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La storica “relazione speciale” tra Stati Uniti e Israele si appresta a entrare in una nuova fase. Secondo il rapporto pubblicato dalla Heritage Foundation in questi giorni, intitolato “U.S.–Israel Strategy: From Special Relationship to Strategic Partnership, 2029–2047”, Washington dovrebbe trasformare il rapporto con Gerusalemme in una partnership strategica totale. L’obiettivo: rafforzare una cooperazione bilaterale paritaria sul piano della sicurezza, dell’economia e della tecnologia, in risposta ai mutamenti regionali e globali.

Il documento, redatto dall’autorevole Kathryn and Shelby Cullom Davis Institute della fondazione, parte dalla constatazione che Israele è oggi una potenza militare, economica e tecnologica affermata, e non più uno Stato bisognoso di sostegno. In questo contesto, la scadenza del Memorandum of Understanding (MoU) decennale sul finanziamento militare nel 2028 viene vista come un’opportunità per ripensare in profondità la relazione bilaterale.

Fine dell’assistenza, inizio del partenariato

Il rapporto propone una transizione graduale dal finanziamento militare statunitense diretto (Foreign Military Financing, Fmf) alla vendita di armamenti (Foreign Military Sales, Fms), accompagnata da un forte incremento dei programmi di cooperazione tecnologica e industriale. Il piano si sviluppa lungo 19 anni, fino al 2047, prevedendo che Israele diventi autosufficiente sul piano della difesa, pur mantenendo un’interoperabilità avanzata con le forze armate americane.

Si tratta di un’analisi di lunga gittata, secondo cui il conflitto in corso con Hamas è una dimensione tattica del traguardo strategico: vale a dire che non viene affrontata come centrale, davanti a segmenti più cruciali della partnership. Gli autori delineano una strategia per integrare Israele in nuove architetture regionali di sicurezza ed economia.

Per esempio, si auspica una rivitalizzazione del progetto Mesa (Middle East Strategic Alliance), includendo Israele tra i membri fondatori, e una spinta alla normalizzazione dei rapporti con Paesi come Arabia Saudita e Indonesia. Sul fronte economico, il rafforzamento degli Accordi di Abramo e la modernizzazione dell’accordo di libero scambio del 1985 sono visti come strumenti centrali.

Obiettivi comuni e minacce condivise

Il report evidenzia che Stati Uniti e Israele condividono le stesse minacce strategiche: la Repubblica Islamica dell’Iran, il terrorismo islamista e le ambizioni globali della Cina e della Russia. Israele viene presentato come “produttore di sicurezza”, un alleato insostituibile nella regione grazie alla sua superiorità militare e capacità di intelligence. Ma anche come “motore economico”, in grado di trainare la crescita del Medio Oriente attraverso cooperazione energetica, innovazione tecnologica e interconnessioni infrastrutturali, in particolare nel quadro del corridoio India–Medio Oriente–Europa (Imec).

Una visione ideologica e pragmatica

Il rapporto della Heritage Foundation non è solo tecnico: si fonda su una visione ideologica forte. Israele viene descritto come “avamposto dei valori americani” in una regione instabile, l’unica democrazia liberale del Medio Oriente, custode di libertà civili, libero mercato e innovazione. Per questo motivo, gli autori invitano Washington a isolare i nemici comuni (Iran, Hamas, Hezbollah, ma anche l’Onu e la Corte Penale Internazionale quando ostili) e rafforzare l’alleanza anche nel campo della cybersecurity e della guerra dell’informazione.

Una mossa anche anti-cinese

In controluce, emerge un obiettivo geostrategico globale: liberare risorse americane per il confronto con la Cina nell’Indo-Pacifico, affidando a partner affidabili — come Israele, appunto — il presidio di aree nevralgiche come il Medio Oriente. “Israele sarà un moltiplicatore di forza per l’America”, si legge nel documento, che afferma che la transizione da alleato finanziato a partner paritario rafforzerà la deterrenza e la sicurezza regionale.

Il significato strategico del report

Il documento, intitolato Special Report No. 313 (SR313), rappresenta più di un semplice aggiornamento delle relazioni bilaterali: propone una vera e propria dottrina strategica per il futuro dell’alleanza Usa–Israele.

Il fatto che sia redatto dalla Heritage Foundation è ancora più significativo. Il pensatoio conservatore è molto influente nella cerchia dell’amministrazione statunitense — nonostante Donald Trump abbia preso parzialmente le distanze dal discusso “Project 2025” ideato dal think tank per rimodellare le istituzioni statunitensi.

In modo simile, sebbene più specifico, SR313 codifica l’intento di superare il paradigma dell’assistenza militare per modellare un’alleanza tra pari — qualcosa simile a quella tra Stati Uniti e Regno Unito. In questo senso, non è solo una proposta operativa, ma una dichiarazione politica che punta a stabilizzare il Medio Oriente rafforzando Israele come polo regionale di sicurezza e innovazione, pienamente integrato in un’architettura multilaterale guidata da Washington.

Non solo Gaza. La Heritage Foundation disegna la strategia Usa-Israele

La Heritage Foundation lancia lo Special Report 313 per rimodellare le relazioni tra Usa e Israele come una partnership totale. L’obiettivo è passare dallo stato di assistenza al rapporto partitario negli anni 2029-2047. Gli obiettivi? La definizione di nuovi equilibri in Medio Oriente

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