lo yacht da 65 milioni di dollari di Andrei Kostin, oligarca da tempo nella lista nera Usa e Ceo di Vtb bank. O ancora le navi dalle dimensioni monstre Graceful e Olympia, sul cui pontile hanno passeggiato spesso Putin e l’alleato bielorusso Alexander Lukashenko.

Fra le pieghe del pacchetto di sanzioni americane c’è anche una pista che porta all’Italia. Sotto il torchio delle sanzioni è finita infatti la società Imperial Yachts. Sede a Monaco, un ufficio a Mosca, fondata nel 2005 dall’oligarca Evgeniy Kochman. Diventata negli anni un punto di riferimento per i desiderata dei miliardari russi vicini al Cremlino, ha da mesi addosso gli occhi di KleptoCapture, la task-force lanciata dal presidente americano Joe Biden per dare la caccia alle proprietà degli oligarchi di Mosca.

È un’inchiesta del New York Times a svelare la connection europea, e italiana, dietro la più grande impresa del lusso marittimo colpita dalle sanzioni. L’Italia è un vecchio pallino di Kochman, che ha iniziato a costruire la sua fortuna nei primi anni 2000 vendendo yacht di fattura italiana, gli Azimut. Oggi un centro nevralgico degli affari di Kochman si trova nella più ricercata e visitata cittadina della Liguria, la coloratissima Portofino.

Qui, scrive il New York Times, una società di Kochman, la Bld Management, è impegnata da tempo a ristrutturare da cima a fondo un vero gioiello del paesino di mare: Villa Altachiara, sontuosa residenza costruita nel XIX secolo da una famiglia inglese.

Nei lavori di ristrutturazione, continua il quotidiano newyorkese, è coinvolta una società italiana che da tempo lavora con Imperial Yachts, Yachtline 1618, specializzata in lavori di alta carpenteria. L’ennesima dimostrazione che alcuni degli yacht degli oligarchi russi sequestrati dalle autorità italiane e colpiti dalle sanzioni Usa – per cui Mosca ora minaccia rappresaglie e fa sequestrare a sua volta navi italiane – parlano un perfetto italiano dalla prima all’ultima piastrella che li compone.

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