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I dossier sul tavolo sono tanti ai piani alti di Via della Scrofa, non fosse altro perché la contingenza è densa di emergenze di tutti i tipi. Ma ce n’è uno che rappresenta una particolarità per i conservatori di Giorgia Meloni: lavoro e sindacati. Lo ha detto chiaramente, il premier in pectore, parlando dinanzi alla platea di Coldiretti con un appello ai corpi intermedi: dialogo e racconto, da entrambe le parti. Ovvero la sala Verde di Palazzo Chigi, chiusa da Matteo Renzi alla triplice, si può riaprire con Giorgia. Ma andranno valutate con attenzione tre cose: il piglio del dialogo; chi per primo metterà i paletti; e chi sarà tentato dalla rottura, in caso di dossier spinosi o di soluzioni di forza/sgradite.

Imprese in allarme

“Non possiamo permetterci follie”, è la posizione di Bonomi contro prepensionamenti e flat tax, ovvero il programma salviniano con cui bisognerà calibrare la risposta di FdI. Al di là del fatto che le Borse Ue allungano il passo, con Milano in prima fila e con lo spread in calo sotto 230 punti, spiccano i segnali di fumo che le imprese, soprattutto le Pmi, stanno inviando con insistenza. Il caro bollette influirà, gioco forza, sui livelli occupazionali (e oltre alle bollette aumenta anche la Rca auto). La protesta dei giorni scorsi in alcune città (“Noi lavoratori i nuovi poveri”) è stato solo l’antipasto di ciò che potrebbe verosimilmente accedere nelle prossime settimane. I rischi di disordini sociali sono molto vicini all’oggettivizzarsi, anche per questa ragione uno dei primi input di Meloni nella notte elettorale è stato “sobrietà e responsabilità, perché gli italiani sono in difficoltà”.

Le azioni di FdI

Come ovviare al caro bollette e al rischio chiusura per migliaia di imprese? Formiche.net lo ha chiesto a Elena Donazzan, assessore in regione Veneto all’Istruzione, formazione, lavoro e pari opportunità e responsabile nazionale lavoro e crisi aziendali di Fratelli d’Italia (e uno dei nomi che circolano con insistenza per le prossime regionali in Veneto, se Zaia dovesse essere promosso alla guida della Lega).

“Dobbiamo ragionare sul fronte delle politiche energetiche, perché il fronte del lavoro è un aspetto che ne è la conseguenza. A livello europeo bisogna intervenire ed è evidente che noi abbiamo denunciato la lentezza con cui si è fatto fronte a questo problema a partire da un anno a questa parte. Personalmente avevo dato l’allerta già un anno fa perché il mio osservatorio è in Veneto, ovvero una delle regioni a più alta intensità produttiva e stava già segnalando un aumento dei costi. E guardi che non erano solo i costi delle materie prime. Poi l’abbiamo ribadito a febbraio, quando si ragionava sulle contromisure in Francia”.

Per cui, osserva, oggi il tema va affrontato in sede europea mentre quello che si può fare a livello nazionale è guardare l’extra gettito delle imprese cosiddette energivore e intervenire su quello che FdI ritiene prioritario e che è appunto l’effetto collaterale, cioè il tema dei costi del lavoro. “Ciò che immediatamente si deve fare è ragionare sui costi delle bollette delle imprese, oltre che delle famiglie. Ma per avere una una progettualità che abbia un senso, si deve lavorare su come alleggerire il costo del lavoro dell’impresa e far avere, rispetto a un potere d’acquisto del lavoratore, una maggiore capacità di entrata e quindi il cuneo fiscale, per dirla con una parola sola”.

Non solo triplice

Venendo invece al tema sindacati, dalla platea di Coldiretti Meloni ha fatto un appello interessante ai corpi intermedi, ma tutti si interrogano oggi su chi per primo metterà i paletti e chi sarà tentato dal volersi alzare da quel tavolo. “A mio parere sarà interessante uno scenario che lei non ha calcolato, cioè una maggiore apertura ai corpi intermedi. Noi ci siamo abituati negli anni di Renzi e dei 5 Stelle ad altri schemi. È vero, Renzi fece un’operazione di forza, ma i 5 Stelle avevano tentato una destrutturazione completa del dialogo sociale, immaginando che fosse 1 a 1. Qui c’è una terza via della politica delle relazioni che è più apertura. Però non sarà solo alla triplice o alle organizzazioni maggiormente rappresentative, ma penso alle diverse associazioni datoriali, alle associazioni sindacali, agli ordini professionali”.

Terza via

Eravamo abituati a vederne una rosa di sei interlocutori con Cigl, Cisl e Uil, Confindustria, Confartigianato, Confcommercio, aggiunge Donazzan, e invece c’è una pluralità come dimostra la presenza di Giorgia Meloni a Coldiretti. “Per cui oggi una visione organica delle politiche del lavoro prevede che vengano coinvolti i consulenti del lavoro e gli ordini professionali. Ma dirò di più: le libere professioni non sono mai state riconosciute come corpo intermedio in qualità di interlocutore in occasione del singolo provvedimento di loro interesse. Per cui procederemo con un’apertura che, seppur più faticosa, alla fine porterà alla costruzione di un patto sociale con i corpi intermedi”.

Infine una nota triste: fuori dalla sede della Cgil di Montecatini è apparsa una brutta scritta: Landini nazista. Qualcuno soffia sul dialogo, per partito preso? “La sobrietà di Meloni dà fastidio, anche perché sta spiazzando i luoghi comuni e i pregiudizi nei confronti di lei e della destra italiana. L’accusa a Landini è una brutta ombra di quando si voleva interrompere il dialogo sociale tanti anni fa e guai a noi. Ecco il perché di questo profilo molto istituzionale che sembra, forse, stupire i commentatori in queste ore. Non solo è stata zitta e non ha aperto bocca dal giorno che ha vinto, ma ai sindacati ha poi annunciato di essere aperta al dialogo sociale proprio in virtù del fatto che stiamo vivendo un momento drammatico”.

@FDepalo

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