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Giorgia Meloni, nei giorni in cui nel centrodestra, fresco di vittoria alle elezioni, si lavora alla nuova squadra di governo, ha già i suoi primi dossier sul tavolo di via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia. In cima alla lista c’è ovviamente il gas, come non poteva essere altrimenti. Eppure anche sul fronte bancario il nuovo esecutivo dovrà prestare attenzione. Quando si parla di banche, si sa, non è mai un gioco tanto facile, perché si vanno a toccare risparmi, mercato, posti di lavoro, borsa e, soprattutto, credibilità agli occhi degli investitori.

La Commissione parlamentare di vigilanza sul sistema bancario, nata agli esordi del 2020 sull’onda emotiva dei drammatici scandali bancari degli anni precedenti (dalle popolari venete, passando per il fallimento delle quattro banche di territorio Etruria, Carife, Carichieti e Banca delle Marche, fino al disastro di Mps, riacciuffata per i capelli con un assegno pubblico da 5,4 miliardi), ha appena reso nota la relazione conclusiva, che chiude due anni e mezzo di audizioni, indagini, interpelli e ragionamenti. Guidata da Carla Ruocco, grillina della prima ora, poi fuoriuscita dal Movimento dopo l’addio di Luigi Di Maio (qui un’intervista rilasciata a Formiche.net proprio sull’addio al veleno al M5S), la commissione ora si prepara a lasciare il lavoro futuro al nuovo governo, consegnando nelle mani del futuro premier Meloni, 150 pagine dense di suggerimenti ed evidenze.

MISSIONE MONTE DEI PASCHI

Il cuore del documento è, ovviamente, il nuovo e si spera ultimo salvataggio del Monte dei Paschi, dopo che l’assemblea del 15 settembre scorso ha sbloccato definitivamente l’aumento di capitale da 2,5 miliardi necessario a rimettere in sesto la banca e presentarla all’altare per le nozze con uno sposo dalle spalle larghe, magari sempre quella Unicredit che al matrimonio con Siena c’era andata vicino. E, soprattutto, consentire il disimpegno definitivo del Tesoro, oggi azionista al 64%. Il momento non è facile. Se da una parte gli 1,6 miliardi in quota Mef sono pronti da un pezzo, i 900 milioni spettanti al mercato privato ancora latitano. Solo Axa, uno degli anchor investor individuati dal ceo Luigi Lovaglio è pronta al sì, troppo poco per convincere gli investitori e stabilizzare il titolo in Borsa, mai così ballerino (dopo il tonfo di due giorni fa il titolo è tornano a correre).

LO STATO FACCIA LO STATO

Uno dei passaggi della relazione, consultata da Formiche.net, parla chiaro. “Profili di attenzione sono emersi in merito alla gestione delle partecipate di Stato nel settore bancario, in particolare Mps e banca Popolare di Bari (l’altra banca pubblica, controllata da Mcc e su cui il ministro dell’Economia Daniele Franco aveva preso in considerazione una possibile cessione, ndr), su cui è necessario avere una strategia e una visione di sistema. La partecipazione e l’intervento pubblico non devono limitarsi ad un fenomeno temporaneo e di ultima istanza. In questo quadro, particolari sono stati gli interventi diretti del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, a sostegno delle banche in crisi per assicurare la stabilità del sistema bancario nazionale senza il ricorso a forme di risoluzione della crisi”, si legge nel documento.

Non è finita. Dalla relazione sembra arrivare una sponda a Fratelli d’Italia e a Giorgia Meloni, da sempre titubanti su un addio troppo frettoloso a Siena. “In materia, la partecipazione in Mps è, ad esempio, un asset strategico per creare una banca di respiro nazionale in grado di competere con altri player primari. La nascita del terzo polo bancario richiede però il necessario supporto dell’azionista pubblico che, nel corso del tempo, potrà anche trasformarsi in un investitore istituzionale di minoranza. Nell’ambito dell’aumento di capitale di 2,5 miliardi di euro, atteso entro la fine del 2022, l’individuazione di un anchor investor rappresenta una tappa fondamentale per il futuro della banca; il sostanziale cambiamento degli assetti proprietari della banca sarà fortemente influenzato dalla sua presenza o meno, dalla nazionalità e dalla tipologia di investitore”. Insomma, avanti piano.

Lo Stato non abbandoni (troppo in fretta) Mps. Firmato Ruocco

Tra le 150 pagine del documento conclusivo della commissione parlamentare sulle banche ci sono precise indicazioni al governo che verrà. La mano pubblica deve continuare a guidare Mps, nell’attesa che un investitore di peso prenda il comando, lasciando al Tesoro una quota di minoranza. E lo stesso vale per la Popolare di Bari

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