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Si riflettono anche nei Balcani gli effetti geopolitici della guerra in Ucraina, lì dove la geomorfologia dei players interessati all’allargamento Ue deve confrontarsi con le pressioni esterne e con alcuni moti interni. È il caso delle relazioni tra Serbia e Kosovo, che registrano un nuovo capitolo: la Serbia, che non ha imposto sanzioni alla Russia per la sua invasione dell’Ucraina, ha parallelamente rafforzato la sua partnership con Mosca, con cui ha raggiunto un accordo sul gas, proprio mentre l’Ue ha votato per tagliare i legami con il petrolio russo. Ma l’Ue rischia di alimentare un doppio cavallo di Troia.

Serbia

Il Presidente serbo Aleksandar Vucic, rieletto un mese fa, si è impegnato a proteggere il Kosovo come parte integrante dell’integrità territoriale della Serbia, poiché ha prestato giuramento per un secondo mandato come presidente. Il suo giuramento è sancito dalla Costituzione serba, che prevede che il presidente debba “dedicare tutti i suoi sforzi al mantenimento della sovranità e dell’intero territorio della Repubblica di Serbia, compreso il Kosovo come parte integrante”. Parlando in parlamento ha aggiunto che “se la questione del Kosovo è legata alla crisi in Ucraina, sarà ancora più difficile per noi risolverla”. Come dire che è partito un altro assist a Mosca ma in chiave di mancato allargamento e di influenze nel costone balcanico.

In precedenza Vucic si era definito il regista di una politica neutrale equilibrando i legami tra Mosca, Pechino, Bruxelles e Washington. Ma all’indomani dell’operazione “speciale” in Ucraina aveva motivato il suo no alle sanzioni contro il Cremlino con il fatto che la Serbia ha i suoi “interessi nazionali e statali vitali e rispetta le amicizie tradizionali”. In sostanza l’allineamento dai Paesi al di fuori dell’Ue, considerato da Bruxelles cruciale, deve specchiarsi nella realpolitik di mosse e contromosse, senza dimenticare che già l’Ungheria gioca su più tavoli e l’Ue rischia di alimentare un doppio cavallo di Troia.

Kosovo

Pristina, che ha una maggioranza etnica albanese, ha proclamato l’indipendenza dalla Serbia nel 2008 ma la Serbia, sostenuta da Russia e Cina, non riconoscono ancora la mossa. L’ultimo tavolo negoziale tra Serbia e Kosovo, finito in un nulla di fatto, è di due settimane fa quando le parti non sono riuscite a concordare un ordine del giorno, ovvero il minimo sindacale che si chiede a un’occasione formale di dialogo. Secondo il rappresentante speciale europeo Miroslav Lajcak i risultati sono contrastanti. “Purtroppo, non è stato raggiunto alcun accordo tuttavia abbiamo fatto progressi su altri temi, inclusa l’energia. Il lavoro continuerà”, ha scritto su Twitter.

Il negoziatore per il Kosovo Besnik Bislimi e il rappresentante serbo Petar Petkovic hanno incontrato Lajcak separatamente, ma poi le parti si sono accusate di non essere disposte a scendere a compromessi. Tra le altre cose il Kosovo ha presentato domanda per diventare membro del Consiglio d’Europa ma alcuni funzionari di Belgrado hanno promesso di impedirlo. Per far parte dell’organizzazione occorre il voto di due terzi dei membri. Nemmeno la Russia ha ancora riconosciuto il Kosovo come Stato indipendente.

Fossa comune

Il governo del Kosovo ha annunciato di aver individuato tramite alcune immagini satellitari una presunta fossa comune nella Serbia meridionale: l’obiettivo di questa indagine è determinare se la ricerca di corpi sepolti, che è stata interrotta dalle autorità di Belgrado, debba continuare, dopo che il governo kosovaro ha accusato la Serbia di non aver collaborato alla ricerca. Al contempo ha chiesto alla Serbia di aprire i suoi archivi militari della guerra del 1998-99 per fare luce sulle persone scomparse.

@FDepalo

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