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Una riconferma quasi scontata, quella di Vladimir Putin, che è stato rieletto presidente della Federazione Russa fino al 2030 con circa l’87% dei consensi. Un’elezione che però è stata segnata anche da fenomeni di “resistenza civile” dentro e fuori il Paese. Formiche.net ne ha parlato con Marco Di Liddo, direttore del Centro Studi Internazionali.

Dove va posto secondo lei il focus per capire le dinamiche più rilevanti in questa tornata elettorale? Nelle percentuali, o magari nei fenomeni di “indisciplina”?

I numeri lasciano il tempo che trovano. Sono ovviamente numeri edulcorati. I burocrati hanno fatto quello che gli è stato ordinato di fare e hanno tirato fuori quei risultati. L’attenzione ai dettagli è stata minima. Secondo me la cosa su cui è necessario riflettere è che, nonostante il clima che si respira nel Paese, un certo numero di persone, non necessariamente organizzate ma anche al livello di iniziative spontanee, ha comunque voluto mandare un messaggio. I video, le code, le dichiarazioni sui sociali, l’attacco con la molotov al seggio di San Pietroburgo e i danneggiamenti con l’inchiostro: pur avendo una portata molto limitata, questi eventi hanno mandato un segnale, cioè che la morte di Navalny comunque non ha ucciso lo spirito dei cittadini russi che vogliono continuare a lottare per un Paese più libero e trasparente. Questo è il segnale da salvare, l’uomo è stato ucciso ma la sua idea continua a sopravvivere. E Putin dovrà fare i conti con questo in futuro. In questo momento non è una minaccia sistemica per lui, sia chiaro. Ma è una questione che esiste.

Una questione che potrebbe essere affrontata dal riconfermato Zar con un rafforzamento della repressione?

Fatico a immaginare una stretta contro il dissenso ancora più feroce di quello che stiamo già vedendo. Il passo successivo sarebbe la concretizzazione di uno stato di polizia paragonabile a quello delle pagine più oscure della storia sovietica. La repressione del dissenso è già più che forte in questo momento, il passo successivo sarebbero delle vere e proprie purghe staliniane. Non so se si spingerà fino a tanto, anche perché, almeno per il momento, non ne ha bisogno.

Adesso che il periodo elettorale si è chiuso, Putin potrebbe avere le mani liberi per avanzare provvedimenti impopolari, come ad un nuovo round di mobilitazione?

Non credo. Per quel che riguarda la mobilitazione, il problema lui l’ha risolto sostituendo una mobilitazione in massa in blocco con un’intensificazione della campagna di reclutamenti volontari. Passando da trecentomila uomini da richiamare sotto le armi in blocco a un flusso costante di cinquemila, diecimila uomini al mese reclutati in maniera più discreta. Come? Facendo più leva su incentivi materiali come una retribuzione migliore, promesse di pagamenti più alti alle famiglie in caso di incidenti o di morte et similia. In generale, credo che quest’incoronazione ci volesse solo per provare a ricompattare ulteriormente il fronte interno per fare capire che non ci sono alternative alla sua persona, e confermare la sua linea politica. Cioè di mostrare al fronte interno e al fronte internazionale che il popolo è dalla sua, anche quando parla di andare fino in fondo qualora ce ne fosse la necessità, anche quando con una leggerezza terrificante parla di rischio nucleare. Queste affermazioni non sono le affermazioni di un uomo solo, ma di un uomo che ha, almeno sulla carta, l’80% del sostegno popolare. E nel grande gioco della comunicazione tutto questo conta.

Dopo la scomparsa di Navalny, l’opposizione interna ha già ritrovato una sua linea d’azione?

Manca ancora qualcuno in grado di cercare di mettere tutti d’accordo. Anche perché l’opposizione russa è un’opposizione molto diversificata, tradizionalmente frammentata, con al suo interno orientamenti ideologici molto diversi. Navalny era riuscito a mettere insieme universi diversi accantonando momentaneamente il problema del barometro ideologico, concentrandosi invece su aspetti trasversali come corruzione e trasparenza. Cosa che ha avuto i suoi aspetti positivi ma anche i suoi aspetti negativi. Navalny non è mai riuscito a presentare una proposta politica alternativa e costruttiva: era molto forte nella pars destruens, promuovendo la lotta allo Stato corrotto, ma meno forte nella pars cotruens, delineando cosa fare dopo, quale fosse la Russia che si immaginava. Noi ricordiamo Navalny per le sue lotte contro la corruzione e per la libertà di pensiero, molto meno per l’offerta politica che lui proponeva. Adesso bisogna trovare un nuovo oppositore che abbia la sua stessa forza. Forse la compagna di Navalny può essere una candidata della prima ora, sfruttando anche il martirio del marito; bisogna vedere se alla prova dei fatti riuscirà a fare quello che ha fatto lui. Ma al momento non vedo un leader che svetti sopra gli altri.

Lo svolgimento delle elezioni, così come il loro esito, impatterà in qualche modo sull’andamento del conflitto?

Tutto continuerà nella norma, perché in questo momento storico è la guerra che influisce sul fronte interno, non il contrario. Il momento di massima sofferenza domestica per Putin è coinciso con il momento peggiore della guerra: Prigozhin ha fatto quello che ha fatto quando il fronte era nella sua condizione peggiore. Adesso i russi vivono una situazione tutto sommato accettabile, seppure accettabile nella negatività, perché il conflitto si protrae da molto tempo, e non è andato come si prevedeva, rischiando addirittura la sconfitta circa un anno fa. Ora invece sembra che sia i fattori politici che quelli militari favoriscano il Cremlino, che continuerà a spingere come ha fatto nelle ultime settimane. Niente di nuovo sul fronte orientale.

 

 

Putin

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“I video, le code, le dichiarazioni sui sociali, l’attacco con la molotov al seggio di San Pietroburgo e i danneggiamenti con l’inchiostro: pur avendo una portata molto limitata, questi eventi hanno mandato un segnale, che la morte di Navalny non ha ucciso lo spirito dei cittadini russi che vogliono continuare a lottare per un Paese più libero e trasparente”. Conversazione con Marco Di Liddo, direttore del Centro Studi Internazionali

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